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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Una vita attiva protegge dal diabete

Felice Strollo, Dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari, Università di Milano - Vicepresidente Associazione nazionale italiana atleti diabetici (Aniad)

 

12 aprile 2018 - Il convegno “Camminare, Correre, Muoversi per una città in salute” tenutosi a Roma il 7 aprile in coincidenza della Giornata mondiale dell’attività fisica (vedi il programma) è stata l’occasione per ribadire i benefici di quest'ultima, soprattutto in alcuni gruppi di popolazione. Infatti, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ricorda l’importanza di una vita attiva per tutti gli adulti, indipendentemente da genere, etnia o stato socio-economico, compresi specifici sottogruppi con malattie croniche non trasmissibili come l’ipertensione arteriosa e il diabete o con disabilità. Proprio su questa linea si muovono le iniziative delle associazioni di pazienti diabetici e in particolare della Associazione nazionale italiana atleti diabetici (Aniad) che ha organizzato il 1° Campionato internazionale di maratona per atleti con diabete, a cui hanno partecipato, oltre a molti suoi rappresentanti, anche corridori provenienti da tutta Europa.

 

I pazienti con diabete del tipo 2, resistente cioè all’insulina, per una molteplicità di fattori mostrano una forte tendenza alla sedentarietà ed è particolarmente importante che, rendendoli parte attiva nel piano di cura e partecipi di un’alleanza terapeutica personalizzata, il sistema riesca ad aumentare in loro la consapevolezza della possibilità di ottenere benefici dal cambiamento degli stili di vita e dell’entità di tali benefici. Per quanto riguarda l’attività fisica, l’esercizio aerobico e di resistenza garantisce il miglioramento del controllo glicemico e della sensibilità periferica all’insulina (specie la disponibilità di glucosio a livello muscolare) e contribuisce alla prevenzione e al rallentamento dello sviluppo delle complicanze micro e macroangiopatiche e alla riduzione del rischio cardiovascolare, tanto da rendere talora possibile una riduzione parziale o addirittura totale della terapia farmacologica. Ci sono prove anche di un impatto favorevole dell’esercizio fisico regolare sulla mortalità, sulla qualità di vita e sulla sensazione di benessere.

 

Le raccomandazioni congiunte dell’American College of Sports Medicine (Acsm) e della American Diabetes Association (Ada) sono prevalentemente orientate a un’attività fisica aerobica di intensità moderata, con progressione graduale alla vigorosa, per una durata di almeno 2,5 ore la settimana di esercizio. Uno schema che va, ovviamente, inquadrato in un programma complessivo di corretto stile di vita.

 

Bisogna avere presente comunque che una delle maggiori difficoltà è il mantenimento a lungo termine dell’aderenza ai programmi e quindi dei risultati ottenuti e che sono necessarie in tal senso opportune azioni motivazionali di rinforzo.

 

Per quanto riguarda la prevenzione del diabete mellito di tipo 2, si stima che in assenza di interventi sullo stile di vita atti a contenere l’epidemia di obesità nel 2045 la prevalenza della condizione nella popolazione raggiungerà l’11,7%, mentre una riduzione del 25% della prevalenza dell’obesità sarebbe in grado di mantenere la prevalenza del diabete di tipo 2 sotto la soglia del 10% corrispondente a 111 milioni di casi di malattia in meno e a un risparmio sanitario di 200 miliardi di dollari all’anno.

 

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