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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro


Madri peer educator nelle scuole in un contesto socioeconomico deprivato nel Sud Italia

Maria Paola Vairano1, Paola D’Agnese1, Fabio Iavarone1, Maria Teresa Ceccarelli1, Giuseppe Pezone2, Roberto Rice1, Carmela Vallone3, Pio Russo Krauss4, Annamaria Palmieri5 e Gianfranco Mazzarella6

1Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN), ASL Napoli 1 Centro; 2Igiene Alimenti Origine Animale (IAOA), ASL Napoli 1 Centro; 3Dipartimento di Sanità Pubblica, Università degli Studi di Napoli Federico II; 4UOC Comunicazione Aziendale e Web, ASL Napoli 1 Centro; 5Assessorato all’Istruzione e alla Scuola, Comune di Napoli; 6Direzione Generale per la Tutela della Salute, Regione Campania, Napoli

 

 

SUMMARY (Mothers as peer educators in a low socio-economic school setting in Southern Italy) - The Campania region shows the highest child obesity rates in Italy, the worst healthy behaviors among children and a high degree of inequalities in health. This article describes an intervention based on mothers as peer educators towards other mothers in promoting healthy eating habits at schools in a very low socio-economic setting. Among mothers of 992 children 3-8 years old, peer educators were identified and asked to report critical issues about children’s eating habits and to suggest practical solutions with health professionals and teachers. Peer educator mothers shared the acquired knowledge with other mothers in the school setting through small group meetings or/and social networks without health professionals involvement. Children’s eating habits were evaluated at T0-baseline, T1-5 months, T2-12 months, T3-16 months and were directly observed by health professionals. Quality improvement regarding four children’s eating habits at school were evaluated and, comparing with T0, the following food consumption significantly improved: snack at T1-T2-T3; main-course at T1; side-dish at T1-T3; fruit at T1. In a very low social-class school-setting, peer educator mothers’ involvement in promoting healthy behaviors towards other mothers seems to improve children’s eating habits.

Key words: feeding behavior; child obesity; peer group

paola.vairano@aslnapoli1centro.it

 

 

Introduzione

La ASL Napoli 1 Centro mostra una delle più alte prevalenze italiane di obesità infantile (1). Gli interventi di promozione della salute degli ultimi anni non hanno mostrato un effetto rilevante, in particolare nelle fasce di popolazione più vulnerabili dal punto di vista socioeconomico, senza ridurre, di fatto, le disuguaglianze di salute molto diffuse nel territorio campano.

 

È noto, infatti, che le fasce deprivate della popolazione tendono a sfuggire alle azioni di prevenzione (2). Pertanto, il Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) della suddetta ASL ha implementato un programma di promozione della salute nella scuola dell’infanzia e in quella primaria in collaborazione con il Comune di Napoli (Assessorato all’Istruzione e alla Scuola), in un’area della città particolarmente deprivata dal punto di vista socioeconomico (3). In tale area l’80% delle famiglie che usufruisce della mensa scolastica ha un reddito annuale ISEE inferiore a 8.750,99, rispetto al 65,5% della città (4). Evidenze recenti hanno dimostrato il potenziale ruolo del coinvolgimento di gruppi di pari, più spesso madri, nel migliorare gli stili di vita dei propri figli, in particolare con l’utilizzo dei social network (5). Scopo del presente studio è quello di descrivere un intervento basato su mamme peer educator nei confronti di altre mamme nel promuovere, in un contesto socioeconomico particolarmente difficile, le sane abitudini alimentari dei propri figli a scuola e fare una prima valutazione.

 

Materiali e metodi

L’intervento, realizzato in 16 plessi appartenenti a 8 scuole, ha coinvolto 116 classi per un totale di 2.336 bambini di età compresa tra i 3 e gli 8 anni. Le scuole sono situate in un’area periferica della città di Napoli, in un contesto a forte disagio socioeconomico. Il consumo della merenda portata da casa e il primo piatto, contorno e frutta consumati durante la refezione sono stati verificati mediante osservazione diretta da parte di personale sanitario opportunamente formato. La merenda veniva considerata “non sana” se superava il 7% delle calorie totali giornaliere secondo i livelli di assunzione raccomandata di nutrienti (LARN IV revisione). La rilevazione della quantità assunta per il primo piatto a base di verdure/legumi, del contorno a base di verdure e della frutta è stata classificata in: completamente, in parte, per niente. È stata realizzata un’analisi per dati appaiati mediante statistical package for social science (SPSS) versione 18, utilizzando il test di McNemar. Sono di seguito illustrate le diverse tappe dell’intervento.

 

Coinvolgimento della scuola - L’intervento ha previsto un incontro iniziale tra operatori ASL, Assessorato e operatori scolastici degli istituti coinvolti, in cui è stata illustrata la proposta d’intervento, affidando alla scuola il compito di invitare i genitori nei successivi incontri. I genitori ricevevano l’invito dalle insegnanti attraverso le quotidiane occasioni di incontro oppure il docente inseriva il biglietto di invito nello zaino del bambino.

 

Valutazione comportamenti alimentari prima dell’intervento (T0-baseline) - È stata effettuata, prima del coinvolgimento dei genitori, una valutazione dei consumi alimentari dei bambini a merenda e a refezione, scegliendo una giornata in cui era previsto un primo piatto con verdura/ legumi e un contorno di verdura (T0). La rilevazione dei consumi avveniva mediante un’apposita scheda dove veniva registrata l’entità del consumo delle pietanze in studio per la merenda, la marca dello snack o, se preparata a casa, la descrizione e la quantità.

 

Primo incontro: analisi dei problemi - Sono stati illustrati i principi di una sana alimentazione ed è stato chiesto, sia alle mamme che ai docenti, di individuare le difficoltà nel far seguire una sana alimentazione, sia a casa che a scuola, rispettivamente ai propri figli ed ai propri alunni. Le criticità emerse venivano poi organizzate dalle madri in un “albero dei problemi” (modello di analisi delle criticità tratto dal Project Cycle Management), in cui i problemi venivano strutturati in modo gerarchico: si individuavano quelli più evidenti, aggiungendo in maniera sequenziale gli altri problemi secondo relazioni di causa-effetto (4). Al termine dell’incontro le madri hanno convenuto che i problemi emersi derivavano dalla mancata conoscenza dei valori nutrizionali degli alimenti.

 

Secondo incontro: proposta delle soluzioni - Dopo 7-10 giorni le mamme, con il supporto degli insegnanti e degli operatori sanitari, trovavano soluzioni ai problemi emersi nell’incontro precedente e si impegnavano a realizzarle. In questa seconda fase sono stati spiegati ai genitori e agli insegnanti i principi di una sana alimentazione e il “modulo spesa consapevole”, ossia i criteri per acquistare alimenti in modo corretto (leggere un’etichetta nutrizionale, riconoscere i cibi più salutari). Si costruiva in modo speculare “all’albero dei problemi”, “l’albero delle soluzioni” (6). Le proposte operative maggiormente condivise tra le madri sono state: la “settimana della merenda sana” e il “giorno delle verdure”. Nella settimana della merenda sana a tutti i bambini di una classe era richiesto di portare una merenda salutare, ogni giorno diversa ma uguale per tutti i bambini. Nel giorno delle verdure alle mamme di una classe era richiesto di cucinare per i propri figli, a casa, ogni giorno una verdura diversa, ma uguale per tutti i bambini della classe.

 

Individuazione, “arruolamento” e mission delle madri peer educator - Ai due incontri preparatori hanno preso parte 80 insegnanti, 280 madri e nessun papà (il 10% circa di tutti i genitori dei plessi scolastici). Gli operatori sanitari, con il supporto degli insegnanti, individuavano e coinvolgevano le madri che mostravano le qualità necessarie (sensibilità al tema della salute, capacità di comunicazione e coinvolgimento, desiderio di trasmettere le conoscenze) per poter agire da peer educator. Le madri peer educator (mediamente 2 per classe) diffondevano tra le altre madri le conoscenze acquisite circa i problemi e le soluzioni/proposte, utilizzando le quotidiane occasioni di incontro e gli ordinari strumenti di comunicazione (ad esempio, i social network).

 

Dopo l’intervento realizzato dalle madri peer educator, veniva effettuata una seconda, terza e quarta rilevazione dei consumi, rispettivamente a 5 mesi (T1), 12 mesi (T2) e 16 mesi (T3).

 

Risultati

La Tabella riporta i principali risultati; il numero di alunni coinvolti almeno per una valutazione (n. 992) è inferiore al totale degli alunni partecipanti (n. 2336) e questo per diversi motivi: mancata adesione alla refezione scolastica per problemi economici, assenza per malattia, non disponibilità della merenda (la merenda doveva essere portata da casa), motivi familiari. La numerosità del campione nei vari tempi è sistematicamente più alta per la merenda che per i pasti, dal momento che alcuni bambini tornavano a casa per pranzo e, dunque, venivano esclusi dall’analisi. Tra le rilevazioni ai tempi T1, T2, T3 si registra una diminuzione dei bambini valutati per i singoli pasti/merenda in quanto l’assenza, il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla primaria o ad un’altra scuola faceva sì che l’alunno sottoposto a rilevazione al T0 non fosse più rintracciabile ai tempi successivi. La frutta ha una numerosità del campione estremamente più bassa, già a T0-T1, rispetto alla merenda e ai pasti. La frutta, infatti, arrivava a scuola non sbucciata, né l’insegnante era disponibile a sbucciarla (mancanza di tempo, responsabilità ecc.), per cui i frutti venivano riportati a casa. Solo le banane, e raramente le arance, venivano sbucciate dall’insegnante.

 

La percentuale di bambini che ha consumato una merenda sana è aumentata tra T0 e T1 dal 45,8% al 77,8% (p <0,001), tra T0 e T2 dal 55,4% al 74,1% (p <0,01) e tra T0 e T3 dal 57,9% all’87,3% (p <0,001) (Tabella).

 

La percentuale di bambini che ha consumato “completamente” il primo piatto è aumentata tra T0 e T1 dal 58,2% al 64,9% (p <0,01) (Tabella). Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative nei consumi tra T0 e T2 e tra T0 e T3. Per quanto riguarda il contorno, la percentuale di bambini che lo ha consumato “completamente/parzialmente” è aumentata tra T0 e T1 dal 35,6% al 50,3% (p <0,001) e tra T0 e T3 dal 33,0% al 51,4% (p <0,01). Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra T0 e T2.

 

La percentuale di bambini che ha consumato “completamente/parzialmente” la frutta è aumentata tra T0 e T1 dal 72,9% all’82,9% (p <0,05). Non era disponibile una numerosità del campione adeguata per effettuare l’analisi a T2 e a T3. Non è stato rilevato il tipo di frutta consumata ai diversi tempi, per cui è possibile che il miglioramento del consumo a T1 sia attribuibile alla più facile sbucciabilità della frutta (ad esempio, banana) rispetto a quella offerta al T0 (ad esempio, mela).

 

È stata effettuata una valutazione del gradimento dell’intervento che ha riportato risultati positivi e sarà oggetto di una prossima pubblicazione.

 

 

Discussione

I risultati dello studio suggeriscono che, in un contesto particolarmente deprivato dal punto di vista socioeconomico, l’intervento di madri peer educator può contribuire a disseminare informazioni sull’alimentazione fra le altre madri e a migliorare le abitudini alimentari dei bambini a scuola. Se da un lato la metodologia adottata per il presente studio (massima libertà per le madri peer educator di comunicare con le altre madri nelle occasioni della vita quotidiana e con gli strumenti che desideravano) riduce la riproducibilità dell’intervento, dall’altra riteniamo possa aumentarne fattibilità e sostenibilità, dal momento che non si richiede alle madri l’utilizzo di strumenti predefiniti, che potrebbero non essere disponibili, ma le si invita a condividere il proprio empowerment con altre madri e a essere promotrici di salute nella loro vita quotidiana.

 

Conclusioni

In alcune aree caratterizzate da un marcato svantaggio socioeconomico del nostro Paese, si rilevano alte prevalenze di obesità infantile e di fattori di rischio ad essa correlati. Ciò contribuisce sensibilmente alla genesi di importanti disuguaglianze di salute. I “classici” interventi di promozione della salute, tradizionalmente poco efficaci nel raggiungere e coinvolgere le fasce deprivate della popolazione, non si sono dimostrate efficaci anche in Campania. L’intervento-ricerca descritto in questo lavoro ha mostrato che, in un contesto deprivato, le madri di bambini che frequentano le scuole dell’infanzia e le scuole primarie, opportunamente coinvolte e formate, possono svolgere il ruolo di peer educator nei confronti di altre madri sui temi dei comportamenti salutari dei bambini. Tale strategia, che ha consentito di raggiungere, anche se in modo parziale, fasce della popolazione tradizionalmente “irraggiungibili”, riteniamo meriti di essere approfondita e perfezionata in futuri studi e interventi.

 

La dimensione intersettoriale, inoltre, qualificata da un concreto impegno dell’Assessorato all’Istruzione e alla Scuola del Comune di Napoli, aggiunge valore a quello già insito nella ricerca. La richiesta da parte di molte altre scuole della città di poter fruire dell’intervento è da considerare un segnale decisamente positivo.

 

Ringraziamenti

Si ringraziano Lucia Marino e Alfredo Savarese della ASL Napoli 1 Centro.

 

Dichiarazione sui conflitti di interesse

Gli autori dichiarano che non esiste alcun potenziale conflitto di interesse o alcuna relazione di natura finanziaria o personale con persone o con organizzazioni che possano influenzare in modo inappropriato lo svolgimento e i risultati di questo lavoro.

 

Riferimenti bibliografici

1. OKkio alla Salute 2016 - Regione Campania.

2. WHO - Commission on Social Determinants of Health. Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health.

3. Il sistema di indicatori integrati sociali e socio-sanitari. Profilo di Comunità della Città di Napoli 2010-2012.

4. Istat. UrBes 2015 - Il benessere equo e sostenibile nelle città, Napoli.

5. Fiks AG, Gruver RS, Bishop-Gilyard CT, et al. A social media peer group for mothers to prevent obesity from infancy: the grow2Gether randomized trial. Child Obes 2017;13(5):356-68.

6. European Commission, EuropeAid Cooperation Office. Project Cycle Management Guidelines