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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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“Etica nella sorveglianza in sanità pubblica”: un articolo necessario

Paolo d’Argenio – Gruppo tecnico Passi

 

7 novembre 2013 - Ogni giorno, nel nostro Paese, alcune migliaia di medici, veterinari, assistenti sanitari, infermieri e tecnici della prevenzione segnalano o confermano casi di malattie infettive, intervengono sui contatti, conducono inchieste, compiono investigazioni di focolai epidemici, trattano preventivamente i contatti a rischio e mettono in atto altre operazioni ritenute necessarie per tutelare la salute pubblica. Ogni giorno si fanno osservazioni, misurazioni e interviste sui fattori connessi alle malattie croniche non trasmissibili e agli incidenti. Alla luce di tutto questo, interrogarsi riguardo al rispetto dei principi etici durante il proprio operato, dovrebbe essere una cura costante dei professionisti della salute. Infatti non sempre agli interessati viene chiesto il consenso per la raccolta dei dati che li riguardano e in alcune occasioni è praticamente impossibile tenere segreta l’identità delle persone coinvolte, che sono esposte, così, al rischio di stigma sociale. Nel caso si tratti di aziende, il rischio è quello di un danno economico o addirittura di essere costrette a chiudere. Effetti negativi di questo tipo sono possibili, ad esempio, quando si ha a che fare con focolai di malattie infettive, soprattutto in piccole comunità. Per questo è importante chiarire quali sono i principi etici di riferimento dell'attività di sanità pubblica e della sorveglianza in particolare.

 

L’articolo “Ethics in public health surveillance” (pdf 263 kb), pubblicato nel 2013 da Carlo Petrini (responsabile dell'Unità di bioetica dell'Istituto superiore di sanità) sugli Annali dell’Iss (vol 49, n. 4), è dedicato proprio al tema dell’etica nella sorveglianza in sanità pubblica, argomento trattato da Petrini anche quando è intervenuto alla seconda giornata del workshop Passi che si è svolto il 27 e 28 giugno 2013.

 

Cenni storici sulla public health surveillance

Nella prima parte dell’articolo, Petrini traccia la storia dell’individuazione del concetto di sorveglianza in sanità pubblica. Si tratta di una storia relativamente recente, perché solo negli anni Sessanta del secolo scorso, grazie all’opera pratica e teorica di Alexander Languimir (il fondatore dei Cdc americani), la sorveglianza fu identificata come una funzione essenziale della sanità pubblica, distinta dalla ricerca epidemiologica. Languimir definì la sorveglianza come una raccolta sistematica e attiva di dati pertinenti relativi a un problema di salute, e la caratterizzò enfatizzando il suo valore d’uso che sta nel fornire dati indispensabili a chi deve prendere decisioni in merito agli interventi di prevenzione e controllo. Da questo punto di vista la sorveglianza non è ricerca ma servizio.

 

Il dibattito tra sostenitori della sorveglianza come appartenente al campo della ricerca epidemiologica e sostenitori della sorveglianza come appartenente al campo della sanità pubblica, cioè del servizio, andò avanti per anni e si concluse con la definizione di public health surveillance adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nella risoluzione WHA58.3: «La sorveglianza è la rilevazione sistematica e continua, la raccolta e l’analisi dei dati per finalità di sanità pubblica e la tempestiva comunicazione delle informazioni per la valutazione e per la risposta sanitaria quando necessario». La sorveglianza appartiene al campo dell’applicazione e del servizio.

 

I problemi etici delle sorveglianze

Nella seconda parte sono presi in esame i problemi etici posti dalla sorveglianza. Questi sorgono quando gli interessi degli individui non coincidono con quelli della collettività, e ciò può verificarsi, ad esempio, nel caso in cui non è possibile rispettare la privacy dei cittadini. Alcuni autori estremizzano questo potenziale conflitto, tracciando una netta linea di demarcazione tra etica della sanità pubblica e libertà civili, arrivando ad affermare che quando è in gioco la salute pubblica, non vi è spazio per i principi dell’etica. Ma chi decide quando è in gioco la salute pubblica?

 

Questi temi divennero urgenti durante l’epidemia di Aids, quando si svilupparono accese dispute in cui si arrivò perfino a sostenere che bisognasse, in qualche modo, contrassegnare i soggetti identificati come infetti, per impedire il propagarsi del contagio. Poche paure collettive sono difficili da contrastare con argomentazioni razionali, come le paure che prendono piede nel corso delle epidemie. In quella situazione, le Nazioni Unite approvarono una linea d’indirizzo secondo cui non può esserci conflitto tra salute pubblica e diritti umani. Da allora, quello dei diritti umani rappresenta il terreno comune tra interessi individuali e collettivi, uno spazio che permette il dialogo tra bioetica ed etica della sanità pubblica.

 

I modelli culturali e strumenti di lavoro

Nella terza parte, Petrini illustra i modelli culturali che consentono diversi approcci all’etica della sanità pubblica, una rapida rassegna che permette di guardare alla vastità e diversità dei presupposti teorici. L’argomento è trattato in modo più ampio in un ulteriore articolo dello stesso autore [1].

 

Nella quarta parte, sono discussi alcuni strumenti che i professionisti possono usare per esaminare la propria azione sotto il profilo dell’etica. Ci sono due principali tipi di strumenti:

  • il primo serve a valutare se, in una specifica attività di sorveglianza, la privacy è protetta. Questo strumento può dunque interessare tanto i professionisti della sorveglianza, quanto coloro che si occupano in generale del tema della privacy. Nella tabella A (pdf 15 kb) sono riportati nove principi che dovrebbero essere rispettati come quello dell’esistenza di una decisione legale assunta da un parlamento pienamente informato (un tema particolarmente attuale, visto che in questo periodo il ministero della Salute e le Regioni devono concordare quali Registri e quali sorveglianze dovranno essere istituiti, ai sensi del Decreto Legge 179/2012)
  • il secondo tipo di strumenti serve a eseguire l’analisi etica su una specifica attività di sorveglianza, rispondendo a domande come: «stiamo producendo benefici? Stiamo contribuendo a prevenire danni alla salute?» Nella tabella B (pdf 15 kb) è riportata una lista di controllo messa a punto dai Canadian Institutes of Health Research che include undici criteri, con cui è possibile analizzare una specifica attività di sorveglianza, sotto il profilo dell’etica.

Risorse utili

Riferimenti

  1. Petrini C. Theoretical Models and Operational Frameworks in Public Health Ethics. Int J Environ Res Public Health 2010;7(1):189-20], disponibile all’indirizzo: www.mdpi.com/1660-4601/7/1/189