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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro


Nota editoriale

Alberto Perra, Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma

 

Anche nel nostro Paese sono venuti consolidandosi negli ultimi 20 anni l’orientamento e la prassi dell’epidemiologia applicata (EA). Recentemente, a Orvieto (22 ottobre 2014), si è svolta la V Conferenza Nazionale PROFEA (Pro - gramma di Formazione in Epidemiologia Applicata), formazione avviata negli anni Novanta dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) a favore di singoli professionisti delle regioni o delle aziende sanitarie e oggi strutturata in forma di master universitario biennale, teorico e pratico, con supporto web; al master partecipano una trentina di professionisti di una singola regione con l’obiettivo di rinforzare la rete e non solo di formare i singoli operatori. In seno alla Conferenza, oltre alla presentazione di lavori scientifici sulle attività di oltre un centinaio di intervenienti che lavorano in tale ambito, è stata promossa una riflessione sull’evoluzione dell'EA, presentata in maniera tanto chiara quanto magistrale da Nancy Binkin, ma anche sul suo ruolo nelle aziende sanitarie nel nostro Paese. L’EA, che riconosce il suo razionale negli aspetti descritti (e anche vissuti) dalla collega americana, è basata su contenuti e strumenti specifici. L’EA è stata definita in base a cinque obiettivi principali: 1) la sintesi dei risultati degli studi eziologici come input per politiche orientate all’azione; 2) la descrizione della malattia e dei fattori di rischio da presentare in forma di informazioni per stabilire le priorità; 3) la valutazione dei programmi di salute pubblica, di norme e politiche; 4) la misura dei modelli e degli esiti di salute pubblica e dell'assistenza sanitaria; 5) la comunicazione efficace delle informazioni epidemiologiche agli operatori sanitari e al pubblico. In questi anni, rispetto agli approcci e agli strumenti per realizzare tali obiettivi si sono ampiamente utilizzati gli studi trasversali, gli studi KAP (knowledge, attitude and practice) e indagini basate su campionamenti complessi (cluster), gli studi e gli approcci qualitativi, ma anche le analisi di dati esistenti, le revisioni di letteratura con produzione di evidence, lo studio di proposte e di valutazione di progetti. Molti sono i contributi che, per tema e strumenti classificabili nell’ambito dell'EA, sono stati pubblicati dalla nostra rivista; ma ve ne sono altri che, per la loro principale caratteristica di mettere a disposizione di progetti e servizi “nuova” conoscenza, potrebbero invece esservi inclusi, seppure non rientrino nei canoni classici. Fra questi, ad esempio, l’analisi dei dati delle schede di dimissione ospedaliera per le complicanze del diabete miranti a confrontare diversi territori e a stimarne la gravità relativa o il tempo intercorso fra diagnosi e intervento nella rottura di femore a Bolzano e la relativa analisi delle cause. In questi studi non è certamente innovativo il metodo, ma piuttosto le modalità con cui gli autori producono conoscenza da dati esistenti ai fini del cambiamento, confermando uno dei principi fondamentali dell’EA, “la misura per l’azione”.

 

Oggi, le prospettive dell’EA sono tuttavia legate a una sfida fondamentale per le aziende sanitarie, cioè la governance. Tale sfida, per chi gestisce sul territorio la salute dei nostri concittadini significa avere capacità di acquisire e applicare conoscenza, di trarne indicazioni per la programmazione, di rendere operativi strumenti per l’implementazione come autonomia, criteri e audit, di costruire alleanze e partnership, di assicurare la fattibilità delle strategie nel tessuto organizzativo e culturale del territorio e di assicurare meccanismi trasparenti di responsabilizzazione. Da uno studio condotto dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell'ISS, fra il 2012 e il 2013 in 17 regioni e 146 strutture aziendali intervistate, si traggono delle informazioni interessanti sulla governance della prevenzione nelle ASL, grazie a un’analisi dell’assetto e del funzionamento delle strutture che nelle stesse ASL si occupano di prevenzione. Per la sorveglianza, ad esempio, che è uno dei campi "principe" dell'EA, solo nel 54% delle strutture campionate si riferisce una ricaduta sulla programmazione della prevenzione e della promozione della salute e solo nel 43% è il decisore il target della comunicazione; gruppi di interesse e popolazione generale sono raggiunti con frequenza limitata (rispettivamente nel 39% e nel 35% dei casi). Questi dati sembrano suggerire che la sorveglianza, essenziale per la governance, non viene utilizzata a pieno dalle aziende sanitarie. La comunicazione dei dati, la comunicazione efficace dei dati verso i decisori, la popolazione e i suoi stakeholder devono ricevere maggiore attenzione da parte dei colleghi che credono nell'EA o altrimenti il suo ruolo verrà svilito e l’epidemiologia a livello aziendale non avrà la visibilità necessaria per poter essere considerata strumento essenziale per la performance delle ASL.

 

In queste settimane in Conferenza Stato-Regioni è stato licenziato il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2014- 18 (PNP). Le regioni, entro il 31 dicembre 2014, dovranno produrre un indice del loro Piano Regionale di Prevenzione e, entro il 31 maggio 2015, il Piano per intero. Per i prossimi 5 anni il PNP comporterà un impiego di risorse del Servizio Sanitario Nazionale intorno ai 2 miliardi e una quantità di risorse non stimabili in termini di partecipazione di gruppi di popolazione e della popolazione stessa. Quale può essere il ruolo dell’EA nelle ASL che verranno impegnate come fronte operativo a realizzare questo prossimo piano di prevenzione? Anche qui, la governance sarà la vera sfida. In pratica significa identificare, raccogliere ed elaborare i dati per misurare i problemi di salute e i fattori determinanti, ma anche monitorare i progressi misurando gli indicatori previsti nel PNP e rendendoli disponibili ai decisori, identificare le disuguaglianze e i gruppi svantaggiati, comunicare efficacemente con i gruppi di interesse e con le reti, realizzare un vero e proprio osservatorio per la prevenzione, colmando così lo squilibrio fra la disponibilità di dati (che esistono per lo più in quantità) e la mancanza di informazioni che da essi si possono trarre e che possono essere di supporto alla governance.

 

Non ci sono quindi ragioni per credere che nei prossimi anni vi saranno dei cambiamenti nella missione dell'EA che è quella di favorire in tutte le occasioni l’uso migliore possibile della conoscenza per far progredire la salute della popolazione. Come dice Nancy Binkin, la sopravvivenza dell’EA e della sanità pubblica "è anche una questione di crederci e di operare di conseguenza".