Una salutare battuta d’arresto
Giulio Andrea Tozzi – Ausl 3, Regione Liguria
La questione della certificazione sanitaria per l’avviamento al lavoro dei minori e al relativo parere espresso dal Consiglio di Stato è piuttosto complessa, perché riguarda sia aspetti generali (chi ha la responsabilità di fare le leggi su beni collettivi e primari quali la salute) che particolari (quali contenuti, e per quali obiettivi di salute si vogliono e si sanno elaborare in queste norme).
Non essendo medico ma chimico impegnato da anni nelle Asl per la sicurezza dei lavoratori, non mi occupo dell'annosa questione "minori e apprendisti". Una questione che è diventata, almeno nel contesto territoriale di riferimento della Asl 3 della Liguria, materia esclusiva di medici e infermieri, tradotta in priorità aziendale attraverso visite ambulatoriali, in risposta alle puntuali richieste dei cittadini in questo senso.
Il tema della tutela dei minori, però, non è certo limitato alle visite mediche ai "non esposti". Occorrerebbe probabilmente valutare l'impatto del lavoro su questa popolazione, l'efficacia della legislazione di tutela nella sua complessità, dell'intervento del sistema aziendale (datore di lavoro, medico competente, Rspp, Rls) e di quello del sistema di vigilanza (Dpl e Asl). Innanzitutto, occorrerebbe definire qual è la popolazione di riferimento e quali effetti riusciamo a vedere oggi e come li vorremmo monitorare in futuro.
Se da un lato ci sono i bambini e i minori di 18 anni, dall’altra parte è evidente l'abnorme espansione del concetto di apprendista, diventata comoda maschera per l'estensione del lavoro precario fino all’età adulta ben inoltrata. Inoltre, sappiamo tutti quali differenze sociali persistano nelle diverse realtà territoriali del nostro Paese. La Lombardia, che pure conosce anch’essa caporalato e lavoro nero, immigrazione ed emarginazione, presenta aspetti comunque diversi da altre regioni meno fortunate, non fosse altro che per quanto riguarda la diffusione e la qualità dei servizi sanitari e di controllo.
La condizione di lavoro e la salute sono strettamente
intrecciati, in modo particolare in queste tematiche. Forse però il nostro
modello istituzionale non è in grado di affrontare questi nodi, separato
come è tra amministrazioni diverse, incoerenti e frammentate. Non so se vi
sia in corso uno sforzo per costruire, su questo tema, una visione
d'assieme, per immaginare una politica e strumenti tecnici efficaci, con
priorità chiare e partecipazione di tutte le parti in causa alla sua
elaborazione. Ho il timore, anche se non sono un’autorità in materia, che
tutto si sia ridotto a valutare il costo del mantenere o meno alcune
pratiche, senza intaccare il quadro in cui esse si collocano. Che tutto,
insomma, si sia risolto nella ricerca di protagonismo di alcune
amministrazioni che, magari anche sulla base di perplessità sorte
sull’efficacia di queste prestazioni, in simili politiche di risparmio
vedono l'essenza della loro missione.
La battuta d'arresto del Consiglio di Stato mi sembra quindi salutare. Potrà
consentire di ripensare le modalità di elaborazione delle norme per dare ad
esse scientificità, applicabilità ed efficacia d’azione, e soprattutto di
costruire politiche di tutela collettiva discusse ampiamente e il più
possibile condivise.