Giorgio Bartolozzi - membro della Commissione nazionale vaccini
Aspettando la pandemia, che prima o poi ci colpirà (ma nessuno è in grado di predire “quando”), non ci rimane che affilare le armi per allestire una buona difesa. La prima linea di difesa è allora la sorveglianza, cioè la capacità di vedere quando e dove essa cominci. Esistono tre agenzie internazionali che stanno coordinando i loro sforzi per seguire le tracce del virus H5N1 e di altri sottotipi di virus influenzale:
Non va dimenticato che la velocità è fondamentale, quando s’intende combattere contro un virus che si diffonde rapidissimamente per via aerea: la naturale lentezza e macchinosità di questi organismi va quindi superata, se si vuole raggiungere un obiettivo di vitale importanza, come la pandemia influenzale. È stato detto che “l’orologio comincia a battere nel momento in cui la prima vittima di un ceppo, con potenzialità pandemica, diviene contagioso” (Gibbs WW, Soares C, Scientific American, novembre 2005). Il solo modo per capire che siamo di fronte all’emergenza è quello di monitorare costantemente la diffusione di ogni epidemia, anche piccola, insieme all’evoluzione delle caratteristiche genetiche del virus che la determina.
Il secondo passo è l’isolamento del virus in gioco, la sua identificazione e la preparazione di un virus a rapida moltiplicazione, utilizzabile per la preparazione di un vaccino. La terza e ultima fase è la preparazione e la distribuzione di un vaccino, ovviamente non contro l’H5N1, attualmente circolante (come qualcuno potrebbe pensare), ma contro quell’H5N1 che ha ottenuto mutazioni tali da assumere carattere epidemico, o per variazioni spontanee all’interno dell’intestino degli acquatici (come probabilmente è avvenuto nella spagnola del 1918-1919) o per “riarrangiamento” fra un virus influenzale umano e un virus aviario, come è probabilmente avvenuto nelle altre due pandemie del secolo scorso, quella del 1957 e quella del 1967.
Stefania Salmaso, direttrice del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Istituto superiore di sanità), nel suo intervento nella discussione su EpiCentro ci ha già detto come dovrà essere preparato questo vaccino:
In attesa degli eventi, quale atteggiamento può dunque tenere il singolo pediatra nei confronti dei bambini affidati alle sue cure?
In tutte le riunioni pediatriche alle quali ho partecipato negli ultimi due-tre mesi, ho potuto constatare l’estremo interesse che i pediatri in generale e quelli di famiglia in particolare, hanno per l’influenza, sia per la prevenzione (vaccinazione, farmaci) che per la cura (farmaci).
Per prima cosa il pediatra deve conoscere il contenuto della circolare del ministero della Salute del 5 agosto 2005 (“Prevenzione e controllo dell’influenza, raccomandazioni per la stagione 2005-2006”). Nella circolare, completa e aggiornata in ogni sua parte, sono riportate al paragrafo 2.2 le dieci raccomandazioni sull’impiego del vaccino anti-influenzale: molte di queste riguardano la pediatria e spesso riguardano categorie nuove, prima non comprese nelle categorie a rischio. A queste una recente pubblicazione apparsa sulla rivista Jama (2005, 294:2188-94) aggiunge giustamente le malattie neuromuscolari, mentre non comprende fra le categorie a rischio quelle dei bambini pretermine o piccoli per la data di gestazione, previste invece nella circolare italiana.
Poiché la copertura della vaccinazione contro l’influenza, secondo recenti calcoli, non sembra superare più del 10% dei soggetti con situazioni a rischio, il primo impegno deve essere quello di identificare e consigliare la vaccinazione al maggior numero possibile di bambini appartenenti alle categorie a rischio. So bene che in qualche caso la vaccinazione contro l’influenza non viene eseguita, perché sconsigliata dagli stessi servizi specialistici ai quali questi bambini fanno capo. Penso tuttavia che fra i doveri del pediatra curante ci sia quello di parlare con i servizi, richiamandosi alla circolare del ministero della Salute, nel caso il bambino appartenga a una della categorie previste (fibrosi cistica o diabete mellito, solo per fare due esempi).
Poiché il numero dei vaccini a disposizione in Italia è solo di poco superiore a quelli necessari per vaccinare tutte le categorie a rischio, il ricorso alla vaccinazione dei bambini sani deve essere limitato al massimo, ricorrendo alla vaccinazione soltanto per quelli che frequentano una comunità (asilo nido o primo anno della scuola materna). È facilmente comprensibile che un allargamento eccessivo della vaccinazione ai soggetti sani verrebbe a scapito delle classi a rischio, per cui è già avvenuto che in qualche città il vaccino antinfluenzale sia venuto a mancare per quelli per i quali il vaccino può risultare un farmaco salvavita. Fortunatamente sembra che il vaccino sia di nuovo a disposizione della popolazione: ciò non toglie che le limitazioni d’uso per i soggetti sani non debbano continuare per tutta la stagione influenzale.
Qualcosa di simile è avvenuto per i farmaci contro
l’influenza: sia per lo zanamivir che per l’oseltamivir, non in commercio in
Italia ma reperibile fino a un mese fa in alcune farmacie. Sia l’uno che
l’altro sono assolutamente scomparsi dalle scansie delle farmacie da molte
settimane, per l’accaparramento che molte persone hanno fatto in previsione
della prossima pandemia. Questo accaparramento con molta probabilità avrà
come conseguenza solo quella di conservare il farmaco in qualche cassetto,
in mancanza di un suo uso razionale. Ma anche in questo caso la scomparsa
del prodotto può rappresentare un vero e proprio di rischio per chi
effettivamente ne avesse bisogno, perché portatore di una malattia che
favorisce le complicazioni dell’influenza.
L’intenzione del ministero della Salute di costituire scorte di questi
farmaci a livello regionale o centrale risulta quanto mai opportuna, per
essere pronti al loro uso nel caso si presentasse qualche caso di influenza
pandemica in una o in un’altra parte del nostro Paese. L’egoismo di pochi
viene una volta di più a danneggiare la popolazione nel suo complesso.