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Istituto Superiore di Sanità
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Unaids 2007: si è stabilizzata l’epidemia globale di Aids

I dati aggiornati del rapporto 2007 sull’epidemia di Aids, presentati dal programma congiunto delle Nazioni Unite sull'Hiv/Aids (Unaids) e dell'Oms, stimano che nel 2007 siano 33,2 milioni le persone affette da Hiv, 2,5 milioni quelle che hanno appena contratto il virus e 2,1 milioni i malati deceduti per Aids.

 

In Africa subsahariana,la regione del mondo più seriamente colpita dal virus, nel 2007 si sono registrati circa 1,7 milioni di nuove infezioni da Hiv, con una significativa riduzione dal 2001. In quest’area vivono attualmente 22,5 milioni di soggetti che hanno contratto il virus dell’Hiv (il 68% del totale mondiale), nonché un terzo di tutte le persone infettate e di quelle morte per Aids a livello globale.


Dal 2001, anno in cui è stata firmata la dichiarazione delle Nazioni Unite per la lotta contro l'Hiv/Aids, i casi di Hiv in Europa orientale e in Asia centrale sono aumentati di oltre il 150%, passando da 630 mila a 1,6 milioni del 2007. Per quanto riguarda l’Asia, tra il 2000 e il 2005 il numero stimato di persone affette da Hiv in Vietnam è più che raddoppiato, mentre in Indonesia si registrano tassi di crescita dell’epidemia elevatissimi.


Si stima che il picco di incidenza globale dell’infezione da Hiv, ovvero il numero di nuove infezioni ogni anno, sia stato toccato alla fine degli anni Novanta, quando venivano registrati oltre 3 milioni di nuovi casi l’anno. Nel 2007 le nuove infezioni ammontano a 2,5 milioni, con una media di oltre 6800 infezioni ogni giorno.

 

Negli ultimi due anni, grazie agli effetti prolungati della terapia antiretrovirale, il numero di decessi dovuti a malattie correlate all’Aids è diminuito.

 

Le stime riviste
Grazie a una rigorosa revisione delle metodologie e dei sistemi di monitoraggio del virus dell’Hiv, la nuova relazione Unaids corregge e amplia i dati epidemiologici e le analisi precedenti, rivedendo le stime di alcuni Paesi. I dati presentati nel 2007 rispecchiano i progressi conseguiti nell’analisi epidemiologica e l’acquisizione di una migliore comprensione della storia naturale e della distribuzione dell’infezione da Hiv. La raccolta di queste informazioni è di vitale importanza per aiutare i Paesi a comprendere e a rispondere efficacemente alle epidemie locali. È così che negli ultimi anni, in Africa subsahariana e in Asia, alcuni Paesi hanno ampliato e migliorato i propri sistemi di sorveglianza, realizzando nuovi e più accurati studi. Inoltre 30 Paesi, in gran parte africani, hanno condotto indagini nazionali sulle famiglie, raccogliendo dati utili per gli aggiustamenti statistici delle stime di regioni con caratteristiche epidemiche simili.

 

Le stime del 2006 stabilivano in 39,5 milioni i casi di Hiv: oggi la revisione metodologica ha permesso di correggere il dato a 33,2 milioni. Il 70% della riduzione della prevalenza dell’Hiv rispetto ai dati del 2006 si deve in particolare ai recenti aggiustamenti delle stime in India e in cinque Paesi africani dell’area subsahariana (Angola, Kenya, Mozambico, Nigeria, e Zimbabwe).

 

"Questi dati ci forniscono un quadro più chiaro dell’epidemia di Aids, rivelandoci le sfide e le opportunità", ha affermato Peter Piot, direttore esecutivo dell’Unaids. "Senza dubbio stiamo cominciando a vedere i risultato degli investimenti: mortalità e nuove infezioni da Hiv sono in calo, ma bisogna aumentare gli sforzi per ridurre significativamente l'impatto dell'Aids nel mondo".

 

Occorre fare di più
L'Aids è tra le principali cause di morte a livello mondiale e resta la prima causa di morte in Africa. L’incidenza del virus dell’Hiv tra le giovani donne in gravidanza, che frequentano le cliniche prenatali, dal 2000 è diminuita in 11 dei 15 Paesi più colpiti. I dati preliminari mostrano cambiamenti positivi nei comportamenti a rischio dei giovani di Botswana, Camerun, Ciad, Haiti, Kenya, Malawi, Togo, Zambia e Zimbabwe. Questi dati tendenziali suggeriscono che gli sforzi di prevenzione stiano avendo buoni riscontri in molti dei Paesi più contagiati. Sebbene in Africa subsahariana i trattamenti preventivi abbiano portato alcuni risultati, la mortalità per Aids resta ancora molto elevata nel continente africano, a causa del mancato accesso alle cure della maggior parte della popolazione. I dati più incoraggianti provengono per l’Africa da Costa d'Avorio, Kenya e Zimbabwe, mentre per il Sud-Est asiatico, da Cambogia, Myanmar e Thailandia.

 

Per alcuni Paesi è invece necessario adattare e rilanciare gli sforzi preventivi per assistere al calo generalizzato dei tassi di incidenza del virus dell’Hiv. La tendenziale diminuzione dei casi di Hiv in Burundi, cominciata alla fine degli anni Novanta si è interrotta nel 2005, quando il virus ha nuovamente cominciato a diffondersi nella maggior parte dei siti sotto sorveglianza. In Thailandia, l’incidenza dell’Hiv è cresciuta tra gli uomini gay, e non ha accennato a diminuire tra i consumatori di stupefacenti nel corso degli ultimi 15 anni.

 

Oms e Unaids avvertono che la stabilizzazione dell’epidemia non deve far dimenticare l’obiettivo primario dell’accesso universale alla prevenzione, alla cura e all'assistenza, la necessità di un'azione immediata e l’urgenza di un aumento dei finanziamenti.

 

 

Materiali utili