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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Latte materno: il buon inizio della sana alimentazione. A che punto siamo in Italia?

Adriano Cattaneo1 , Roberta Crialesi2 , Lisa Francovich2 , Lidia Gargiulo2 , Angela Giusti3 , Laura Iannucci2 , Luisa Mondo4 e Raffaella Rusciani4

1 già Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Materno Infantile Burlo Garofalo, Trieste; 2 Servizio Sistema Integrato Salute, Assistenza, Previdenza e Giustizia, Direzione Centrale per le Statistiche Sociali e il Censimento della Popolazione, Istituto Nazionale di Statistica, Roma; 3 Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma; 4 Servizio Sovrazonale di Epidemiologia, ASL Torino 3

 

 

 

SUMMARY (Assessing breastfeeding in Italy in 2013: the right way to start an healthy nutrition) - In 2013 the Italian National Institute of Statistics carried out a sample survey on health, using World Health Organization definitions and methods. Based on the essential indicators on breastfeeding so estimated, Italy could be placed in an intermediate level, in terms of prevalence and duration, when compared with other countries. The percentage of children 0-24 months of age ever breastfed was 85.5%, with a rate of early initiation of 39.3%; the prevalence of exclusive breastfeeding in infants under 6 months was 42.7%; and the median duration of any breastfeeding was 6 months. These figures hide important regional and social differences. After a more accurate analysis, using logistic regression models, two early post-natal practices showed a negative association with breastfeeding: the use of formula and glucose supplements in the first 3 days, and the delay of the first breastfeed after birth. These practices display large regional differences in Italy.

Key words: breastfeeding; mean duration of exclusive breastfeeding; regional and social differences

gargiulo@istat.it

 

 

Introduzione

L’allattamento è fondamentale per la salute a breve e lungo termine del bambino, della madre, della società e dell’ambiente (1). Nel “Global Nutrition Targets 2025” dell’OMS (2) si raccomanda l’allattamento esclusivo fino a 6 mesi e continuato fino a 2 anni e oltre (se la mamma e il bambino lo desiderano), introducendo gradualmente cibi complementari. Riuscire a misurare correttamente il fenomeno e possibilmente la sua evoluzione nel tempo e sul territorio è fondamentale per poter fare una valutazione scientifica e operativa dell’alimentazione dei neonati in Italia oggi. Questo lavoro presenta preliminarmente un quadro dell’allattamento in Italia, a partire dai principali indicatori calcolati secondo le raccomandazioni dell’OMS, idonei al confronto internazionale, per poi approfondire l’analisi sui determinanti del mancato allattamento, evidenziando le differenze nella durata media ed esclusività dell’allattamento in base alle caratteristiche sociodemografiche, nonché alla relazione con alcune buone pratiche nell’assistenza post partum.

 

Materiali e metodi

I dati utilizzati derivano dall’indagine campionaria Istat “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”, svolta tra il 2012 e il 2013 con una numerosità campionaria di circa 60mila famiglie. Alle domande sull’allattamento ha risposto un campione di circa 5.000 donne che hanno avuto un figlio nei sei anni precedenti la data dell’intervista, distribuite su tutto il territorio nazionale, che rappresentano complessivamente oltre 2 milioni e 700mila donne residenti in Italia con tali caratteristiche. Per i confronti internazionali sono stati calcolati alcuni indicatori secondo le raccomandazioni dell’OMS; in particolare, per l’allattamento esclusivo, si è fatto riferimento a un quesito sugli alimenti assunti dal bambino nelle 24 ore e nella settimana precedente l’intervista (su un campione di circa 1.800 donne con figli fino a due anni di età). Per l’analisi dei determinanti sono stati applicati modelli logistici multivariati, utilizzando quesiti di tipo retrospettivo, per contenere i problemi di numerosità campionaria.

 

Risultati

In Italia la quota di donne che ha allattato aumenta nel tempo, con un incremento di circa 15 punti percentuali in 20 anni. Se infatti si utilizza l’indicatore OMS allattati almeno una volta (calcolato sui bambini di 0-24 mesi), la percentuale si attesta all’85,5% nel 2013, a fronte di circa il 70% nel 1994, che è il dato comparabile più lontano nel tempo. La prevalenza dell’allattamento esclusivo nei primi sei mesi di vita risulta invece molto più contenuta, pari al 42,7%; a livello territoriale il Mezzogiorno (Sud e Isole) risulta penalizzato con il 39,4%, mentre è nel Nord-Ovest che si registra la prevalenza più elevata, pari al 50,3%. L’obiettivo dell’OMS per il 2025 è raggiungere a livello globale il 50%, a fronte della quota del 39% stimata nel 2015 (Tabella 1).

 

 

 

 

In Italia, la durata media dell’allattamento esclusivo è pari a 4,1 mesi, con differenze regionali che evidenziano durate più brevi in molte regioni del Mezzogiorno (Figura), in particolare in Sicilia (3,5 mesi), ma anche in Abruzzo, Molise e Calabria (3,6 mesi).

 

Altro aspetto rilevante monitorato a livello internazionale è l’attacco al seno entro un’ora dal parto, che in Italia raggiunge una quota del 39,3%. Ma la percentuale cresce al 61,3% se si amplia il riferimento temporale alle prime tre ore dal parto. L’Italia è tra i pochissimi Paesi europei che attualmente è in grado di confrontare la propria situazione a livello internazionale, attraverso il calcolo di indicatori armonizzati basati su questa indagine.

 

Venendo all’analisi esplicativa e andando alla ricerca degli elementi che ostacolano l’allattamento materno, sono state analizzate sia le cause del mancato allattamento che il mancato raggiungimento della durata di sei mesi per l’allattamento esclusivo, come raccomandato dall’OMS. A partire da un insieme di variabili* che dall’analisi descrittiva risultavano potenzialmente associate ai fenomeni in esame, grazie all’uso di modelli di regressione logistica, con l’inserimento progressivo di gruppi di variabili, sono state individuate le associazioni più rilevanti.

 

Il primo modello sul mancato allattamento (Tabella 2) evidenzia che la propensione a non allattare aumenta tra le donne con titoli di studio inferiori alla laurea. Questo effetto rimane significativo anche considerando le caratteristiche del parto e le pratiche post partum. Anche per la cittadinanza si evidenzia un’associazione significativa: tra le straniere è più basso il rischio di non allattare. Tra le caratteristiche del parto assume rilevanza il taglio cesareo, ma non la settimana di gestazione o il parto gemellare. Il taglio cesareo perde rilevanza nel mancato allattamento se invece si introducono le variabili relative alle pratiche post partum. Tra queste ultime, la più rilevante è la somministrazione di soluzione glucosata o di formula artificiale nei primi tre giorni di vita; anche l’attacco tardivo (successivo alle prime tre ore) fa aumentare la probabilità di non allattare. La possibilità di tenere in camera il neonato durante il ricovero (rooming-in) assume rilevanza solo se non si includono nel modello le precedenti due variabili.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il secondo modello (Tabella 3) considera la probabilità di non allattare in modo esclusivo per i primi 6 mesi: tra le donne che hanno allattato, la tendenza a interrompere l’allattamento esclusivo prima dei sei mesi si riduce lievemente all’aumentare dell’età (OR = 0,977), mentre aumenta nel parto con taglio cesareo (OR = 1,241) e raddoppia nel parto gemellare (OR = 1,913). Quando si inseriscono nel modello le variabili che caratterizzano le pratiche assistenziali dopo la nascita, i fattori più influenti sul rischio di abbandono prima dei sei mesi sono la somministrazione nei primi tre giorni di vita di soluzione glucosata o formula artificiale (OR = 2,011) e il parto gemellare. L’associazione con il territorio mantiene la sua rilevanza con uno svantaggio del Mezzogiorno rispetto al Nord: il rischio di abbandono dell’allattamento esclusivo prima dei sei mesi aumenta quasi del 50%.

 

 

 

Conclusioni

Si può dire che l’Italia, osservata attraverso i fondamentali indicatori OMS sull’allattamento, derivanti dai dati Istat dell’ultima indagine sulla salute del 2013, presenta una prevalenza ancora distante dalle raccomandazioni nazionali e internazionali. Tale quadro generale nasconde, inoltre, forti differenze regionali e importanti differenze sociali. Inoltre, una più attenta analisi attraverso modelli di regressione logistica, evidenzia quanto sia cruciale il funzionamento dei punti nascita (3), le cui pratiche di routine si differenziano molto sul territorio italiano. Le variabili associate all’abbandono dell’allattamento prima dei 6 mesi potrebbero essere considerate proxy della separazione madre-neonato alla nascita, che da fonti di letteratura risulta essere un fattore di rischio per l’avvio e la prosecuzione dell’allattamento (4-6).

 

Le iniziative messe in campo dalle varie istituzioni (7, 8), organi nazionali (9) e locali per promuovere l’allattamento in Italia, sollecitano ulteriore e costante attenzione per ridurre le forti differenze sociali e territoriali osservate e per salvaguardare salute e benessere dei bambini, delle madri e della collettività.

 

Fondamentale è il ruolo dei punti nascita, dove le buone pratiche assistenziali come l’attacco del bambino alla nascita, il rooming-in, la limitazione dell’uso di glucosata e di formule artificiali sono determinanti per promuovere l’avvio, la durata e l’esclusività dell’allattamento.

 

Dichiarazione sui conflitti di interesse

Gli autori dichiarano che non esiste alcun potenziale conflitto di interesse o alcuna relazione di natura finanziaria o personale con persone o con organizzazioni che possano influenzare in modo inappropriato lo svolgimento e i risultati di questo lavoro.

 

Riferimenti bibliografici

1. WHO. Long-term effects of breastfeeding: a systematic review. Geneva: WHO; 2013.

2. WHO/UNICEF. Global nutrition targets 2025: breastfeeding policy brief. Geneva: WHO; 2014. (WHO/NMH/NHD/14.7).

3. WHO. Protecting, promoting and supporting breastfeeding: the special role of maternity services. Geneva: WHO; 1989.

4. Moore ER, Bergman N, Anderson GC, et al. Early skin-to-skin contact for mothers and their healthy newborn infants. Cochrane Database Syst Rev 2016;11:CD003519.

5. Entwistle FM. The evidence and rationale for the UNICEF UK Baby Friendly Initiative standards. London: UNICEF UK; 2013.

6. Righard L, Alade MO. Effect of delivery room routines on success of first breast-feed. The Lancet 1990;336:1105-7.

7. Ministero della Salute. Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione e il sostegno dell’allattamento al seno. Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 32, 7 febbraio 2008.

8. www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2285_allegato.pdf

9. Lauria L, Spinelli A, Lamberti A, et al. Allattamento al seno: prevalenze, durata e fattori associati in due indagini condotte dall’Istituto Superiore di Sanità (2008-09, 2010-11). Not Ist Super Sanità - Inserto BEN 2012;25(11):i-iii.