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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Rapporto nazionale Passi 2009: screening cervicale

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18 novembre 2010 - Nel mondo, quello del collo dell’utero è il secondo cancro della donna per frequenza e, in Italia rappresenta quasi il 2% di tutti i tumori maligni femminili.

 

Secondo le rilevazioni dei Registri tumori, nel periodo 2003-2005 nel nostro Paese si sono verificati 8,6 casi per 100.000 donne: un dato che, rispetto al passato, è in lenta ma continua diminuzione, in parte attenuata dall’invecchiamento della popolazione. Con questa incidenza bisogna attendersi che, nell’arco della propria vita, una donna ogni 147 sarà destinata ad ammalarsi di cancro del collo dell’utero e una ogni 874 a morirne.

 

Nel 2007, i decessi per cancro della cervice uterina in Italia sono stati ancora 471. Eppure, almeno teoricamente, la mortalità per cancro del collo dell’utero sarebbe del tutto evitabile grazie alla diagnosi precoce con Pap test, la cui esecuzione è raccomandata ogni tre anni alle donne, a partire dai 25 anni fino ai 64 anni di età.

 

In Italia, il ministero della Salute raccomanda ai servizi sanitari (vedi il documento completo o il vademecum) l’esecuzione di screening di popolazione, cioè un programma organizzato in cui le donne nella fascia d’età a rischio vengono invitate a intervalli regolari per fare il Pap test. Tuttavia il Pap test viene effettuato anche al di fuori di programmi organizzati, su iniziativa personale della donna, nell’ambito del rapporto con il proprio ginecologo o in altri contesti.

 

L’Osservatorio nazionale screening svolge il monitoraggio dell’andamento di questi programmi: nel 2008 le donne italiane di 25-64 anni, residenti in aree dove è attivo un programma di screening organizzato, erano circa 12 milioni (75% della popolazione target). L’estensione dei programmi è ormai ampia nelle Regioni del Nord e del Centro Italia e gradualmente aumenta anche in quelle meridionali.

 

Il sistema Passi rileva, richiedendolo direttamente alle donne, se e quando è stato effettuato il Pap test e se è stato eseguito all’interno del programma di screening organizzato dalla Asl oppure su iniziativa personale.

 

 

La copertura

Copertura del Pap test negli ultimi tre anni,

donne 25-64enni

pool Asl - Passi 2009 (n=16.064)

Copertura del Pap test negli ultimi tre anni, donne 25-64enni

pool Asl - Passi 2009 (n=16.064)

 

Nel 2009, nelle Asl italiane che hanno partecipato alla rilevazione, circa tre donne 25-64enni su quattro (73%) hanno eseguito un Pap test preventivo nel corso dei tre anni precedenti l’intervista. La copertura complessiva al test di screening raggiunge valori elevati al Nord (82%) e al Centro (79%), mentre è più bassa al Sud (58%).

 

Copertura (%) del Pap test negli ultimi tre anni per Regione, donne 25-64enni

Passi 2009 (n=16.064)

*Regioni che non partecipano con un campione regionale

Nello screening cervicale la quota di adesione spontanea è rilevante: a livello nazionale si stima infatti che poco più di una donna su tre (37%) abbia eseguito il test di screening al di fuori del programma organizzato (si va dal 7% della Basilicata al 70% della Liguria).

 

A livello delle Regioni partecipanti al Passi, sono presenti significative differenze (range: 50% Sardegna - 89% Valle d’Aosta).

 

Nel triennio 2007-2009 [1], considerando solo le Asl che hanno partecipato alla sorveglianza per l’intero periodo, si osserva come la copertura complessiva al test di screening sia rimasta sostanzialmente stabile:

 

  • nel 2007 era il 74% (IC 95%: 73-75%)
  • nel 2008 era il 76% (IC 95%: 75-77%)
  • nel 2009 era il 74% (IC 95%: 73-75%).

 

 

Fattori predittivi individuali di adesione al test di screening

La copertura al test di screening è maggiore nelle donne di 35-49 anni (79%), in quelle coniugate e conviventi (77%) e nelle italiane (73%).

 

La copertura mostra un gradiente positivo per livello d’istruzione, assenza di difficoltà economiche riferite e ripartizione geografica.

 

L’analisi multivariata conferma le associazioni rilevate.

Pap test negli ultimi tre anni, donne 25-64enni

Passi 2009 (n=16.064)

 

 

Ma, esaminando separatamente le donne che hanno eseguito il test nell’ambito dei programmi di screening organizzati dalla Asl e coloro che lo hanno eseguito di propria iniziativa, emerge che:

  • la percentuale di donne che fanno il test all’interno della campagne di screening è maggiore nella classe d’età 50-64 anni e non mostra gradienti rilevanti per livello d’istruzione, difficoltà economiche riferite o cittadinanza
  • la percentuale di donne che fanno il test al di fuori delle campagne di screening mostra un forte gradiente per livello d’istruzione e difficoltà economiche riferite ed è più elevata nelle cittadine italiane.

Pap test eseguito negli ultimi tre anni, all’interno di programmi organizzati, donne 25-64enni

Passi 2009 (n=15.783*)

Pap test negli ultimi tre anni, al di fuori di programmi organizzati, donne 25-64enni

Passi 2009 (n=15.783*)

*la differenza nella numerosità è dovuta alla presenza di risposte omesse alla domanda relativa al pagamento del Pap test.

 

 

Efficacia degli interventi che promuovono l’esecuzione del Pap test: il consiglio del sanitario, la lettera d’invito della Asl e le campagne informative

Il 90% delle donne 24-69enni intervistate è stato raggiunto da almeno un intervento di promozione.

 

La percentuale di esecuzione del Pap test, nell’intervallo dei tre anni, è più alta nelle donne che, come accade generalmente all’interno dei programmi di screening organizzati, sono raggiunte da più interventi di promozione. Infatti ha eseguito il test la maggior parte (89%) delle donne che ha ricevuto la lettera di invito associata al consiglio, contro il 40% di quelle non raggiunte da alcun intervento di promozione.

Esecuzione del Pap test negli ultimi tre anni per interventi di promozione ricevuti

Passi 2009 (n=16.064)

 

Motivi addotti per spiegare la mancata effettuazione del Pap test

Nel 2009, nell’insieme delle Asl che hanno partecipato al Passi, circa una su quattro (27%) delle donne di 25-64 anni non è risultata coperta per quanto riguarda la diagnosi precoce del tumore del collo dell’utero in quanto o non ha mai effettuato il Pap-test (16%) o l’ha effettuato da più di tre anni (11%).

 

I motivi addotti per spiegare la mancata esecuzione del test sono molteplici. Quello che ricorre con maggior frequenza (“non ne ho bisogno”), solo in minima parte può essere associato a donne che non hanno mai avuto rapporti sessuali. È invece verosimile che la maggior parte delle donne che dichiarano di non aver bisogno del test ignorino o sottovalutino il rischio di cancro e/o l’efficacia del Pap test.

Motivi addotti per spiegare la mancata

esecuzione del Pap test nei precedenti tre anni

 

Conclusioni

La copertura complessiva del Pap test preventivo è alta, ma ancora insufficiente in alcune Regioni, soprattutto nell’Italia meridionale e insulare in cui poco più di una donna su due pratica il Pap test nell’intervallo giusto.

 

La metà delle donne ha praticato il test nell’ambito dei programmi organizzati dalle Asl, mentre l’altra metà lo ha effettuato per iniziativa personale. Questa caratteristica della pratica del Pap test, in Italia, ha alcune importanti conseguenze sul rispetto dell’intervallo raccomandato e sull’equità.

 

Le donne con minore livello di istruzione e difficoltà economiche, come pure quelle con cittadinanza straniera, raggiungono livelli di prevenzione meno buoni. Tuttavia queste differenze sono molto piccole o addirittura inesistenti nei programmi organizzati, mentre sono più grandi nello screening effettuato su iniziativa personale.

 

La lettera di invito, in associazione al consiglio dell’operatore sanitario, è lo strumento più efficace per aumentare l’adesione allo screening.

 

Negli ultimi anni, importanti innovazioni hanno innescato cambiamenti nella prevenzione del cancro del collo dell’utero: l’individuazione della causa virale del cancro cervicale, in alcuni tipi del virus del papilloma umano (Hpv); la messa a punto di un vaccino efficace e di una strategia per prevenire l’infezione con la vaccinazione, l’introduzione dell’offerta vaccinale nel servizio sanitario; l’allestimento di un test per l’Hpv e il suo utilizzo nella diagnostica e nel follow up, ma anche per lo screening basato sul test Hr-Hpv come test primario. È inoltre molto probabile che nei prossimi anni potrà variare l’intervallo raccomandato per il test, man mano che donne vaccinate nell’adolescenza arriveranno all’età di screening (vedi anche le 100 domande sull’Hpv (pdf 10 Mb).

 

Tutto questo impone un potenziamento della sorveglianza per far sì che il ministero della Salute e le Regioni possano disporre dei dati necessari per guidare questi essenziali interventi di prevenzione.

 


Materiali da scaricare


Note

1. A causa di accorpamenti e cambiamenti dei confini amministrativi, le Aziende sanitarie partecipanti al Passi sono variate nel triennio. Tuttavia, le Asl che hanno effettuato la sorveglianza in modo continuo nel triennio corrispondono al 91% della popolazione osservata, per un totale di 89.043 interviste nel periodo 2007-2009.