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Oms: nuove opportunità per i neonati in Africa

(traduzione e sintesi a cura della redazione di EpiCentro)

 

L’Africa subsahariana è tuttora la regione più pericolosa al mondo in cui nascere: 1,16 milioni di bambini non sopravvivono più di 28 giorni. Ma sei Paesi africani a basso reddito (Burkina Faso, Eritrea, Madagascar, Malawi, Uganda e Tanzania) hanno compiuto progressi significativi nella riduzione del tasso di mortalità tra i neonati.

 

Un nuovo rapporto, “Opportunities for Africa’s newborns” (Opportunità per i neonati africani), contiene dati e analisi forniti da sessanta autori e nove organizzazioni internazionali dalla Partnership per la salute di mamme, neonati e bambini (Pmnch), un network che rappresenta Paesi in via di sviluppo e donatori, agenzie non governative, fondazioni e organizzazioni multilaterali, tra cui l’Organizzazione mondiale della sanità.

 

“Dall’Africa arrivano buone notizie”, secondo Joy Lawn, il medico che ha redatto il rapporto e lavora in Africa per Saving Newborn Lives/Save the Children-US. “È vero che nella sopravvivenza dei bambini africani ci sono stati scarsissimi miglioramenti dagli anni Ottanta, ma nel 2006 vari stati africani hanno registrato una importante riduzione nel rischio di mortalità infantile, e questo fa sperare di riuscire a fare progressi più rapidi per salvare i bambini africani”.

 

Non sono stati ottenuti progressi misurabili nella riduzione dei tassi di mortalità tra neonati durante il primo mese di vita in Africa a livello regionale; d’altra parte, però, si nota una svolta nei sei Paesi esaminati nel rapporto, con una riduzione media del 29% negli ultimi dieci anni. La riduzione in questo caso varia dal 20% in Tanzania e Malati al 39% in Burkina Faso e al 47% in Eritrea. Tra i fattori responsabili di questo progresso identificati dagli autori si possono citare per esempio i seguenti:

  • in Malawi ci sono un impegno a livello presidenziale per la salute di mamme di neonati e bambini, e un aumento degli investimenti dei partner per far fronte alla carenza di risorse umane
  • in Tanzania si è registrata una riduzione del 30% nella mortalità infantile e del 20% nei decessi tra bambini negli ultimi cinque anni. Esistono priorità sanitarie stabilite dai responsabili a livello locale sulla base dei decessi in ciascuna zona, con un aumento della spesa governativa per l’assistenza sanitaria essenziale a madri e bambini
  • in Uganda si stila ogni anno una classifica dei servizi sanitari locali, pubblicata nel giornale nazionale
  • in Eritrea sono stati fatti significativi progressi negli ultimi vent’anni per la riduzione della mortalità infantile e neonatale, con una riduzione media di circa il 4% all’anno durante l’ultimo decennio, soprattutto mediante un’elevata copertura tramite servizi sanitari di base, compresi quelli agli indigenti
  • in Burkina Faso si garantisce che le donne povere non debbano pagare il costo esorbitante di un taglio cesareo d’emergenza, spesso superiore al reddito medio annuale di una famiglia.

Fino a mezzo milione di bambini africani sopravvive meno di un giorno. Per lo più questi decessi avvengono a casa e non sono registrati. Secondo il rapporto, la Liberia ha il tasso di mortalità neonatale più elevato con 66 decessi su 1000 nascite, rispetto a meno di 2 decessi su 1000 nascite in Giappone e 6 decessi su 1000 nascite in Lettonia. Metà dei decessi tra i neonati africani è in soli cinque Paesi: Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Tanzania e Uganda. Solo in Nigeria muoiono più di 255.000 neonati l’anno.

 

“La salute dei neonati sembra essere caduta nel dimenticatoio: sono i bambini perduti dell’Africa, senza nome e non censiti”, ricorda Francisco Songane, direttore della Partnership. “Dobbiamo tenere conto dei decessi tra neonati invece che accettarli come inevitabili. Il progresso di questi sei paesi africani dimostra che anche i paesi più poveri del mondo possono prendersi cura dei neonati, i loro cittadini più vulnerabili. La strada è stata spianata, e noi dobbiamo cogliere l’opportunità”.

 

Il presidente del Parlamento Panafricano, Gertrude Mongella, sta portando avanti un’azione per la salute di madri, neonati e bambini attraverso l’Unione Africana e il Parlamento Panafricano a Johannesburg. “Garantire a ogni donna, bambino e neonato in Africa le cure essenziali dipenderà da noi, utenti di questa pubblicazione. Tutti abbiamo un ruolo, come responsabili politici, nell’assicurare interventi essenziali e uguaglianza, come partner e donatori nel sostenere i programmi”, ha concluso Mongella.

 

Gli autori sottolineano che molte opportunità di salvare vite di neonati con i programmi esistenti vengono sprecate. Per esempio, due terzi delle donne in Africa riceve assistenza prima del parto, ma solo il 10% riceve trattamenti preventivi per la malaria, e solo l’1% delle madri sieropositive riceve il trattamento consigliato per prevenire la trasmissione dell’Aids da madre a figlio.

 

Secondo il rapporto, due terzi dei neonati che muoiono nell’Africa subsahariana (fino a 800.000 l’anno) potrebbe essere salvato, se il 90% delle donne fosse sottoposto a interventi sanitari fattibili a basso costo. Tra questi figurano la vaccinazione delle donne contro il tetano, un’assistenza qualificata al momento del parto, il trattamento tempestivo delle infezioni nei neonati e l’informazione alle mamme sull’igiene dei neonati, su come tenerli al caldo e allattarli al seno. Per salvare queste vite basterebbero 1,39 dollari pro capite, pari a 1 miliardo di dollari all’anno. Secondo il rapporto questa spesa contribuirebbe ad alleviare altri problemi, in particolare quello del milione di nati morti e delle 250.000 madri che muoiono ogni anno.

 

Leggi il comunicato e scarica il rapporto.