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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

Aspetti epidemiologici

Il Cmv è diffuso in tutto il mondo e in tutti gli strati sociali della popolazione, ma in generale ha una diffusione maggiore nei Paesi in via di sviluppo e nelle aree caratterizzate da scarse condizioni socioeconomiche. Si calcola che la percentuale della popolazione mondiale entrata in contatto con il Cmv si colloca fra il 60 e il 90%.

 

Nella popolazione femminile in età fertile la prevalenza dell’infezione oscilla dal 35 al 90% ed è influenzata dalla professione, dall’attività sessuale e dall’età.

Nell’America del Nord (40-60%) e in Gran Bretagna (circa 50%) la sieroprevalenza è bassa, mentre in Italia, come nella maggior parte degli altri Paesi europei, si aggira intorno all’80%. La maggior parte delle donne europee ha quindi già contratto un’infezione primaria.

 

Le persone che per lavoro (operatori in scuole materne e nidi) o legami familiari sono a stretto contatto con i bambini, soprattutto se di età inferiore ai tre anni, sono a maggior rischio di infezione e mostrano un tasso di sieroconversione annuale del 10-20%. Si stima, infatti, che nel 10-40% dei casi i bambini piccoli hanno il Cmv nelle urine e nella saliva.

 

Il tasso di sieroconversione nelle donne in gravidanza è stimato intorno all’1-2%, ma varia a seconda delle popolazioni.

 

L’infezione congenita da Cmv

La prevalenza dell’infezione congenita da Cmv è diversa a seconda delle aree geografiche, variando tra lo 0,15% e il 2%; è per esempio più alta nell’America del Nord e più bassa in Europa.

 

Secondo i dati dei Cdc americani, negli Stati Uniti 1 bambino su 150 nasce con un’infezione congenita da Cmv e 1 su 750 sviluppa danni permanenti a causa dell’infezione. Il numero stimato di bambini statunitensi che ogni anno sviluppano danni permanenti a causa del Cmv congenito è di circa 8000.

 

In Italia la prevalenza dell’infezione congenita è tra le più basse riportate in letteratura: varia tra lo 0,15% nei bambini nati da donne sopra i 24 anni e lo 0,51% in donne al di sotto di questa età, confermando che l’età avanzata in gravidanza può essere considerata un fattore protettivo contro l’infezione congenita.

 

Uno studio di coorte su circa 2500 donne in gravidanza ha rilevato che nelle donne con immunità naturale acquisita prima del concepimento il rischio di trasmissione dell’infezione al feto è ridotto del 69% rispetto alle donne inizialmente sieronegative.