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Istituto Superiore di Sanità
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Biodisponibilità e livelli di assunzione dei folati e dell’acido folico

Stefania Ruggeri - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), Alimenti e nutrizione

 

9 giugno 2016 - In campo nutrizionale, la biodisponibilità di un nutriente è definita come «la frazione di un nutriente disponibile all’assorbimento intestinale in normali stati fisiologici». Oggi questo concetto è esteso quello della bioefficacia, cioè «la frazione di un nutriente che ha un effetto positivo su uno o più parametri funzionali». Non è importante, quindi, solo determinare la quantità del nutriente nell’alimento e la sua biodisponibilità, ma valutare anche gli effetti sugli indicatori biochimici e fisiologici e sulla salute.

 

Molti studi riportano però dati discordanti sui livelli di biodisponibilità dei folati alimentari. Il motivo è che biodisponibilità e bioefficacia sono influenzate da numerosi fattori come l’eventuale intrappolamento dei folati all’interno dell’alimento (legati a proteine o agli amidi), la presenza nella dieta di composti in grado di inibire l’attività della deconiugasi intestinale (enzima deputato alla loro degradazione per l’assorbimento) e le modalità di preparazione degli alimenti (come cotture particolarmente lunghe). Inoltre, la biodisponibilità dipende anche da fattori individuali (metabolismo), stati fisiologici dell’organismo e dal tipo di genotipo.

 

Cosa sono i folati equivalenti?

Tra gli anni ’80 e ’90 sono stati condotti una serie di studi in vivo (a breve termine, in acuto) per valutare la biodisponibilità e la bioefficacia dei folati presenti naturalmente negli alimenti, confrontandola con quella dell’acido folico sintetico da supplementi e con quella degli alimenti fortificati.

 

Dalla revisione e dall’analisi di questi studi, nel 1998 l’Institute of Medicine degli Stati Uniti ha concluso che la biodisponibilità dei folati provenienti da fonti alimentari poteva essere stimata pari al 50% rispetto a quella dell’acido folico sintetico (quello dei supplementi), mentre l’acido folico aggiunto agli alimenti fortificati aveva una biodisponibilità pari all’85% del supplemento vitaminico. La biodisponibilità dell’acido folico presente nei supplementi vitaminici risultava da questi studi, pari al 100%.

 

Sulla base di queste considerazioni, l’Institute of Medicine ha elaborato il concetto di “folati equivalenti” (Dietary Folate Equivalents) per i quali valgono queste equazioni:

  • 1 µg di folati da fonti alimentari = 1 µg di folati equivalenti
  • 1 µg di acido folico aggiunto come fortificante negli alimenti = 1,7 µg di folati equivalenti
  • 1 µmg di acido folico da supplementi = 2 µg di folati equivalenti.

I folati equivalenti vengono utilizzati per esprimere i Livelli di assunzione di riferimento nella popolazione americana (Dietary Reference Intakes, Dri, 1998) e anche molti Paesi europei hanno scelto di esprimere la loro raccomandazione in termini di folati equivalenti (Germania, Austria, Svizzera, Svezia, Finlandia, Belgio, Olanda, Irlanda, ecc). Anche il documento europeo “Human Vitamin and Mineral Requirements”, pubblicato nel 2004 dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations (Fao), esprime la raccomandazione per i folati utilizzando questa unità di misura, che attribuisce un’efficacia superiore dell’acido folico sintetico dai supplementi e da alimenti fortificati rispetto ai folati presenti naturalmente negli alimenti. Il sistema dei folati equivalenti viene utilizzato anche nelle tabelle di composizione americane degli alimenti per indicare il contenuto in folati degli alimenti.

 

Le nuove evidenze scientifiche e la discussione sul concetto di folati equivalenti

Negli ultimi anni il concetto dei folati equivalenti è oggetto di discussione. Alcuni trial clinici a lungo termine hanno dimostrato, infatti, che diete ricche in alimenti fonti di folati (come frutta e verdura) sono in grado di migliorare lo stato nutrizionale per i folati (aumentare i livelli dei folati nel plasma e quella negli eritrociti ) e di ridurre  livelli elevati di omocisteina plasmatica, un indicatore del rischio cardiovascolare con la stessa efficacia del supplemento vitaminico a base di acido folico.

 

Inoltre, uno studio caso-controllo condotto in Olanda nel 2009 ha evidenziato che gruppi di popolazione che seguono un regime alimentare mediterraneo, molto ricco in frutta e verdura e in cereali, hanno elevati livelli di folati nel plasma e negli eritrociti e un’incidenza ridotta dei difetti del tubo neurale.

 

Da queste nuove evidenze emerge che il concetto biodisponibilità dei folati naturali potrebbe essere riconsiderato nell’ambito di un sistema più complesso che è quello della dieta: l’effetto complessivo delle abitudini alimentari e di sani stili di vita, aumentando la folatemia plasmatica e riducendo l’iperomocisteinemia, migliorano lo stato nutrizionale per i folati quanto l’intervento con integratori e alimenti fortificati. I benefici sono estesi al benessere di tutto l’organismo, poiché una dieta ricca in folati prevede l’aumento del consumo di verdura e frutta, fonti di altri composti bioattivi (composti bioattivi come per esempio fibra, polifenoli) che contribuiscono alla riduzione dell’incidenza delle malattie a carattere cronico-degenerativo, come i tumori e le patologie del sistema cardiovascolare.

 

I livelli di folati per la popolazione italiana: i nuovi Larn

Sulla base di tutte queste considerazioni, nell’edizione 2014 dei Livelli di riferimento di energia e nutrienti per la popolazione italiana (Larn), i livelli di riferimento per i folati sono espressi in termine di “folati totali”, nel quale i folati degli alimenti hanno valore pari a quello del supplemento vitaminico, e non si attribuisce alcuna efficacia in più del supplemento vitaminico e degli alimenti fortificati. Questo per spingere la popolazione ad aumentare l’assunzione media in folati attraverso fonti naturali, limitando l’uso degli alimenti fortificati e dei supplementi vitaminici a particolari condizioni fisiologiche o in vista di una gravidanza anche in relazione alle possibili implicazioni di un’assunzione elevata di acido folico da supplementi.

 

Tabella 1: Livelli di assunzione di raccomandati la popolazione adulta italiana (Larn, 2014)

 

 

Assunzione Raccomandata

per person/die

Maschi adulti

18- 59 anni

400 μg

60-74

400 μg

Femmine adulte

18- 59 anni

400 μg*

60-74

400 μg

 

 

Gravidanza

500 μg

Allattamento

600 μg

* Questi livelli raccomandati per le donne in età fertile che programmano o non escludono una gravidanza non comprendono i livelli indicati per la prevenzione dei difetti del tubo neurale e cardiopatie congenite.

 

Come riferito dalla Società italiana di nutrizione umana (Sinu) nei Larn 2014 e nel manifesto 2015 delle criticità nutrizionali dell’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi), i folati rappresentano una delle poche carenze vitaminiche ancora presenti nella popolazione italiana: il livello medio di assunzione stimato per la popolazione adulta è pari a 341 μg/person/die (Larn, 2014).

 

Perché servono più folati in gravidanza e in allattamento?

L’aumento dell’assunzione in folati durante la gravidanza (500 μg/die) tiene conto delle necessità del feto e anche del maggiore utilizzo della vitamina da parte della madre e non comprende i livelli indicati per la prevenzione dei difetti del tubo neurale e delle cardiopatie congenite.

 

È possibile raggiungere i 400 μg al giorno con l’alimentazione?

Un’alimentazione di tipo mediterraneo ricca di cereali integrali, di legumi, frutta e verdura riesce a coprire il fabbisogno giornaliero in folati. I contenuti in folati di alcuni alimenti sono rappresentati nella Figura 1 (dati Ruggeri et al., 2016 in press).

 

Figura 1: Quantità di folati in grammi in porzioni di alimenti pesati a crudo

 

Nella Figura 2 il folate watch: come è possibile arrivare alla copertura dei 400 μg/die con l’alimentazione.

 

Figura 2: folate watch

 

 

Riferimenti

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