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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Aifa: via alla commercializzazione del vaccino contro il papillomavirus

Il 28 febbraio 2007 l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha deliberato la commercializzazione e le modalità di rimborso del vaccino per la prevenzione delle lesioni causate da papillomavirus umano (Hpv), tipi 6,11,16 e 18 – Gardasil®. Hpv 16 e 18 sono responsabili di circa il 70% dei casi di carcinoma della cervice uterina, che ancora oggi provoca ogni anno in Italia oltre 1000 decessi, mentre i tipi 6 e 11 causano circa il 90% dei condiloma anogenitali.

 

Il vaccino Gardasil® è stato classificato in classe H-RR, ovvero può essere somministrato gratuitamente dalle strutture pubbliche alla coorte di popolazione che maggiormente ne può beneficiare (ragazze dodicenni). Il vaccino, al di fuori delle vaccinazioni programmate per coorti, sarà comunque disponibile a pagamento in farmacia previa prescrizione del medico, ed è indicato per le donne di età 13-26 anni che non hanno ancora contratto l’infezione.

 

La decisione dell’Aifa fa dell’Italia il primo Paese europeo ad adottare una strategia vaccinale pubblica contro il virus Hpv ed è in linea con i pareri scientifici già formulati dalla Commissione tecnica Aifa e dal Consiglio superiore di sanità, che avevano ravvisato l’opportunità di vaccinare gratuitamente tutte le ragazze al compimento del 12° anno di età. Un’indicazione, questa, che ha trovato il consenso delle Regioni e che consentirà di avviare questa importante iniziativa di sanità pubblica in tutta Italia. Circa 280.000 dodicenni saranno chiamate quindi a una vaccinazione con una dose iniziale e due richiami a distanza, rispettivamente, di due e sei mesi dalla prima dose. La spesa prevista a carico del Servizio Sanitario Nazionale è di circa 75 milioni di euro l’anno.

 

Le evidenze scientifiche disponibili indicano che il vaccino è sicuro, ben tollerato ed altamente efficace nella prevenzione delle lesioni precancerose della cervice uterina causate dai tipi 16 e 18. Con quest’iniziativa si completa così l’offerta dei servizi di prevenzione del Servizio sanitario nazionale contro il carcinoma della cervice uterina, che già oggi prevede appositi programmi di screening periodico per le donne tra i 25 e i 64 anni, attraverso l’esecuzione di un Pap test ogni 3 anni.

 

La necessità di sforzi ulteriori per riequilibrare i livelli di diffusione di questi programmi di screening tra le varie Regioni italiane ha trovato particolare attenzione nella Legge finanziaria 2007 che, all’articolo 808, prevede la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2007 e di 36 milioni di euro per il biennio 2008-2009, proprio per incrementare e promuovere gli screening femminili, soprattutto nel Sud Italia.

 

Il parere del Consiglio Superiore di Sanità

Sulla base delle evidenze attualmente disponibili, il Consiglio superiore di sanità ritiene che la strategia vaccinale di più sicuro impatto per la prevenzione delle infezioni da Hpv è quella che interviene nella fase pre-adolescenziale (9-12 anni). Infatti, la somministrazione del vaccino prima dell’inizio dei rapporti sessuali è vantaggiosa perché induce una protezione elevata prima di un eventuale contagio con Hpv.

 

In particolare, il 12° anno di vita si configura come l'età ideale per diversi motivi:

  • frequenza delle prime due classi della scuola secondaria: in questo contesto ragazze e
    genitori possono essere informati adeguatamente sull'infezione e sulla vaccinazione
  • possibilità di recuperare nella terza classe della scuola secondaria le dosi mancanti del
    ciclo vaccinale e di riproporre l'immunizzazione in caso di mancata adesione
  • sussistenza a questa età dell’influenza dei genitori nelle scelte
  • possibilità di inserire la vaccinazione nella stessa fase di vita in cui sono previste tutte le altre vaccinazioni previste dal calendario nazionale. Questo consentirebbe di configurare la vaccinazione anti-Hpv come intervento di normale prevenzione immunitaria
  • recente positiva esperienza del programma di vaccinazione contro l’epatite B nella pre-adolescenza, con possibilità di utilizzare la rete di rapporti e le procedure organizzative già usate tra il 1991 e il 2003 dai servizi vaccinali.

L'ulteriore sviluppo della strategia vaccinale dovrebbe poi prevedere una successiva estensione a una seconda coorte di donne di 25 o 26 anni di età, già oggetto di chiamata attiva per l'esecuzione dello screening. Per questa seconda coorte, il programma di screening e di vaccinazione sarebbero quindi presenti insieme, a sottolineare la complementarietà dei due strumenti per una prevenzione efficace del carcinoma del collo dell’utero. Infine, qualora le risorse disponibili lo consentissero, la strategia vaccinale potrebbe essere estesa a una terza coorte, da individuare in un’età compresa tra 13-26 anni.

 

Per il Consiglio superiore di sanità, è doveroso porre l'accento sull'efficacia della strategia combinata vaccinazione-screening, raccomandando alle donne vaccinate di sottoporsi a screening, seguendo le linee guida di riferimento per le non vaccinate. Infatti, la protezione esplicata dalla vaccinazione è limitata ai tipi di Hpv contenuti nel vaccino, responsabili della maggior parte ma non della totalità dei casi di cancro della cervice uterina. Le donne vaccinate quindi, continuano a essere esposte al rischio di sviluppare lesioni causate da altri tipi di Hpv ad alto rischio oncogeno.

 

Lo screening citologico e i relativi interventi hanno ridotto l'incidenza del cancro cervicale fino al 60% in alcune popolazioni nelle quali lo screening è intensamente praticato. Studi condotti sul rapporto costo-efficacia sembrano indicare che l’approccio più vantaggioso in questo senso sia la vaccinazione effettuata a 12 anni di età e gli screening citologici triennali, a partire dai 25 anni.

 

Qualsiasi strategia dovrebbe essere comunque accompagnata da azioni di arruolamento attivo, che comprendano interventi capillari di informazione e comunicazione (su vaccinazione, prevenzione del carcinoma del collo dell’utero, programmi di screening e attività sessuale) rivolti ai soggetti target della campagna e alle loro famiglie. Condizione preliminare per raggiungere un'elevata copertura vaccinale è infatti realizzare un'adeguata informazione della popolazione, parallelamente alla formazione del personale sanitario coinvolto. Il Consiglio superiore di sanità raccomanda perciò di organizzare momenti conoscitivi e di promozione dell'immunizzazione in ambito scolastico, lavorativo e consultoriale, e di programmazione dell’accesso alla vaccinazione presso i servizi territoriali.

 

Leggi l’intero parere del Consiglio superiore di sanità (pdf 360 kb) e scarica il decreto Aifa pubblicato in Gazzetta Ufficiale (pdf 32 kb).

 

(revisione a cura di Antonietta Filia – reparto Epidemiologia delle malattie infettive, Cnesps - Iss)