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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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L’epidemiologia all’alba dei primi 40 anni del Servizio sanitario nazionale

L’approccio della farmacoepidemiologia

 

Se oggi in farmacia possiamo acquistare antibiotici, antidolorifici o antinfiammatori pagando solo il ticket, o se in ospedale possiamo ricevere gratuitamente terapie farmacologiche, è grazie alla legge 833/1978 che 40 anni fa ha istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn). Il provvedimento riconosce il diritto per tutti i cittadini a essere curati, indipendentemente dal reddito e dalla propria condizione sociale. Una rivoluzione per un sistema prima fondato sulle casse mutue, nelle quali solo chi aveva un lavoro ed era iscritto a uno di questi enti poteva ricevere l’assistenza sanitaria, farmaci inclusi. Oltre a sancire il principio di accesso universale alle cure, la legge 833/1978 stabilisce anche che la produzione e la distribuzione dei farmaci devono essere coerenti con gli obiettivi del Ssn e con la funzione sociale del farmaco stesso. Devono quindi essere stabilite regole precise per la sperimentazione clinica, la verifica della qualità, la sicurezza e la definizione del prezzo dei farmaci. Un aspetto fondamentale, quest’ultimo, per garantire la tenuta a lungo termine dell’intero sistema: la sostenibilità è uno dei temi del dibattito rispetto al presente e al futuro del Ssn, al suo carattere universalistico e solidale. Non tanto per i costi dei farmaci, la cui incidenza in questo processo è comunque relativa, quanto per l’aumento della domanda di salute dovuta soprattutto all’invecchiamento della popolazione e alla sempre maggiore diffusione delle malattie croniche. Uno scenario che richiede alla sanità pubblica nuovi sforzi per riorganizzare risposte e servizi.

 

In questi anni, l’apporto della farmacoepidemiologia è stato e rimane decisivo, contribuendo in maniera sistematica a promuovere i valori fondamentali del Ssn e a valutare puntualmente le attività previste dalla legge 833. Le verifiche, i controlli, l’analisi del profilo beneficio-rischio dei farmaci e l’appropriatezza del loro uso rappresentano da allora il cuore delle attività della farmacoepidemiologia.

 

Il contributo sul campo

Una rigorosa valutazione di sicurezza ed efficacia è alla base, per esempio, della vicenda che porterà tra il 1993 e il 1994 al ritiro dal mercato dei gangliosidi, una classe di farmaci ricavati dal cervello dei bovini, prescritti quasi esclusivamente in Italia (a metà degli anni '80, nel Lazio, ben il 4% della popolazione assumeva questi farmaci) in deroga a qualsiasi principio di medicina basata sulle evidenze. Sarà proprio grazie alle attività della farmacoepidemiologia e al suo contributo in termini di verifica del profilo beneficio-rischio, che si scoprirà come i gangliosidi non solo fossero inefficaci ma potessero anche causare la sindrome di Guillain-Barré, con un aumento del rischio da 10 a 20 volte nelle persone che li assumevano.

 

Eppure ci sono voluti altri anni (e qualche scandalo) prima che questi principi fossero riconosciuti e consolidati. Per esempio, sarà solo a seguito del terremoto di tangentopoli (e in particolare al coinvolgimento di Duilio Poggiolini, all’epoca direttore generale del servizio farmaceutico del ministero della Sanità), che si procederà a una profonda revisione del prontuario che entrerà in vigore il 1 gennaio 1994: furono cancellati farmaci inattivi o con scarsa documentazione scientifica per circa 2 miliardi di euro di fatturato.

 

Accesso e diseguaglianze

Infine, il grande tema dell’equità. Il farmaco è forse il servizio offerto in maniera più equa dalla sanità pubblica, il più “vicino” al cittadino. Ma è proprio la sua estrema accessibilità e disponibilità a imporre una verifica e un’analisi continua sull’utilizzo che se ne fa, in termini di sicurezza e appropriatezza prescrittiva (si vedano attività e rapporti a cura dell’OsMed). Quella del corretto utilizzo dei farmaci è una delle sfide che oggi impegna il sistema salute, dal momento che chiama in gioco le modalità di assistenza e l’organizzazione delle reti assistenziali sul territorio. E investendo anche temi di estrema attualità, come la salute dei migranti. Se ad esempio analizziamo l’uso dei farmaci da parte di immigrati regolari e li confrontiamo con gli italiani, è evidente come i livelli di utilizzo siano simili solo una volta che l’immigrato è riuscito a inserirsi in un percorso terapeutico. Quando ne resta fuori, invece, fa molta più fatica a seguire protocolli e prescrizioni. Del resto oggi sappiamo che un modello di cura proattivo è più efficace nel ridurre le diseguaglianze di salute, soprattutto in termini di accessibilità alle cure. Un altro elemento in cui la legge 833 aveva precorso i tempi, affermando come principi guida il rispetto della dignità, della libertà della persona umana e l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio.

 

Data di creazione della pagina: 18 dicembre 2018