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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Informazioni generali



L’influenza è un problema di sanità pubblica con un considerevole impatto dal punto di vista epidemiologico, clinico ed economico. Ciò è riconducibile a più fattori: l’ubiquità e la contagiosità della malattia, la variabilità antigenica dei virus, l’andamento epidemico (e periodicamente pandemico) e stagionale, la possibilità di complicanze gravi in alcune categorie di soggetti (bambini, anziani, persone con comorbidità e malattie croniche), i costi di gestione in caso di complicanze e i costi sociali (giorni lavorativi persi, perdita di produttività, ecc).

 

L’influenza è una malattia respiratoria acuta causata da virus influenzali. È una malattia stagionale che, nell’emisfero occidentale, si presenta durante il periodo invernale. Il primo isolamento nell’uomo risale al 1933 in Inghilterra (ma in precedenza erano già stati isolati virus influenzali sia nei polli che nei suini). Da allora, ne sono stati identificati quattro tipi differenti, tutti appartenenti alla famiglia Orthomixoviridae: i tipi A e i B, responsabili della sintomatologia influenzale classica; il tipo C, di scarsa rilevanza clinica (generalmente asintomatico); il tipo D, la cui possibilità di infettare l’uomo non è ancora chiara. I virus dell’influenza A sono ulteriormente suddivisi in sottotipi sulla base di differenze molecolari nelle due glicoproteine di superficie emoagglutinina (HA) e neuraminidasi (NA).

 

Alla base dell’epidemiologia dell’influenza vi è la marcata tendenza dei virus influenzali a mutare, cioè presentare variazioni antigeniche nelle due glicoproteine HA e NA che permettono loro di eludere la risposta immunitaria dell’ospite dovuta a precedenti infezioni e trova quindi gran parte della popolazione immunologicamente suscettibile e può quindi diffondersi ampiamente e rapidamente.

 

Di queste variazioni molecolari va tenuto conto nella preparazione dei vaccini, la cui composizione deve essere aggiornata tutti gli anni ed in questo le attività di sorveglianza sono fondamentali per selezionare i ceppi specifici da inserire sulla base del grado di differenza epidemiologica e sierologica rispetto a ciò che ha circolato nelle stagioni precedenti.

 

Le pandemie si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili e in questo secolo sono avvenute nel 1918 (Spagnola, sottotipo H1N1 responsabile di almeno 20 milioni di decessi), nel 1957 (Asiatica, sottotipo H2N2), nel 1968 (Hong Kong, sottotipo H3N2). L’ultima pandemia influenzale, dovuta al virus A(H1N1)pdm09 si è verificata nel 2009. Consulta la pagina dedicata. È comunque importante sottolineare che la comparsa di un ceppo con proteine di superficie radicalmente nuove, quindi di un virus influenzale completamente diverso da quelli precedentemente circolanti, non è di per sé sufficiente per il verificarsi di una pandemia. Occorre anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a uomo in modo efficace. E i virus di sottotipo H5N1 isolati da vari individui ad Hong Kong nel 1997 non possedevano, fortunatamente, questa caratteristica. Un evento simile si è avuto nel 1999, quando due bambini, sempre di Hong Kong risultarono affetti da influenza causata dal virus sottotipo A(H9N2), solitamente infettivo sugli uccelli. Anche in questo caso, però, il virus non si è trasmesso ad altri individui e nessun nuovo caso è stato segnalato dopo l’aprile 1999.

 

Le peculiari caratteristiche dell’influenza, rendono fondamentali le attività di sorveglianza. In particolare, è importante individuare l’inizio, la durata e intensità dell'epidemia stagionale e la distribuzione geografica utilizzando la stima dell’incidenza delle sindromi simil-influenzali (ILI, Influenza Like Illness) e attraverso l’identificazione precoce dei ceppi virali circolanti.

 

Modalità di trasmissione

I virus influenzali si trasmettono prevalentemente per via aerea e si diffondono molto facilmente attraverso le goccioline di saliva che il malato produce tossendo, starnutendo o semplicemente parlando, soprattutto negli ambienti affollati e chiusi. La trasmissione avviene anche per contatto diretto con persone infette (ad esempio attraverso le mani contaminate sugli occhi, sul naso o sulla bocca) o attraverso utensili o oggetti, dato che il virus dell’influenza può persistere molto a lungo e penetrare nell’organismo attraverso le mucose.

 

Le persone infette, sono contagiose da un giorno o due prima che i sintomi compaiono, fino a circa cinque giorni dopo l’inizio della sintomatologia, talvolta fino a 10 giorni dopo. Questo significa che il virus può essere trasmesso anche da persone apparentemente sane. I bambini e le persone con sistema immunitario indebolito, possono essere contagiosi per un tempo ancora più lungo.

 

Incidenza

La frequenza con cui insorgono casi di influenza, pur essendo assai diverso da stagione a stagione, si aggira mediamente intorno al 9% (range: 4-15%) della popolazione generale, ogni anno, mentre nella fascia d’età 0–14 anni, che è quella più colpita, l’incidenza, mediamente, è pari a circa il 26% (12-40%).

 

Sintomi

L’influenza è contraddistinta da un repentino manifestarsi di sintomi generali e respiratori, dopo un’incubazione in genere abbastanza breve (circa 1-2 giorni) e che durano solitamente per 3-4 giorni, potendo tuttavia prolungarsi per una/due settimane: febbre, che si manifesta bruscamente, accompagnata da brividi, dolori ossei e muscolari, mal di testa, grave malessere generale, astenia, mialgia, mal di gola, raffreddore, tosse non catarrale e congiuntivite.

 

La vera sindrome influenzale è caratterizzata dalla febbre, da sintomi delle vie respiratorie, che sono sempre interessate, e da manifestazioni generali, a carico dell’intero organismo. In particolare la febbre si presenta improvvisamente ed è in genere alta superiore ai 38°C, nei bambini con puntate anche fino a 39-40°C, accompagnata da tosse (di solito secca), dolori ossei e muscolari diffusi, mal di testa, grave malessere (spossatezza), mal di gola e naso che cola. La tosse può essere grave e molto fastidiosa, può durare 2 o più settimane. Possono essere presenti altri sintomi come fotofobia (eccessiva sensibilità e intolleranza alla luce) e inappetenza. Non sono comuni sintomi a carico del tratto gastrointestinale, quali nausea, vomito, diarrea, poiché di solito sono provocati da virus simil-influenzali, ma possono presentarsi soprattutto nei bambini.

 

La diagnosi di influenza si basa comunemente sui sintomi clinici ma la certezza può essere raggiunta solo con l’isolamento del virus influenzale che, però, non viene effettuata se non nell’ambito di studi scientifici.

 

Complicanze

La maggior parte delle persone guarisce entro una settimana senza richiedere cure mediche e nel soggetto sano l’influenza raramente dà luogo a complicazioni. Tuttavia in alcuni casi possono verificarsi complicanze gravi o la morte nelle persone ad alto rischio, fra cui: donne in gravidanza, bambini fra i 6 mesi e i 5 anni, anziani, pazienti con malattie croniche o sottoposti a terapie che indeboliscono il sistema immunitario, obesi gravi, personale sanitario.

 

La complicanza più comune è la sovrapposizione di un’infezione batterica a carico dell’apparato respiratorio (che può quindi portare a bronchite, ed aggravarsi fino a sviluppare una polmonite) e dell’orecchio (otite, sinusite, soprattutto nei bambini), ma anche complicanze a carico dell’apparato cardiovascolare (miocardite) e del sistema nervoso, oltre che l’aggravamento di malattie preesistenti. Più della metà dei casi complicati si registrano nei soggetti di età superiore ai 65 anni.

 

Nelle persone con diabete, l’influenza può influenzare i livelli di zucchero nel sangue, causando potenzialmente iperglicemia o, nelle persone con diabete di tipo 1, chetoacidosi diabetica.

 

Nel caso in cui si contragga durante la gravidanza, può insorgere un travaglio prematuro (prima della 37° settimana di gravidanza), o un basso peso alla nascita del bambino. Occasionalmente può causare aborto spontaneo o parto prematuro.

 

Complicazioni meno comuni dell’influenza includono: tonsillite, otite, sinusite, convulsioni (nel bambino con febbre alta), meningite, encefalite.

 

Prevenzione

Vaccinarsi è il modo migliore di prevenire e combattere l’influenza, sia perché aumenta notevolmente la probabilità di non contrarre la malattia sia perché, in caso di sviluppo di sintomi influenzali, questi sono molto meno gravi e, generalmente, non seguiti da ulteriori complicanze. Inoltre, la vaccinazione antinfluenzale rappresenta un’importante misura di protezione non solo per sé stessi ma anche per chi ci sta intorno, riduce la probabilità di complicanze e riduce il carico dell’assistenza sanitaria (pronto soccorso, ambulatori medici), nei periodi di maggiore affluenza.

 

Il vaccino antinfluenzale è indicato per la protezione di tutti i soggetti che non abbiamo specifiche controindicazioni alla sua somministrazione. In particolare, la vaccinazione è fortemente raccomandata ed effettuata gratuitamente dal medico curante o dal centro vaccinale della Asl: alle persone di età pari o superiore a 65 anni e a coloro che sono in stretto contatto con anziani, a tutte le persone a rischio di complicazioni che hanno patologie croniche, le donne al secondo e terzo trimestre di gravidanza e il personale sanitario. Il periodo più indicato per vaccinarsi va da metà ottobre a fine dicembre. L’immunità indotta dal vaccino inizia circa due settimane dopo la somministrazione e declina nell’arco di 6-8 mesi e, quindi, si potrebbe rischiare di essere solo parzialmente protetti nel periodo più rischioso (ottobre-febbraio). Per questi motivi e anche perché i virus influenzali possono variare da stagione a stagione, è necessario vaccinarsi ad ogni inizio di stagione influenzale.

 

La somministrazione è per via intramuscolare nel muscolo deltoide (braccio), per tutti i soggetti di età superiore a 2 anni mentre, per i più piccoli è consigliato il muscolo antero-laterale della coscia. Una sola dose di vaccino antinfluenzale è sufficiente per i soggetti di tutte le età, con esclusione dell’età infantile. Infatti, per i bambini al di sotto dei 9 anni di età, mai vaccinati in precedenza, si raccomandano due dosi di vaccino antinfluenzale stagionale, da somministrare a distanza di almeno quattro settimane.

 

Terapia

Le persone in forma e sane, di solito non hanno necessità di consultare un medico nel caso in cui contraggano l’influenza o abbiamo sintomi simil-influenzali. Il miglior rimedio è il riposo a casa, stare al caldo e bere molta acqua per evitare la disidratazione. Si può assumerne se necessario, paracetamolo o ibuprofene per abbassare la temperatura se la febbre è elevata e alleviare i dolori; astenersi dal lavoro o da scuola fino alla guarigione che per la maggior parte delle persone, richiede circa una settimana.

 

Se sono invece presenti condizioni di rischio, o altre situazioni di fragilità, va presa in considerazione una visita dal medico di famiglia. In particolare nel caso di: soggetti di 65 anni di età o oltre, donne incinte, presenza di malattie croniche, indebolimento del sistema immunitario - per esempio, per chemioterapia, se si sviluppa dolore al petto, mancanza di respiro o difficoltà di respirazione, o tosse con sangue, peggioramento del quadro clinico dopo una settimana. In queste situazioni, potrebbe essere necessaria una terapia farmacologica per attenuare i sintomi e aiutare a recuperare più rapidamente.

 

Esistono due classi di farmaci antivirali impiegabili nell’influenza: gli inibitori della neuraminidasi (oseltamivir -Tamiflu e zanamivir -Relenza) e gli inibitori della proteina virale M2 (amantadina e rimantadina). L’impiego degli antivirali è stato oggetto di un vivace dibattito e, attualmente, le indicazioni espresse dalle linee guida dell’Oms e dell’Ecdc concordano nel limitarlo a casi selezionati. L’uso di routine non è appropriato, data l’irrilevanza degli esiti (riduzione statisticamente significativa ma non clinicamente significativa del decorso: diminuzione di circa un giorno della febbre negli adulti e di circa mezza giornata nei bambini), a fronte della possibilità di eventi avversi (nausea, vomito, disturbi neuropsichiatrici, alterazioni della funzione renale), oltre che di fenomeni di resistenza. In ogni modo devono essere somministrati precocemente (al massimo entro 48 dall’insorgenza dei sintomi).

 

Ultimo aggiornamento della pagina: 25 ottobre 2018

Revisione a cura di: Revisione a cura di Valeria Alfonsi e Antonino Bella – Dipartimento Malattie infettive-Iss