Il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica

a cura dell'Istituto superiore di sanità

L’influenza aviaria nel mondo: i dati 2003-2010 di Eurosurveillance

Fonte: Eurosurveillance

(traduzione, adattamento e sintesi a cura della redazione di EpiCentro

revisione a cura di Caterina Rizzo - Epidemiologia delle malattie infettive, Cnesps - Iss)

 

 

16 settembre 2010 - Sebbene il numero complessivo di casi umani segnalati in tutto il mondo sia diminuito, il virus dell’influenza aviaria A/H5N1 continua a circolare intensamente in alcuni territori, in particolare Egitto e Indonesia, e non è prevista una riduzione della sua circolazione. L’articolo di Eurosurveillance “The influenza A(H5N1) epidemic at six and a half years: 500 notified human cases and more to come” presenta i dati epidemiologici sull’incidenza dell’influenza aviaria da virus A/H5N1, sia negli animali che nell’uomo, raccolti in tutto il mondo dall’Istituto francese de Veille Sanitarie, dal novembre 2003 al luglio 2010.

 

Situazione epizootica

Dall’inizio della raccolta dei dati (novembre 2003), 63 Paesi o territori in Asia, Africa ed Europa hanno segnalato all’Organizzazione mondiale per la sanità animale (Oie) infezioni da virus influenzale A/H5N1 in pollame e uccelli selvatici. Nel 2009, 9 Paesi hanno riportato focolai in pollame o sono stati considerati enzootici dall’Oie: Bangladesh, Cambogia, Cina (Tibet e Xinjiang), Egitto, India, Indonesia, Laos, Nepal e Vietnam. Al mese di luglio 2010 il virus circolava nei territori di 12 Paesi (Bangladesh, Bhutan, Cambogia, Egitto, India, Indonesia, Israele, Laos, Myanmar, Nepal, Romania e Vietnam). Nel 2010, sono stati segnalati casi negli uccelli selvatici dalle autorità di polizia sanitaria in Bulgaria, Cina (Tibet e Hong Kong), Mongolia e Russia (Repubblica di Tuva). In molti altri Paesi, in particolare dell’Africa sub-sahariana, si sospetta la trasmissione del virus A/H5N1 soprattutto tra gli animali da cortile, ma le carenze del sistema di sorveglianza epidemiologico non permettono di documentare questi dati.

 

Dal 2003, i casi di infezione da virus dell’influenza A/H5N1 sono stati documentati occasionalmente anche in mammiferi selvatici (come felini e furetti) o domestici (cani e gatti). Non è stata descritta alcuna trasmissione secondaria per gli esseri umani a seguito di contatti con animali diversi dal pollame o da uccelli selvatici. Gli uccelli acquatici selvatici costituiscono il serbatoio animale del virus e hanno episodicamente reintrodotto il virus influenzale A/H5N1 portando alla comparsa di focolai sporadici in allevamenti di pollame, nonostante i precedenti ed efficaci sforzi di eliminazione.

 

L’epidemia nell’uomo

Nei 6 anni e mezzo intercorsi dall’inizio della raccolta dei dati, sono stati segnalati globalmente 500 casi umani di A/H5N1, con 296 decessi (tasso di letalità – CFR - del 59%) notificati all’Oms in 15 Paesi.

 

Nei primi 6 mesi del 2010, sono stati notificati 32 casi umani confermati da 7 Paesi, di cui 14 decessi (CFR del 44%). Nello stesso periodo del 2009, erano stati notificati 41 casi umani confermati, di cui 12 decessi (CFR del 29%), in Cina, Egitto e Vietnam. Anche l’Indonesia aveva segnalato 18 casi nel corso dello stesso periodo, sebbene non siano disponibili i dati relativi ai decessi. Nel 2009, sono stati notificati da questi 4 Paesi più la Cambogia, 73 casi umani confermati, di cui 32 decessi (CFR del 44%).

 

Dal novembre 2003 al 2010, i casi umani sembrano seguire una tendenza generale alla riduzione e si sono verificati soprattutto durante il periodo che va da novembre ad aprile. In Indonesia, invece, i casi tendono a verificarsi durante tutto l’arco dell'anno. Dalla fine del 2003, la maggior parte (366 su 500; 73%) dei casi umani di influenza aviaria da virus A/H5N1 notificati si è verificato in Asia, in particolare in Indonesia, Cina e Vietnam. Dall'inizio dell'epidemia, l'Indonesia resta il Paese più colpito (33% dei casi e il 46% dei decessi notificati in tutto il mondo) con 21 casi umani, tra cui 19 decessi (CFR del 90%) nel 2009 e 4 casi di cui 3 decessi (CFR 75%) fino al 1 luglio 2010.

 

Il numero di casi si è ridotto in Asia, mentre è progressivamente aumentato nei Paesi del Vicino Oriente (Azerbaigian, Egitto, Iraq e Turchia). Tra novembre 2003 e dicembre 2005, il 100% dei casi segnalati si era verificato in Asia. Nel 2006 e nel 2007, la quota annuale di casi notificati dai Paesi asiatici è rimasta piuttosto stabile, 63% e 70% rispettivamente. Dal gennaio 2008 al 1 luglio 2010, 83 (56%) dei 149 casi segnalati si è verificato in Asia, i restanti 66 casi umani nel mondo sono stati notificati dall’Egitto. La proporzione di casi notificati dall’Egitto è aumentata costantemente, passando dal 18% dei casi mondiali nel 2008, al 53% nel 2009, al 59% dei casi segnalati in tutto il mondo per il 2010. Cambiamenti nell’emoagglutinina H5 hanno permesso la costruzione di un albero filogenetico con clade e sub-clade. I virus del clade 2.2.1 circolano nel pollame in Egitto, mentre quelli dei clade 2.3.2 e 2.3.4 circolano in Asia. Non vi sono evidenze scientifiche conclusive sulle differenze tra questi virus relativamente a virulenza e resistenza all’oseltamivir. I diversi esiti sulla salute delle persone infettate da questi virus sono riconducibili a tempestività, tipologia di gestione medica e trattamento farmacologico.

 

Cluster e trasmissione uomo-uomo

Dal 2003 ci sono stati almeno 40 eventi cluster per un totale di oltre 100 casi confermati in 12 Paesi: Azerbaijan, Cambogia, Cina, Egitto, Indonesia, Iraq, Laos, Nigeria, Pakistan, Tailandia, Turchia e Vietnam. Per la stragrande maggioranza, si sospetta o è documentata l’esposizione a pollame malato o morto, mentre in alcuni casi è molto probabile che si sia verificata una trasmissione da uomo a uomo. Nonostante la sua importanza rimanga dibattuta, gioca probabilmente un ruolo rilevante un certo grado di suscettibilità genetica (la maggior parte di questi cluster ha coinvolto persone con stretti legami familiari). La trasmissione da uomo a uomo si è verificata in seguito a contatti stretti e ripetuti con i casi e alla mancata osservazione delle precauzioni standard per prevenire l’infezione. Ad oggi, si tratta di casi limitati e non vi è stata una trasmissione di comunità sostenuta. I dati disponibili, in particolare quelli raccolti sugli eventi cluster, mostrano che finora il virus non ha mostrato alcun segno di “umanizzazione”, cioè la capacità di trasmettersi facilmente da uomo a uomo.

 

Nel complesso, a livello mondiale, dal 2003 non si è osservato un marcato miglioramento della situazione relativa all’influenza A/H5N1. La regolare reintroduzione del virus attraverso gli uccelli selvatici nei Paesi che ne hanno controllato i focolai (come Bulgaria, Romania, Turchia e Vietnam) sottolinea l'importanza di mantenere una adeguata sorveglianza e la capacità di risposta per le infezioni sia negli animali sia nell'uomo.

 

Leggi l’articolo originale di Eurosurveillance.