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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Il trattamento farmacologico della depressione: alla ricerca dell’appropriatezza

La depressione è una malattia a forte valenza socio-sanitaria con ricadute importanti in termini di costi diretti sul Servizio sanitario nazionale (Ssn) e indiretti sull’intera società. La profonda crisi economica che stiamo affrontando in questi anni, determinerà probabilmente un incremento del fenomeno della depressione in maniera trasversale in tutti gli strati sociali e, secondo l’Oms, nei prossimi anni la depressione costituirà la seconda causa di disabilità nella popolazione adulta dopo le malattie cardiovascolari. In Italia, lo studio epidemiologico europeo sulla prevalenza dei disturbi mentali Esemed ha stimato che circa il 10% della popolazione adulta ha avuto almeno un episodio di depressione maggiore nel corso della vita.

 

Attraverso i dati disponibili grazie ai sistemi di monitoraggio delle prescrizioni è possibile stimare l’utilizzo dei farmaci nella popolazione, ad esempio dalle informazioni della Regione Umbria si rileva che, nel 2010, l’8% della popolazione generale ha ricevuto almeno una prescrizione di farmaci antidepressivi (leggi il rapporto Istisan “Prescrizione farmaceutica in Umbria. Analisi dei dati relativi al 2010”, con una maggiore prevalenza nelle donne (circa il doppio rispetto agli uomini) e nelle classi d’età più anziane dove si raggiunge circa il 20%. Vedi figura 1. È utile ricordare che i farmaci antidepressivi sono utilizzati anche per il trattamento dei disturbi neurotici, del disturbo ossessivo-compulsivo, degli attacchi di panico, degli stati d’ansia, dei disordini dell’alimentazione e delle sindromi premestruali. I dati della Regione Umbria indicano anche che nel periodo 2003-2011 la prevalenza d’uso di questi medicinali è aumentata dal 6,4% all’8%.

 

 

Figura 1. Andamento della prevalenza d’uso e delle dosi di antidepressivi, per classi di età e sesso (Umbria, 2010)

 

La situazione in Italia

A livello nazionale, secondo il rapporto OsMed pubblicato a luglio 2012 “L’uso dei Farmaci in Italia. Rapporto nazionale anno 2011” (pdf 3,3 Mb), nel periodo compreso dal 2000 al 2011, le dosi prescritte e distribuite di antidepressivi sono aumentate del 340%. Questo incremento può dipendere da diversi fattori come per esempio: l’abolizione, nel 2001, della nota Aifa 80 limitativa della rimborsabilità di questi farmaci; l’allargamento delle indicazioni registrate degli antidepressivi; l’aumentata prevalenza di depressione, ansia e attacchi di panico nella popolazione; la maggiore attenzione della medicina generale e specialistica a questi disturbi.

 

Gli inibitori selettivi della ricapitazione della serotonina rappresentano la categoria di antidepressivi a maggior prescrizione raggiungendo nel 2011 la quota del 76% del totale.

A livello regionale si rileva un forte gradiente Nord-Sud nella prescrizione territoriale dei farmaci antidepressivi: nel 2011 il valore più basso (28 DDD/1000 abitanti die) è stato registrato in Campania e quello più elevato (56 DDD) in Toscana. Vedi figura 2.

 

 

Figura 2. Distribuzione in quartili del consumo territoriale 2011 di classe A-SSN (DDD/1000 ab die pesate)

 

Appropriatezza d’uso, efficacia e sicurezza

Il rapporto OsMed 2011, offre anche ulteriori analisi sull’appropriatezza d’uso su singoli assistiti, effettuate sulle prescrizioni di un campione di medici di medicina generale: da un lato si stima che circa il 20% dei pazienti con diagnosi di depressione (rilevata in una survey di popolazione) non ha mai contattato un medico, dall’altro emerge che solo 1 paziente su 4 in trattamento con farmaci antidepressivi li assume per almeno 6 mesi. Questo limite temporale viene raccomandato dalle principali linee guida sulla depressione (leggi le linee guida Nice 2009), a causa dell’alto rischio di recidiva, a cui si attribuisce gran parte dei costi economici e sociali della depressione. Le realtà regionali con la maggiore percentuale di soggetti trattati secondo le indicazioni delle linee guida sono state Bolzano, Trento e il Friuli Venezia Giulia, mentre quelle con la percentuale minore sono risultate la Basilicata e la Calabria.

 

Le evidenze scientifiche disponibili sull’efficacia degli antidepressivi presentano però alcune criticità. Per esempio, un articolo pubblicato nel 2008 sul New England Journal of Medicine (Nejm) ha infatti rilevato (attraverso un’analisi dei dati – messi a disposizione dalla Food and Drug Administration americana – sui trial pubblicati e non pubblicati) che la pubblicazione selettiva di risultati positivi ha determinato una sovrastima media dell’efficacia di tutti gli antidepressivi del 32% con un range compreso tra l’11% della paroxetina e il 64% della mirtazapina.

 

Sul piano della sicurezza le linee guida di terapia della depressione raccomandano di evitare l’uso degli antidepressivi triciclici negli anziani (leggi in proposito le linee guida Jags 2012) a causa dell’aumentato rischio di reazioni avverse, soprattutto legate ai loro effetti anticolinergici (esempio confusione e decadimento cerebrale). In Italia, nel 2011 la prevalenza d’uso di antidepressivi triciclici nei soggetti con età superiore a 65 anni affetti da depressione è stata pari al 6,6%.

 

È importante sottolineare che, dal punto di visto clinico, la maggiore efficacia nel trattamento della depressione è determinata dall’uso combinato della terapia farmacologica e da un approccio psico-terapeutico. È quindi auspicabile nel futuro una maggiore integrazione tra la pratica della medicina generale e quella specialistica dei servizi dedicati alla diagnosi e al trattamento della depressione.

 

Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 18 ottobre 2012

Revisione a cura di: Reparto di Farmacoepidemiologia, Cnesps-Iss