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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro


Sintesi di un'esperienza e di una proposta metodologica per un profilo di salute della popolazione immigrata, Ancona 2009

Cristina Mancini 1, 2 , Maria Soledad Ferreiro2 , Patrizia Carletti2, G. Valentina De Giacomi3, Adele Seniori Costantini4 , Maria Luisa Calamita5, Adelina Brusco5, Daniela Gallieri5, Alessandra Burgio6, Luisa Mondo7, Raffaella Rusciani7, Camilla Sticchi8, Chiara Volpi8, Marco Biocca9, Nicola Caranci9, Silvia Candela10, Chiara Ventura11, Mauro Palazzi11, Patrizia Vitali11, Giovanni Baglio12, Laura Camilloni12, Silvia Casagrande12, Domenico Martinelli13 e Concetta Ladalardo14

1Osservatorio Epidemiologico Diseguaglianze/Agenzia Regionale Sanitaria Marche, Ancona

2Regione Marche, Ancona

3Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionale, Roma

4Associazione Italiana Epidemiologia

5Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, Roma

6Istituto Nazionale di Statistica, Roma

7Regione Piemonte, Torino

8Agenzia Regionale Sanitaria Liguria, Genova

9Agenzia Regionale Sanitaria e Sociale Emilia-Romagna, Bologna

10Azienda Unità Sanitaria Locale, Reggio Emilia

11Azienda Unità Sanitaria Locale, Cesena

12Laziosanità, Agenzia Sanità Pubblica, Regione Lazio, Roma

13Osservatorio Epidemiologico, Regione Puglia, Bari

14Regione Puglia, Bari

 

 

Da Paese di emigrazione, negli ultimi 10 -15 anni, l’Italia è diventata Paese di immigrazione, con flussi continui, diversificati a seconda delle alterne vicende geopolitiche, crisi congiunturali e guerre. Al 1° gennaio 2008 la popolazione straniera residente nel nostro Paese era di circa 3,5 milioni, pari al 6% del totale dei residenti (fonte ISTAT); il 90% degli individui proviene da Paesi a forte pressione migratoria. Si tratta di una popolazione giovane, l’età media è di 30 anni, e di una presenza stabile, in quanto circa il 51% è presente da più di 5 anni; una persona su due è donna.

 

Il fenomeno, in aumento, evidenzia una stabilizzazione di comunità intergenerazionali sempre più segmentate e ricche di componenti umane peculiari, ansiose di trovare un loro posto a pieno titolo nella società italiana.

 

L’incontro di queste diverse culture e generazioni impone all’Italia, Paese ospite, di adottare politiche volte a favorire l’integrazione allo scopo di evitare che “quello che non si conosce” diventi fonte di conflitti, razzismo e xenofobia. Il fenomeno migratorio, in continua espansione, deve essere quindi governato. Governare non significa però solo dirigere, guidare, ma anche “avere cura” di:

  • costruire una società pacifica in cui ciascuno sia rispettoso dell’altro;
  • cogliere orizzonti culturali diversi, sicuramente arricchenti;
  • prevenire conflitti sociali derivanti dall’esclusione sociale, che inevitabilmente hanno ricadute negative sullo sviluppo dell’intera collettività.

Per queste ragioni si rende necessario attrezzare/formare i servizi, quindi anche quelli socio-sanitari, ad affrontare un’utenza, portatrice di culture, biografie e bisogni differenziati.

 

Nel 2007 è stato avviato dal Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, con il coordinamento dell’Osservatorio Epidemiologico sulle Diseguaglianze dell’Agenzia Regionale Sanitaria della Regione Marche, un Progetto dal titolo “Promozione della salute della popolazione immigrata in Italia”, il cui scopo è quello di tutelare e promuovere la salute della popolazione immigrata in Italia attraverso l’adozione di modelli socio-sanitari organizzativamente e culturalmente adeguati ai bisogni di questa fascia di popolazione, con particolare riguardo agli immigrati non iscrivibili al Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

 

Uno degli obiettivi del Progetto è consistito nell’individuazione di una metodologia utile per la lettura e la sorveglianza della salute di questa popolazione, in modo da coglierne i principali problemi, che necessitano di interventi prioritari, e descriverne le modalità di utilizzo dei servizi sanitari.

 

Il razionale dell’intervento si basa sui seguenti punti:

  • a oggi la lettura dei bisogni di salute degli immigrati non è una funzione svolta sistematicamente dalle regioni, a cui le modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione attribuiscono la competenza in materia di tutela della salute e di programmazione sanitaria;
  • esistono indagini e rilevazioni anche a valenza nazionale che, tuttavia, non sono sistematiche e sono difficilmente confrontabili in quanto utilizzano differenti definizione di caso “immigrato” e non impiegano indicatori comuni per la misura e per il monitoraggio del fenomeno;
  • non esiste un coordinamento istituzionale su questa questione.

Affinché le regioni siano in grado di individuare i problemi di salute prioritari a cui dare risposta occorre conoscere e sorvegliare i problemi di salute della popolazione immigrata e, per fare questo, è necessario definire una metodologia di analisi, condividere uno strumento di lettura comune, un linguaggio univoco, utile alla produzione di informazioni, confrontabili, tra realtà regionali fra loro e tra queste e il livello nazionale.

 

Allo scopo è stato istituito un gruppo di lavoro formato da esperti appartenenti a sei regioni (Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Puglia) e due AUSL (Reggio Emilia, Cesena) e a istituzioni nazionali (ISTAT, INAIL, Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, Associazione Italiana di Epidemiologia), che ha lavorato per costruire una metodologia di analisi per la descrizione della domanda di salute della popolazione immigrata e per l’offerta di servizi da parte dell'SSN, attraverso una definizione di caso a partire dai flussi informativi correnti, quindi già disponibili a livello di tutte le regioni.

 

Uno dei risultati principali è la definizione di caso, cioè di immigrato, definito come lo straniero, che soggiorna stabilmente in Italia, avente la cittadinanza di uno dei Paesi a Forte Pressione Migratoria (PFPM), siano questi appartenenti all’Unione Europea che non. La condizione di straniero (cittadinanza straniera) o di “nato all’estero” sono state considerate di per sé non sufficienti a definire lo stato di immigrato, in quanto il termine straniero indica che la cittadinanza è “non italiana”, ma non definisce l’immigrato cioè la persona con cittadinanza in PFPM. I “nati all’estero” invece possono essere in percentuale anche rilevanti “cittadini italiani nati all’estero”, essendo stata l’Italia, anche in epoche recenti, un Paese di emigranti.

 

La popolazione di confronto è stata individuata nelle persone con cittadinanza italiana e in quelle presenti stabilmente in Italia con cittadinanza in uno dei Paesi a Sviluppo Avanzato (PSA).

 

Gli immigrati, identificati attraverso tale definizione, che utilizza quindi il criterio della “cittadinanza”, possono essere a loro volta regolari cioè avere “titolo” per risiedere in Italia o clandestini/irregolari, senza titolo per il soggiorno.

 

Di conseguenza, la popolazione è stata suddivisa in:

  • immigrati regolari, persone con cittadinanza in PFPM, presenti in Italia con regolare permesso o titolo di soggiorno (PFPM regolari);
  • immigrati clandestini/irregolari con cittadinanza in PFPM e con residenza all’estero (STP);
  • italiani e stranieri provenienti da PSA.

Le fonti utili alla descrizione dei problemi di salute della popolazione immigrata, esattamente i flussi informativi correnti, sono state scelte considerando:

  • la possibilità di identificare l’immigrato nella fonte stessa, sulla base del criterio della cittadinanza;
  • l’effettiva disponibilità a livello di tutte le regioni. Per ciascuna fonte individuata, inoltre, si è proceduto a effettuare:
  • un ‘analisi delle criticità e dei limiti;
  • un ‘analisi delle potenzialità;
  • la valutazione della qualità mediante elaborazioni e confronti dei dati regionali;
  • la formulazione di raccomandazioni.

Allo scopo di descrivere in modo omogeneo e con un linguaggio comune i principali problemi di salute è stato costruito un set di 36 indicatori, semplici e fattibili, che indagano aspetti della salute della popolazione immigrata quali il ricorso al ricovero ospedaliero, la salute materno-infantile, gli infortuni sul lavoro, le malattie infettive, la mortalità. Per ciascun indicatore è stato definito il meta-indicatore: il significato, il metodo di calcolo, le fonti da utilizzare per il numeratore e il denominatore, la validità e i limiti.

 

Gli indicatori così individuati, sono stati sperimentati, in collaborazione con gli enti nazionali, dalle sei regioni e dalle due province partecipanti al Progetto e a livello nazionale.

 

Ai fini della comprensione del significato/ senso di ciascun indicatore e della potenziale informazione in esso contenuta si è anche costruita una struttura (framework) del profilo di salute della popolazione immigrata, che potrebbe essere utile a ciascuna regione per conoscere e sorvegliare la salute di questo gruppo di popolazione.

 

I primi risultati, essendo quella immigrata una popolazione giovane, mostrano dei problemi di salute limitati. Tale popolazione utilizza i servizi sanitari per eventi fisiologici, quali il parto o per mancanza di interventi di prevenzione, quali l’aborto e gli infortuni sul lavoro. Questo suggerisce il carattere prevalentemente preventivo degli interventi da realizzare, con effetto positivo anche sulla riduzione dei costi e dei conflitti sociali.

 

Il risultato conseguito attraverso il lavoro svolto consente di affermare che oggi è disponibile uno strumento operativo che rende possibile costruire, in modo omogeneo e confrontabile nelle varie realtà, un profilo di salute degli immigrati presenti in Italia sia in termini di domanda sia di risposta che i sistemi sanitari regionali forniscono a questa domanda.

 

È auspicabile che ogni realtà regionale effettui istituzionalmente e in modo sistematico la lettura dei bisogni di salute degli immigrati, in modo da prendersi cura dello stato di salute di questa popolazione che, spesso in condizioni di marginalità sociale, è più a rischio di ammalarsi.

 

Infine, si tratta di ottimizzare l’efficacia dei servizi migliorando l’informazione sul loro funzionamento e attuando strategie di offerta attiva, pratiche con sicure ricadute positive non solo per la popolazione immigrata ma anche per i cittadini italiani, specie per i più vulnerabili.