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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro


Lo screening per la neoplasia della mammella in Italia: i risultati dello studio Passi (progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia)

Tolinda Gallo1,2, Nicoletta Bertozzi1,3, Carla Bietta1,4, Nancy Binkin1, Giovanna De Giacomi1,5, Pirous Fateh-Moghadam1,6, Alberto Perra1, Paola Scardetta1, Francesco Sconza1,7 e Massimo O. Trinito1,8

 

1Programma di Formazione in Epidemiologia Applicata, Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, ISS, Roma
2Dipartimento Prevenzione ASS 4 "Medio Friuli", Udine
3Dipartimento di Sanità Pubblica AUSL, Cesena
4UO Epidemiologia, Dipartimento Prevenzione AUSL 2 Umbria, Perugia
5Azienda Regionale Emergenza Sanitaria, ARES)118
6Servizio Osservatorio Epidemiologico, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Trento
7Dipartimento Prevenzione ASL 4, Cosenza
8UO Epidemiologia e AUSL

 

 

Il tumore della mammella rappresenta la neoplasia più frequente e la principale causa di morte per tumore nelle donne: si contano infatti circa 32.000 nuovi casi all’anno con ben 11.000 decessi (1). La diagnosi precoce può consentire un adeguato trattamento di questa neoplasia fino alla guarigione. Le linee guida italiane ed europee consigliano di effettuare una mammografia ogni due anni nelle donne tra i 50 ed i 69 anni.

 

In Italia i programmi di screening mammografico si stanno sviluppando in tutto il Paese (2). In base ai dati dell’Osservatorio Nazionale Screening nel 2004 più del 68% delle donne di 50-69 anni risiedeva in un’area geografica in cui è attivo un programma di screening mammografico, anche se permane uno squilibrio territoriale nell’offerta di programmi di screening: al Sud solo ad una donna su tre è data la possibilità di effettuare una mammografia preventiva, mentre al Nord questa offerta è rivolta ad oltre l’80% della popolazione target (3).

 

Per ottenere informazioni relative all’effettuazione da parte della popolazione femminile tra i 50-69 anni di almeno una mammografia a scopo preventivo, sulla periodicità e sulla motivazione che ha portato all’esecuzione e sul coinvolgimento del personale sanitario nelle raccomandazioni, una serie di domande sullo screening mammografico sono state incluse nello Studio PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia).
Lo Studio PASSI è stato realizzato mediante interviste telefoniche a un campione di cittadini, di età compresa tra i 18 e i 69 anni, estratto con metodo casuale semplice dalle anagrafi sanitarie di 123 Aziende Sanitarie Locali (ASL) partecipanti allo Studio e appartenenti a tutte le regioni italiane. Le interviste sono state effettuate nel periodo tra aprile e luglio 2005. L’analisi è stata condotta sui dati ottenuti dalle 15.483 persone intervistate; di queste, 2.902 erano donne nella fascia d’età 50-69 anni (aggiornamento del 15 febbraio 2006).

 

Il 75% (95% IC = 73,5%-76,7%) delle donne di 50-69 anni ha riferito di aver eseguito almeno una mammografia a scopo preventivo nel corso della vita (Tabella), con un range tra le ASL che hanno effettuato 200 interviste dal 34% dell’ASL di Lecce 1 al 100% dell’ASL di Varese. Tra i 50-59 anni l’ha eseguita il 77% delle donne, mentre più bassa è la percentuale tra i 60-69 anni (73%); l’analisi per grado di istruzione e stato civile non ha mostrato differenze rilevanti.

 

Il 57% (95% IC = 55%-59%) delle donne intervistate ha riferito di aver eseguito una mammografia negli ultimi due anni, in linea con le indicazioni del Piano Sanitario Nazionale che raccomandano la mammografia con periodicità biennale (Tabella). Questa percentuale è più alta nella classe 50-59 anni (61%), mentre diminuisce in quella 60-69 (52%), con una differenza statisticamente significativa. La raccomandazione sull’esecuzione ogni due anni della mammografia è risultata maggiormente seguita dalle donne con alto livello di istruzione e da quelle coniugate, con differenze statisticamente significative. Tra le ASL che hanno effettuato 200 interviste, l’adesione alle linee guida sulla periodicità biennale varia tra il 15% dell’ASL di Caserta 1 all’88% della ASL di Bussolengo (Verona).

 

Il 66% (95% IC = 64%-67%) delle donne intervistate ha riferito di aver ricevuto da un medico il consiglio di effettuare periodicamente il test di screening.
Una delle strategie di provata efficacia nel promuovere l’adesione allo screening è l’invito attivo delle donne: dallo studio è risultato che il 58% (95% IC = 56%-60%) delle donne intervistate ha ricevuto l’invito a sottoporsi alla mammografia tramite una lettera inviata dall’ASL.

 

Aver ricevuto la lettera di invito dell’ASL è stata la motivazione principale all’effettuazione della mammografia nel 39% (95% IC = 37%-41%) delle donne intervistate (range tra lo 0% delle 8 ASL dove non erano ancora attivi i programmi di screening al momento delle interviste all'86% dell’ASL di Matera); il 32% ha riferito come motivazione principale l’iniziativa personale ed il 28% il consiglio di un medico.
Ha effettuato una mammografia negli ultimi due anni solo il 21% di chi dichiara di non aver ricevuto né la lettera né il consiglio del medico, il 58% di chi ha ricevuto solo il consiglio del medico, il 66% di chi ha ricevuto solo la lettera e il 76% di chi ha ricevuto entrambi gli interventi. Questi risultati sottolineano la maggiore efficacia dei programmi di screening organizzati, nei quali la donna ha maggiori probabilità di ricevere sia la lettera d’invito sia il consiglio del medico.

 

Infine l’86% (95% IC = 85%-88%) delle donne ha riferito di aver effettuato la mammografia in una struttura pubblica.

I risultati dello studio PASSI avvalorano la necessità di un’offerta attiva della mammografia su tutto il territorio nazionale mediante programmi organizzati. I dati, infatti, sottolineano l’importanza della chiamata attiva per migliorare l’effettuazione della mammografia e del programma di screening organizzato al fine di aumentare la percentuale di donne che effettuano l’esame nei tempi e nelle modalità raccomandati. Fondamentale, inoltre, è l'apporto di medici di medicina generale, ginecologi e altri operatori sanitari nel raccomandare l'importanza di mammografie periodiche.

 

La necessità di avviare interventi mirati a migliorare l’offerta di screening oncologici efficaci sta ormai diventando una consapevolezza sia a livello nazionale che regionale, come documenta anche il recente Piano della Prevenzione; ogni Regione italiana ha pianificato le linee operative per realizzare e/o migliorate i programmi di screening oncologici sul proprio territorio.

 

In questa ottica PASSI può rappresentare un utile strumento, oltre all'attuale sistema di monitoraggio basato sull'utilizzo di servizi per monitorare il grado di avanzamento e l’efficacia dei programmi messi in atto.

 

Riferimenti bibliografici

1. ISTAT. La mortalità per causa nelle regioni italiane - anni 2000-2002.

2. Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Piano Nazionale della Prevenzione 2005-2007. 2005.

3. Giorgi D,Giordano L, Ventura L. et al. Lo screening mammografico in Italia: survey 2003-2004. In: Osservatorio Nazionale Screening - Quarto Rapporto 2005. p. 17-27.

 

 

Commento

Marco Zappa

Osservatorio Nazionale Screening, Firenze

 

Lo studio PASSI (Progressi delle aziende Sanitarie per la Salute in Italia) si presenta come un interessante strumento di monitoraggio delle attività preventive. Utilizza come strumento l’intervista telefonica su un campione di cittadini ed elabora i propri dati sulla base delle risposte ottenute. Metodologicamente ognuno di questi passaggi presenta dei potenziali problemi che potrebbero far dubitare della bontà delle stime finali. Fortunatamente, sulle attitudini verso la diagnosi precoce abbiamo a disposizione varie fonti informative, ognuna delle quali ci dà un'immagine parziale della situazione italiana. Alcune di queste fonti si basano su dati universali (principalmente la survey dell’Osservatorio Nazionale Screening, o le analisi degli archivi delle prestazioni ambulatoriali regionali), altre campionarie come la indagine multiscopo ISTAT. In realtà, se confrontiamo i dati presentati nell’articolo e quello che già conosciamo dalle altre fonti vediamo emergere un quadro abbastanza omogeneo e consistente e questo, indirettamente, conferma la validità dello studio PASSI. Il quadro che emerge ci dice che circa il 60% delle donne ha effettuato una mammografia negli ultimi due anni. Le donne che effettuano il test regolarmente hanno queste caratteristiche: sono relativamente più giovani, coniugate, con un livello di studio elevato. L’aver ricevuto una lettera di invito dalla ASL (che possiamo assumere come proxy dello screening organizzato) è la motivazione più frequente della scelta effettuata. L’importanza della presenza di screening organizzati è confermata dal fatto che, se si confrontano le coperture delle regioni dove un programma di screening è attivo e quelli in cui non lo è, vediamo, anche attraverso lo studio PASSI, che un’alta copertura si raggiunge soltanto laddove un programma organizzato è presente. Dunque, l’indagine PASSI fornisce informazioni utili per stimare la reale copertura delle attività di diagnosi precoce, e permette di valutare il contributo di attività organizzate. Una cosa però rimane fuori da questo tipo di indagine: la misura della qualità dell’intervento di screening. La misura della qualità "oggettiva" si può effettuare solo avendo a disposizione una batteria di indicatori (tasso di richiamo, tasso di identificazione, rapporto lesioni benigne e maligne) che esulano da questo tipo di rilevazioni. Però aspetti della qualità "percepita" potrebbero essere rilevati (ad esempio, i tempi di attesa, la chiarezza del percorso diagnostico terapeutico, ecc.) e, magari potrebbero rappresentare un motivo di ricerca futura.