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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Informazioni generali

La malattia da virus Marburg (MVD), precedentemente nota come febbre emorragica di Marburg, è una grave malattia virale causata dal Marburg marburgvirus (MARV) appartenente alla stessa famiglia del virus Ebola, le Filoviridae. Sebbene i virus Marburg e Ebola siano due virus distinti, causano malattie clinicamente molto simili e con simili tassi di letalità. La MVD colpisce sia gli umani che i primati non umani.

 

Il virus di Marburg fu descritto la prima volta nel 1967 a seguito di due epidemie di febbre emorragica avvenute contemporaneamente in alcuni laboratori a Francoforte e a Marburg (in Germania), e a Belgrado in Serbia (ex-Yugoslavia). Ci furono 31 infezioni con 7 morti.

 

Da allora, nel corso degli anni si sono registrati sporadici focolai locali in diversi stati dell’Africa subsahariana o in viaggiatori al rientro da questi Paesi. Maggiori dettagli riguardo l’epidemiologia sono riportati nella pagina dedicata.

 

Sintomi e decorso clinico

Il periodo di incubazione generalmente ha una durata di 5- 10 giorni, ma sono anche stati osservati periodi dai 2 ai 21 giorni. L’esordio della malattia è improvviso con sintomi e segni non specifici come febbre alta (39-40 °C), grave cefalea, brividi, malessere e dolori muscolari. A distanza di tre giorni dall’esordio possono comparire crampi e dolori addominali, nausea, vomito e diarrea che può durare anche per una settimana. Dal quinto al settimo giorno possono apparire un rash maculopapulare e il quadro clinico può aggravarsi con la comparsa di manifestazioni della febbre emorragica quali petecchie, emorragie mucosali e gastrointestinali, e sanguinamento dai siti di prelievo venoso. Successivamente possono manifestarsi anche sintomi e segni neurologici (disorientamento, agitazione, convulsioni e stato comatoso). Entro una settimana dall’esordio della malattia possono comparire coagulazione intravascolare disseminata, linfocitopenia e trombocitopenia.

 

Il tasso di letalità è intorno al 50%, ma può variare (range 24-88%) in base alla gestione terapeutica del caso e dal ceppo virale. Il trattamento precoce può infatti migliorare significativamente le possibilità di sopravvivenza. Nei casi letali il decesso avviene tra gli 8 e i 16 giorni dall’esordio ed è attribuibile alla disidratazione, emorragie interne e insufficienza multiorgano.

 

Trasmissione

La maggior parte dei focolai di malattia da virus Marburg è associata alla frequentazione umana di ambienti popolati da pipistrelli come caverne e miniere, suggerendo un ruolo chiave da parte dell’animale nella trasmissione del virus. In particolare nel 2007 l’isolamento del virus in pipistrelli della specie R. aegyptiacus ha dato prova che questa specie ne costituisca uno dei principali reservoir naturali. Le dinamiche di mantenimento del virus nella popolazione reservoir non sono ancora note e non è chiaro come avvenga il passaggio all’uomo.

 

La trasmissione interumana avviene tramite il contatto diretto (ad esempio attraverso la pelle lesa o le mucose degli occhi, del naso o della bocca) con sangue o altri fluidi corporei (urina, saliva, feci, vomito, sperma) di un soggetto infetto o tramite contatto indiretto con superfici o oggetti contaminati come vestiti, lenzuola o attrezzature mediche.

 

Il rischio di trasmissione è più elevato durante le ultime fasi della malattia, in presenza di vomito, diarrea o emorragie. Il rischio di trasmissione durante il periodo di incubazione è trascurabile.

 

Per quanto riguarda la persistenza del virus di Marburg nei fluidi corporei, i dati sono limitati. Tuttavia, poiché questo virus appartiene alla stessa famiglia di quello responsabile della malattia Ebola, si può presumere che la persistenza del virus nei fluidi corporei possa essere simile. Ci sono evidenze che il virus di Marburg possa persistere in alcuni fluidi corporei, incluso lo sperma, anche dopo la fase acuta della malattia.

 

Nell’ambiente, i filovirus possono resistere in liquidi o sulle superfici per molti giorni. Sono inattivati da radiazioni gamma, riscaldamento a 60°C per circa un’ora o ebollizione per 5 minuti. Sono inoltre sensibili a diversi disinfettanti.

 

Il contatto con animali infetti, vivi o morti, o il consumo di carni di animali selvatici sono altre possibili vie di contagio.

 

Diagnosi

La diagnosi clinica della malattia può essere difficile in quanto molti dei segni e sintomi di MVD sono simili a quelli di altre malattie infettive quali malaria, febbre tifoide, dengue e altre febbri emorragiche (Ebola e febbre di Lassa).

 

Per confermare il sospetto clinico possono essere condotte diverse indagini di laboratorio a seconda della fase di malattia.

 

L’isolamento del virus rappresenta uno dei metodi più attendibili ma non viene utilizzato di routine a causa del limitato numero di laboratori ad alto biocontenimento in grado di eseguirlo.

 

I test molecolari (RT-PCR) si sono dimostrati una valida alternativa sensibile, specifica ed efficace nella diagnosi di MVD.

 

Nelle prime fasi della malattia, poiché sono presenti alti titoli virali nel sangue è possibile fare diagnosi ricercando gli antigeni.

 

Le metodiche sierologiche come ELISA e IFA sono indagini molto utili nella diagnosi. Il riscontro di IgM per virus di Marburg indica una recente infezione e può essere riscontrato già a 2-4 giorni dall’esordio dei sintomi. Le IgG vengono rilevate dopo 8-10 giorni e possono persistere fino a 2 anni dalla malattia. Nonostante la sierologia possa essere utile per la conferma di un caso bisogna tenere a mente che il mancato reperto sierologico non permette l’esclusione di malattia in quanto spesso succede che i soggetti infettati da un filovirus muoiano prima dello sviluppo di una risposta immunitaria umorale. È fondamentale prestare massima attenzione nella manipolazione dei campioni.

 

Prevenzione e trattamento

In caso di focolaio di MVD, l’obiettivo principale è quello di interrompere la trasmissione interumana. Punti chiave della strategia di controllo della diffusione del virus sono l’identificazione precoce dei casi e il loro rapido e sistematico isolamento, il puntuale tracciamento dei contatti, l’utilizzo di adeguati dispositivi di protezione individuale, riti di sepoltura condotti in sicurezza e un’adeguata comunicazione per migliorare la consapevolezza della popolazione sui fattori di rischio di infezione e delle misure preventive. Queste strategie si sono dimostrate efficaci nel controllo di precedenti focolai di Ebola e malattia di Marburg.

 

In caso di viaggi nell’Africa subsahariana è raccomandabile evitare ambienti come grotte o miniere, in cui potrebbero essere presenti pipistrelli.

 

Attualmente non sono disponibili trattamenti antivirali specifici né vaccini per la prevenzione di MVD. Il trattamento consiste in una terapia di supporto con mantenimento dell’idratazione e degli elettroliti, trasfusioni ematiche e ossigenoterapia.

Data di ultimo aggiornamento: 12 luglio 2022

Revisione a cura di: Antonietta Filia e Giacomo Facchin - Dipartimento Malattie infettive, ISS