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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Annuario Istat 2007: sanità e salute in Italia

Nel 2005 sono circa 47 mila i medici di base presenti sul territorio nazionale, valore sostanzialmente stabile negli ultimi anni ed equivalente a 8 medici ogni 10 mila abitanti. Sebbene il contratto dei medici di medicina generale preveda che un medico possa assistere fino a 1.500 pazienti, il dato medio nazionale è significativamente al di sotto di questa soglia, con una media di 1.080 assistiti per medico. Cresce invece l’offerta di pediatri: se ne contano circa 7.500, ovvero 9 ogni 10 mila bambini fino a 14 anni.

Ambulatori e laboratori pubblici e privati convenzionati sono nel 2005 circa 18 ogni 100 mila abitanti. Negli ultimi tre anni la loro disponibilità ha subito una brusca riduzione: nel 2003 erano 25,1 ogni 100 mila persone. Cala inoltre l’offerta dei servizi di guardia medica: i medici addetti scendono dai 25 ogni 100 mila abitanti del 2003 ai 23 del 2005.

 

L’assistenza domiciliare integrata costituisce un servizio sanitario essenziale nella società italiana, caratterizzata da un evidente processo di invecchiamento della popolazione. Nel 2005 su 195 Asl sono 184 quelle che offrono questo servizio (erano 175 nel 1999). Negli ultimi anni i pazienti assistiti a casa sono aumentati sensibilmente, passando dai 316 mila del 2003 ai 396 mila del 2005, con un incremento del 25%. Sono soprattutto gli anziani sopra i 65 anni a usufruire dell’assistenza domiciliare (84,2% del totale degli assistiti).

 

Sono aumentate le Asl che hanno attivato il servizio di prenotazione unificata e quelle che forniscono un servizio di trasporto per pazienti sottoposti a dialisi: erano 92 nel 2003, sono diventate 97 nel 2005. Sempre nello stesso periodo di riferimento sono aumentate di 12 unità le Asl che hanno attivato il Dipartimento di salute mentale e di 7 quelle che hanno attivato il Dipartimento materno infantile. Potenziato anche il servizio di assistenza semiresidenziale e residenziale, che favorisce il processo di deospedalizzazione e al contempo garantisce una risposta adeguata alla domanda sanitaria proveniente da persone non autosufficienti o con gravi problemi di salute. Nel periodo 2003-2005 i posti letto nelle strutture per l’assistenza residenziale sono passati di 155 mila a quasi 170 mila, con un incremento pari a circa il 10%. Negli stessi anni i posti per l’assistenza semiresidenziale sono passati da 31 mila a 36 mila, con un aumento del 17%.

 

Nel tentativo di razionalizzare l’utilizzo delle risorse il servizio ospedaliero è stato il settore sanitario che negli ultimi anni ha mostrato i cambiamenti più significativi. Le novità hanno riguardato soprattutto la riduzione del numero di strutture e di posti letto e il trasferimento di una parte dell’attività dal regime ordinario al day hospital e agli altri servizi sanitari territoriali. L’offerta di posti letto ordinari continua a essere tendenzialmente decrescente; nel 2003 i posti letto ordinari sono 4,2 ogni mille abitanti (4,9 nel 1999) e le Regioni che si distinguono per la più bassa dotazione sono Campania, Basilicata, Umbria, Sicilia e Marche. Alla diminuzione dell’offerta di posti letto corrisponde un’ulteriore riduzione delle degenze in regime ordinario, mentre aumenta del 14% il ricorso al day hospital. Entrando nel dettaglio si osserva che la degenza media dei pazienti è stabile a 6,7 giorni, ma tende ad aumentare nel tempo la complessità della casistica trattata. Ciò potrebbe indicare la progressiva tendenza a utilizzare l’ospedale solo per i problemi di salute più gravi.

 

Aborto spontaneo e interruzione volontaria di gravidanza

Il fenomeno dell’abortività spontanea ha assunto un’importanza rilevante nel corso del tempo: il numero assoluto dei casi registrati è passato dai circa 56 mila del 1982 agli oltre 71 mila del 2003, con un aumento del 27,2%. I livelli di abortività crescono al crescere dell’età della donna e un rischio significativamente più elevato si nota a partire dalla classe di età 35-39 anni. Nettamente in crescita (oltre l’80% dal 1982 al 2003) i rischi di aborto spontaneo per le giovanissime di età compresa tra i 15 e i 19 anni.

A conferma della presenza di una fase di assestamento, dopo un costante declino iniziato a partire dalla metà degli anni Ottanta, l’indagine sulle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) rileva che il tasso di abortività (calcolato per mille donne di età 15-49 anni), per l’anno 2003 è pari al 9,1.

Se per le donne più giovani il ricorso all’Igv risulta in aumento, per le meno giovani si registra una tendenza alla diminuzione. Rispetto agli anni Ottanta bisogna anche segnalare la trasformazione del modello di abortività in Italia: accanto a quello più tradizionale, che vede il ricorso all’Ivg come metodo di regolazione della fecondità all’interno del matrimonio, c’è una parte sempre più consistente di donne che ricorre all’aborto volontario in maniera più estemporanea. A ulteriore conferma di ciò si osserva che nel 1981 ricorrevano all’Igv in maggioranza donne coniugate (72% del totale), mentre nel 2003 questa quota è scesa al 46%.

 

Le principali cause di morte

Con una media di 415 decessi ogni 100 mila abitanti, le malattie cardiovascolari si confermano la prima causa di decesso in Italia nel 2002. Al secondo posto si collocano i tumori (il 29,2% del totale dei decessi) con 337,5 morti tra gli uomini e 236,3 tra le donne ogni 100 mila abitanti. Al terzo posto si trovano le malattie dell’apparato respiratorio, che causano la morte di 62,9 persone ogni 100 mila. Più colpiti gli uomini con il 74,5% del totale, rispetto alle donne che si assestano al 52%. Si registra invece una sostanziale stabilità delle morti violente, pari a 46,7 ogni 100 mila abitanti.

Se negli adolescenti e nei giovani adulti maschi (15-29 anni) la maggior parte dei decessi è da ascrivere a cause di natura violenta (68,5% del totale dei decessi tra giovani maschi), in prevalenza incidenti stradali, autolesioni e suicidi, nelle età centrali della vita (30-59 anni) le principali cause di morte sono i tumori maligni (45% del totale dei decessi).

La geografia della mortalità per causa ha una particolare caratterizzazione territoriale che vede le regioni del Mezzogiorno con livelli sostanzialmente più bassi per i tumori (sia per i maschi sia per le femmine) e, al contrario, più elevati per le malattie del sistema circolatorio.

Da segnalare l’eccezionalità del forte incremento della mortalità nella popolazione anziana avutosi nel 2003, imputabile a un prolungato periodo di temperature estremamente elevate nei mesi estivi. Il caldo e l’afa hanno causato un aumento delle morti provocate da problematiche di carattere circolatorio e respiratorio.

 

Malattie croniche

Con l’indagine multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”, l’Istat rileva annualmente informazioni sulla percezione dello stato di salute, la presenza di patologie croniche, stili di vita e alcuni consumi sanitari.

Nel 2007, il 73,3% della popolazione ha valutato come “buono” il proprio stato di salute: circa tre persone su quattro hanno dato un punteggio compreso tra 4 e 5 (su una scala che va da 1 a 5), con differenze di genere a svantaggio delle donne (70,2% contro 76,6% degli uomini).

La presenza di patologie croniche costituisce un importante indicatore per comprendere lo stato di salute della popolazione. Il 38,4% dei residenti in Italia dichiara di essere affetto da almeno una delle principali patologie croniche oggetto della rilevazione. Quelle più frequentemente riferite sono l’artrosi/artrite (19,4%), l’ipertensione (15,3%), le malattie allergiche (9,9%), l’osteoporosi (7,4%), la bronchite cronica e l’asma bronchiale (6,7%), il diabete (4,6%). Le patologie cronico degenerative interessano oltre la metà della popolazione tra i 55 e i 59 anni e l’87,3% delle persone con più di 75 anni. Per quasi tutte le malattie citate si riscontrano andamenti crescenti con nette differenze di genere a svantaggio delle donne: ad esempio, il 49,2% delle donne contro il 12,2% degli uomini ultrasettantacinquenni dichiara di avere l’osteoporosi. Gli uomini sono invece più colpiti da bronchite cronica e da malattie del cuore.

 

Alimentazione

In Italia anche per il 2007 è sempre il pranzo a costituire il pasto principale, e lo consumano a casa soprattutto i residenti nel Mezzogiorno (83,8%), rispetto a quelli nel Nord (67,8%). Stabile, rispetto al 2006, la percentuale di persone che al mattino pratica la sana abitudine di assumere un’adeguata quantità di nutrienti: nel 2007 il 78,6% degli italiani (in particolare donne e bambini) dichiara di fare una ricca colazione. L’abitudine è più diffusa al Centro (83,9%) e al Nord (80,5%), piuttosto che nel Mezzogiorno (73,4%).

La dieta tipica del nostro Paese è basata principalmente sul consumo di cereali: pane, pasta e riso, che rappresentano la principale fonte di carboidrati. Nel 2006, l’86,8% della popolazione di oltre 3 anni ne consuma almeno una volta al giorno. Risulta anche molto elevato il consumo giornaliero di frutta, verdura e ortaggi tra le donne e gli anziani (85-90%), un po’ meno tra bambini e giovani (72,4%).

 

Scarica la sezione dell’Annuario “Sanità e salute” (pdf 258 kb) e consulta sul sito dell’Istat l’intero Rapporto 2007, suddiviso per capitoli.