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Divieti di fumo: successo in Europa, nonostante i tentennamenti del Parlamento europeo

In Europa anche i Paesi che tradizionalmente sono stati più indulgenti riguardo al fumo stanno seguendo ora, con più o meno entusiasmo, le orme di quelli che hanno imposto divieti di fumo nei locali pubblici: Italia, Svezia, Malta, Irlanda, Scozia e Galles. Molti di loro però hanno inserito nelle loro leggi dei cavilli: gli attivisti sono preoccupati che avranno poca efficacia se il messaggio di fondo non è messo ben in chiaro già dall’inizio.

 

Quest’ambivalenza è evidente soprattutto a Bruxelles: da un lato, alla fine di gennaio, la Commissione Europea ha pubblicato una Carta Verde, lanciando una consultazione su come applicare nel modo migliore lo spirito della Framework Convention on Tobacco Control dell’Oms, un trattato che obbliga l’Unione Europea e i suoi Stati membri a proteggere i loro cittadini dal fumo passivo. D’altra parte, però, meno di due settimane dopo il Parlamento Europeo ha votato l’abolizione delle misure che vietavano il fumo nei suoi locali, accampando difficoltà nel far applicare la norma che era stata approvata da poco.

 

«La decisione del Parlamento Europeo va contro l’intero spirito della Carta Verde», attacca Fiona Godfrey, della European Respiratory Society, con sede a Bruxelles: «Quando vediamo membri del Parlamento Europeo agire in questo modo, ci sorge la preoccupazione che ogni proposta della Commissione Europea sarà affossata dal Parlamento». Secondo Fiona Godfrey ci sono segnali che le esitazioni a livello dell’Unione Europea stanno già scoraggiando gli Stati membri dall’intraprendere azioni forti. A febbraio, per esempio, la Bulgaria ha deciso di non applicare un divieto totale di fumo, preferendo invece divieti parziali nei luoghi pubblici.

 

Le leggi antifumo in Europa

Secondo alcune stime, il fumo passivo uccide 70 mila adulti ogni anno nell’Unione Europea, aumenta il rischio di cancro ai polmoni e malattie coronariche ed è stato classificato dall’Oms come cancerogeno. Nel 2006, in un’indagine dell’Eurobarometro l’80% degli intervistati si sono dichiarati in favore del divieto di fumo nei luoghi pubblici chiusi, il 61% per il divieto nei bar e il 77% nei ristoranti.

 

Nonostante lo scarso appoggio a livello europeo, ci sono stati dei successi consistenti fra i singoli Stati. Nel marzo 2005, un anno dopo che l’Irlanda aveva introdotto il divieto in tutti i locali chiusi, l’Irish Office of Tobacco Control ha riportato che la legge era osservata nel 95% dei casi. Gli italiani hanno sorpreso tutti (e anche se stessi) rispettando il divieto a larghissima maggioranza.

 

Secondo Amanda Sandford, portavoce del gruppo Action on Smoking and Health, la lezione che viene dai Paesi che hanno già introdotto divieti è che più i divieti vengono pubblicizzati, maggiori sono le probabilità di successo. Dopo l’entrata in vigore del divieto in Scozia nel 2006, gli agenti incaricati di farlo rispettare hanno trovato ben poco lavoro. La Scozia è stata seguita dal Galles e dall’Irlanda del Nord, e a luglio sarà la volta dell’Inghilterra. «Giudicando in base agli esempi di irlandesi e scozzesi, siamo molto fiduciosi che i divieti nel resto del Regno Unito saranno accolti senza problemi», sostiene Amanda Sandford. «All’inizio ci potranno essere delle sacche di resistenza, come i pub, ma col tempo svaniranno».

 

La Francia è stata uno dei primi Paesi in Europa a introdurre controlli antifumo nel 1992, ma il tentativo è considerato un fallimento, e la causa è che non era stato accompagnato da un’adeguata campagna informativa. Nel febbraio 2007 il fumo è stato vietato in tutti gli spazi pubblici in Francia, tranne i bar e i ristoranti, che hanno un anno di proroga. Nicolas Villain, del comitato nazionale francese antifumo, dichiara che, nonostante alcune difficoltà (legate soprattutto all’ignoranza da parte della polizia sulle nuove disposizioni), stavolta le gente sta seguendo la norma.

 

I tentativi della Germania sono stati ostacolati sia dalla struttura federale del Paese, sia dalla tendenza alla nicotina della popolazione. Alla fine il governo centrale e i 16 Länder che formano lo Stato hanno trovato un accordo su come spartirsi le responsabilità dettate dal trattato dell’Oms: il governo sarà responsabile degli edifici pubblici e dei trasporti, mentre i Länder dei bar e dei ristoranti. Il governo federale sembra optare per un divieto esteso, ma non è chiaro se i singoli Länder seguiranno questa politica. «C’è un ampio consenso sul fatto che i Länder porranno restrizioni», afferma Uwe Schäfer, del ministero della Salute, «ma ancora non sappiamo se sarà per legge o per un accordo volontario fra i Länder e le associazioni commerciali».

 

In Germania fuma un adulto su tre, una media relativamente alta per l’Europa occidentale, ma da alcune indagini risulta che anche le attitudini dei tedeschi stanno cambiando: il numero dei fumatori fra i ragazzi fra i 12 e i 17 anni è sceso dal 28% del 2001 al 20% del 2005, racconta Marita Völker-Albert, del Centro federale per l’educazione sanitaria. Secondo lei questo è dovuto in parte all’aumento delle tasse sul tabacco, e in parte al divieto imposto nelle scuole nel 2004.

 

La Spagna ha introdotto un divieto nel gennaio 2006, ma parziale: per esempio i bar con una superficie inferiore ai 100 metri quadrati possono decidere di non applicarlo. Nel dicembre dello stesso anno un’indagine ha dimostrato che l’8% di tutti quelli che fumavano all’inizio dell’ano avevano già smesso.

 

Pub e bar, gli effetti dei provvedimenti

Robert West, epidemiologo della Cancer Research UK Health Behaviour Unit dello University College London, ha monitorato i comportamenti in Inghilterra, e si aspetta, in base agli esempi di irlandesi e scozzesi, che fra il 20 e il 30% degli inglesi smetteranno di fumare come conseguenza diretta del divieto. «Il dubbio principale è se il governo sarà capace di pubblicizzare la legge: in termini di persone che smettono di fumare la pubblicità ha più effetto della legge stessa». I produttori di sigarette si aspettano invece che il divieto in Inghilterra comporterà un calo del consumo del 3-4%: secondo loro l’esperienza irlandese dimostra che i fumatori non smettono, ma piuttosto fumano, in media, una o due sigarette in meno al giorno.

 

Sia il Regno Unito sia l’Irlanda hanno una radicata cultura del pub, che tradizionalmente è associato all’uomo che fuma e beve. Secondo Gerard Hastings, direttore dell’Institute for Social Marketing and Centre for Tobacco Control alla Stirling University, in Scozia, l’interrogativo principale da un punto di vista economico è in che misura il divieto colpirà i pub: «dall’esperienza scozzese sembra che i pub non subiscano perdite, ma la configurazione dei gruppi di consumatori cambia». Per esempio, nei pub scozzesi che servono anche da mangiare sono aumentati i non fumatori che entrano per un drink prima o dopo cena, o anche per la cena stessa, mentre i fumatori rimangono meno a lungo, per andare a fumarsi una sigaretta altrove. Secondo un rapporto dell’Oms del 2006, le vendite dei bar in Irlanda hanno avuto un andamento negativo dal 2001, ma gli economisti sostengono che il divieto di fumo è solo uno dei fattori che hanno contribuito al calo, insieme ai prezzi alti e ai cambiamenti nelle abitudini di vita.

 

In generale, pochi si lamentano delle nuove regole. «Bisogna considerare che la maggior parte dei fumatori vorrebbe smettere», spiega Hastings. «Il loro atteggiamento verso il proprio vizio è ambivalente». Convincere i governi a mettere in atto i controlli è un processo lungo e lento, e dipende fondamentalmente dall’educazione pubblica. Ma dal momento che nessun politico serio oggi può negare l’evidenza che il fumo passivo è dannoso per la salute, l’Europa non può fare marcia indietro. Una volta che i controlli sono in atto, secondo Hastings, un ambiente senza fumo diventa la normalità, e i clienti di bar e ristoranti trovano le trasgressioni sempre più inaccettabili.

 

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