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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Il Piano nazionale di interventi contro Hiv e Aids (Pnaids)

Anna Maria Luzi* e Barbara Suligoi** - Dipartimento malattie infettive, Iss

*UO RCF Ricerca psico-socio-comportamentale, comunicazione, formazione nell'ambito delle malattie infettive

**Centro Ooperativo Aids (COA)

 

16 novembre 2017 - A distanza di più di 25 anni dalla emanazione della legge 135/90, che ha segnato l’indirizzo operativo della lotta all’Aids in Italia, la Conferenza Stato-Regioni ha sancito l’intesa sul “Piano nazionale di interventi contro Hiv e Aids (Pnaids)”. Il Piano, partendo dall’analisi dei mutamenti osservati negli anni in termini epidemiologici e rispetto alle realtà socio-assistenziali, propone interventi basati sulle evidenze scientifiche e definisce obiettivi in linea con quelli delle principali agenzie internazionali – come Unaids (programma congiunto delle Nazioni Unite sull'Hiv/Aids), Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ed Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) – che puntano a debellare l’Aids entro il 2030. Il Pnaids ha preso forma attraverso un processo di coinvolgimento di istituzioni scientifiche e realtà della società civile: le Sezioni per la lotta all’Aids del Comitato tecnico sanitario (Cts), Istituto superiore di sanità (Iss), società scientifiche, associazioni di volontariato, università ed enti di ricerca e Ircss (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico).

 

Obiettivi e proposte del Pnaids 2017-2019

Gli obiettivi del Piano aderiscono a quelli delle principali agenzie internazionali che li hanno definiti i “target 90-90-90”. Secondo questa strategia, infatti, entro il 2020 il 90% della popolazione stimata con Hiv deve avere consapevolezza della propria situazione, il 90% delle persone Hiv positive deve ricevere il sostegno della terapia antiretrovirale, il 90% dei pazienti in trattamento devono raggiungere la soppressione della carica virale. Per poter rendere praticabili questi goal in Italia, il documento propone entro il 2019 di:

  • delineare e realizzare progetti finalizzati alla definizione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni
  • facilitare l’accesso al test e l’emersione del sommerso
  • garantire a tutti l’accesso alle cure
  • favorire il mantenimento in cura dei pazienti diagnosticati e in trattamento
  • migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone persone che vivono con Hiv o Aids (Plwha, people living with Hiv/Aids)
  • coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale
  • tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone Plwha
  • promuovere la lotta allo stigma
  • promuovere l’empowerment e il coinvolgimento attivo delle popolazioni chiave.

Definendo nuove strategie di intervento per contrastare Aids e Hiv, il Piano affronta in maniera sistematica nodi rimasti irrisolti nonostante i progetti organici varati a partire dal 1990, e nuove problematiche che riguardano:

  • raccolta dei dati - il Piano propone l’unificazione dei due sistemi di sorveglianza Hiv e Aids implementandoli con una scheda di segnalazione unica, uniforme per tutte le Regioni, per la prima diagnosi di Hiv e di Aids. Prevede, inoltre, l’utilizzo di una piattaforma di inserimento dati nazionale e centralizzata, il monitoraggio del numero di test Hiv effettuati annualmente e la misura dell’incidenza delle infezioni recenti da Hiv tra le nuove diagnosi
  • informazione - partendo da indagini che descrivono una popolazione con una conoscenza del virus Hiv in termini essenziali, ma con scarse informazioni in molti ambiti specifici, in particolare in quello preventivo, il Piano propone campagne di comunicazione, che includono l’utilizzo di canali web e social network, mirate alla popolazione generale e a target specifici ritenuti vulnerabili e a maggior rischio (mondo giovanile, Msm-uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini, consumatori di sostanze per via iniettiva, detenuti, sex worker, persone transgender, persone che afferiscono ai centri dedicati alla infezioni sessualmente trasmesse, persone che vivono con diagnosi di Hiv e loro partner, migranti)
  • prevenzione - data la natura complessa dell’epidemia, le proposte del Pnaids si inscrivono in un’ottica di prevenzione combinata, che prenda in considerazione fattori specifici per ogni contesto, con interventi sui comportamenti a rischio, con programmi di offerta gratuita di siringhe sterili e profilattici, offerta attiva di test Hiv, interventi sulle persone con diagnosi di infezioni sessualmente trasmesse (Ist), strategie di prevenzione basate sull’utilizzo dei farmaci antiretrovirali (Prep-profilassi pre esposizione, Pep-profilassi post esposizione, TasP-trattamento come prevenzione, terapia per prevenire la trasmissione materno-fetale) e interventi strutturali volti a ridurre la vulnerabilità all'infezione da Hiv legata a condizioni socio-culturali specifiche, e che preveda programmi per la riduzione dello stigma e della discriminazione e nel rispetto dei diritti umani
  • accesso ai Test - considerando lo scarso ricorso al Test Hiv in Italia, per favorire la diagnosi precoce, la riduzione del sommerso e la trasmissibilità dell’infezione stessa, vengono date delle indicazioni per aumentare e diversificare le occasioni/modalità di accesso al test, che comprendano contesti sanitari e non (seguendo il modello di test e counselling community-based, fortemente raccomandato dalle linee guida Unaids ed Ecdc, che prevede lo svolgimento in sedi di associazioni, contesti a bassa soglia, luoghi di aggregazione). Favorire l’utilizzo delle nuove tecnologie (prenotazioni via web, App) al fine di collegare con facilità l’utente ai servizi esistenti e promuovere strumenti divulgativi di autovalutazione del rischio. Definire, infine, le procedure che permettano l’accesso al Test ai minori, senza obbligo di richiesta del consenso da parte dei genitori, con interventi normativi adeguati
  • accesso ai trattamenti e mantenimento in cura - il documento sottolinea la necessità di garantire in tempi brevi la diagnosi e il collegamento al percorso di cura, per evitare la dispersione delle persone risultate positive ad Hiv. Viene inoltre posto come obiettivo la riforma del modello assistenziale previsto dalla Legge 135/90, integrando alcuni temi: l’accesso alla terapia antiretrovirale, l’aderenza e il mantenimento in cura, partendo dalla considerazione, in particolare, che delle circa 120.000 persone con Hiv/Aids stimate nel nostro Paese, il 15% non è stato inserito o mantenuto in cura; le nuove necessità di cura e di assistenza associate all’invecchiamento della popolazione assistita; gli interventi sulla popolazione con co-infezione Hiv/Hcv (virus dell’epatite C); prevenzione attraverso i vaccini; gli interventi in merito alla gravidanza; interventi a favore dei minori con infezione da Hiv; inquadramento degli interventi integrativi proposti dal Piano nazionale aids nei Livelli essenziali di assistenza (Lea).
Risorse utili