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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Pensare globalmente, agire localmente per ricostruire una cultura amica dell’allattamento

Paola Negri - Consulente in allattamento Ibclc e vice-presidente Ibfan Italia

 

Concordo con gli interventi precedenti sul fatto che, nel nostro Paese, è per fortuna poco frequente che una madre venga esplicitamente criticata per il fatto di allattare il proprio piccolo in un luogo pubblico, più spesso il gesto è accolto con indifferenza o con commenti benevoli. Nonostante ciò mi sorgono spontanee due considerazioni.

 

La prima: in Italia accade ancora spesso che le mamme evitino di allattare in pubblico, cercando di uscire in orari lontani dalla poppata, oppure, se già fuori casa, provando a tenere tranquillo il neonato con il succhiotto fino al rientro. Ciò accade a dispetto del fatto che l’allattamento sia il sistema più naturale, comodo e pratico per sfamare, dissetare, coccolare, addormentare il proprio bambino e dei motivi fisiologici già ricordati da Angela Giusti.

 

La seconda: è possibile adottare un altro punto di vista e considerare il caso della mamma cacciata dal bar come una sorta di “punta dell’iceberg” di un problema diffuso. Infatti, a dispetto del fatto che oggi nessuno mette più in dubbio il fatto che “il seno è meglio”, in realtà sono ancora tante le mamme che vengono criticate, giudicate e scoraggiate nella loro esperienza di allattamento, in particolare se praticano l’allattamento a domanda (le poppate non avvengono a un orario prestabilito, ma secondo le richieste del bambino) o se proseguono l’allattamento oltre i primi mesi o l’anno di vita del bambino. Questa disapprovazione generalizzata più o meno esplicita è molto insidiosa per le mamme, poiché ne mina l’autostima, e trova origine nell’abbandono della cultura dell’allattamento naturale. Il fatto che una mamma offra il seno al proprio bambino quando lo richiede, anche se “ha già mangiato”, è un gesto ancora poco tollerato e compreso. Possiamo dire quindi che nella nostra società allattare non viene considerato “il” mezzo ottimale per la nutrizione del corpo e dello spirito del proprio figlio, ma solo come una delle modalità possibili di alimentazione della primissima infanzia (forse la migliore, ma non per questo motivo la più diffusa).

 

Allattamento, questo sconosciuto

In realtà chi si occupa di allattamento sa benissimo che Organizzazione mondiale della sanità, Unicef e le più importanti associazioni pediatriche mondiali (come per esempio l’Accademia Americana di Pediatria) considerano una priorità universale la promozione, protezione e sostegno dell’allattamento esclusivo nei primi sei mesi di vita del bambino e dell’allattamento complementare protratto oltre il secondo anno di vita. L’allattamento è lo strumento non medico più potente per diminuire i tassi di mortalità e morbilità infantile (sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati) e per favorire il sano sviluppo psico-fisico dell’essere umano. Sebbene l’introduzione massiccia di un sostituto industriale del primo alimento del cucciolo d’uomo sia di fatto il più grande esperimento alimentare che sia mai stato realizzato nella storia, la stragrande maggioranza delle persone continua a non rendersi conto delle conseguenze sociali, ecologiche ed economiche che questa operazione ha comportato e tuttora comporta.

 

Come intervenire? In circa 150 anni, grazie all’accanita promozione delle compagnie produttrici e alla mancanza di informazione adeguata, il ricorso ai sostituti del latte materno è diventato sempre più diffuso, a scapito dell’allattamento naturale. Si pensa ancora molte mamme “non abbiano il latte” o che questo possa sparire da un giorno all’altro. Le madri non sanno né come, né quando allattare, ignorano il funzionamento dell’allattamento al seno e per questo tentano (ancora oggi, nel 2007!) di applicare ad esso le regole valide per i sostituti artificiali, spesso spinte da consigli di operatori sanitari. In altre parole si è perso il concetto di mamma-bebè come diade inseparabile. Gli esempi di pratiche tuttora in auge e considerate normali che, viceversa, sono totalmente sconfessate dalle evidenze scientifiche non si contano. Fra le altre, cito soltanto quella, purtroppo diffusa, di separare mamma e bambino nelle primissime ore dopo il parto: sono numerosi gli studi che dimostrano le conseguenze negative sull’allattamento, sull’adattamento del neonato alla vita extra-uterina, e più a lungo termine sulla salute psico-fisica dell’individuo che questa separazione comporta.

 

E allora? Penso che oggi possediamo tutte le conoscenze e gli strumenti necessari per operare un cambiamento, diventato sempre più urgente e necessario, non solo per la maggiore consapevolezza dell’impatto drammatico sulla salute dell’alimentazione artificiale (si pensi ad esempio all’attuale crescente diffusione e precocità di insorgenza di malattie cardiovascolari, diabete, obesità ecc), ma anche alla luce dell’emergenza ecologica e alla necessità di ridurre lo spreco di risorse.

 

Interventi pratici

Premesso che creare una cultura amica dell’allattamento non significa convincere o peggio obbligare le mamme ad allattare, la strada ci viene chiaramente indicata dalla Strategia globale per l’alimentazione infantile approvata dall’Oms nel 2003 (recepita dall’Ue con le Raccomandazioni standard sull’alimentazione dei lattanti e dei bambini fino a tre anni), che ribadisce l’importanza del coinvolgimento di tutte le parti in causa e l’uso delle risorse già esistenti per un’azione di rete, aperta su tutti i fronti. Bisogna agire sull’ambiente sociale intervenendo a livello educativo nelle scuole e nei mezzi di comunicazione, a livello sanitario con un’adeguata assistenza pre e post parto e, ovviamente, sul piano economico, eliminando le pressioni commerciali, mediante l’applicazione del Codice internazionale di commercializzazione dei sostituti del latte materno. Tutto ciò può agevolare il passaggio dall’attuale cultura del biberon a una cultura più amica di mamme e bambini, in cui viene riconosciuto il valore non soltanto del latte materno, ma di tutto il processo di allattamento, come forma normale di accudimento e cura parentale, e in cui tutti conoscano e accettino le regole dell’allattamento al seno e in cui il bambino normale sia quello allattato e non viceversa.

 

Penso anche, e l’allattamento al seno lo dimostra, che le cose piccole, semplici e naturali spesso funzionino meglio di quelle complicate, costose e tecnologiche. Uno slogan in voga, che mi pare appropriato in questo contesto, è “pensare globalmente, agire localmente”: come ogni anno viene fatto nel nostro paese durante la prima settimana di ottobre, quando si celebra la Settimana mondiale dell’allattamento (Sam) con tantissime diverse e allegre iniziative in ogni parte d’Italia e del mondo. Ogni piccolo gesto compiuto nella realtà in cui si vive e si lavora può servire al cambiamento culturale, e l’esempio più bello è sicuramente lo spettacolo di amore che ci regalano le mamme che allattano i propri figli!