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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

Osservatorio Nazionale per la Prevenzione dei tumori femminili.
Rapporto su ricerca e comunicazione a confronto

Grazie alla collaborazione tra Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), Gruppo italiano per lo screening mammografico (Gisma) e Gruppo italiano per il cervico-carcinoma (Gisci) è stato pubblicato il Secondo Rapporto dell’Osservatorio Nazionale per la Prevenzione dei Tumori Femminili. Il lavoro di monitoraggio svolto dall’Osservatorio permette di delineare lo sviluppo quantitativo e qualitativo dei programmi organizzati di screening nel nostro paese.
Il documento, che nel complesso rileva un crescente miglioramento della capacità di prevenzione italiana, tradotta in una riduzione della mortalità per i tumori della mammella e dell’incidenza dei tumori della cervice, è anche uno strumento utile per fare il punto della situazione sia in materia di ricerca che di strategie di comunicazione al pubblico. Infatti, oltre a una serie di relazioni che evidenziano i numeri della prevenzione (oltre il 50% della popolazione bersaglio nel caso del tumore alla mammella e circa il 52% nel caso dello screening citologico sono oggi coperte) nelle regioni italiane e presentano alcuni interventi mirati ad accrescere la qualità dei programmi, il rapporto include il Documento di Bertinoro, nato da un incontro residenziale organizzato dall’Osservatorio nel 2002 per discutere delle strategie e carenze nella comunicazione dei temi della prevenzione oncologica agli stessi operatori sanitari e al pubblico generale. Infine, il Rapporto si chiude con un aggiornamento su alcuni dei grandi studi in corso.

È importante ricordare che le Regioni e le Province autonome hanno deciso di avviare una collaborazione con l’Osservatorio sul monitoraggio e la valutazione delle attività svolte. In seguito all’inserimento, nel 2001, dei programmi di screening preventivo nella lista dei Lea (i livelli elementari di assistenza), si è andato sempre più sviluppando un coordinamento regionale delle attività. I numeri riportati indicano però ancora differenziali tra le regioni del Centro-Nord e del Sud, una situazione che richiede un ulteriore sforzo da parte delle Regioni. Oltre che a delineare il quadro della situazione, il Rapporto diventa così anche un utile strumento di programmazione delle politiche sanitarie preventive per gli Assessori alla Sanità delle Regioni e delle Province autonome.

Scaricare il testo completo del rapporto (pdf 1 Mb)

 

I Programmi
In questa sezione sono compresi tre interventi che fanno la fotografia della situazione italiana per quanto riguarda i numeri dello screening. Il primo intervento è quello del GISMa (Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico) su “Lo screening mammografico in Italia: dati GISMa 2001”. Si tratta di una indagine sui dati del 2001, finalizzata anche alla pubblicazione di linee guida (attualmente in stampa) per rendere più omogenei gli interventi preventivi su tutto il territorio nazionale. L’indagine si basa su una serie di indicatori scelti in accordo con le Linee Guida Europee in materia. Il testo presenta i dati globali per regione e per fasce di età, dati che indicano un’estensione dello screening con l’attivazione di dieci nuovi programmi (64 in tutto in 13 regioni), rivolti alla fascia di età compresa tra i 50 ed i 69 anni. I risultati, pur indicando una crescita complessiva della copertura, evidenziano però la disparità consistente tra Nord e Sud del paese. Rispetto ai primi anni ’90, quando i programmi coprivano poco più del 5% della popolazione bersaglio italiana, si è giunti a una estensione che riguarda quasi la metà della popolazione italiana (47%), anche se la quota di donne che nel 2001 ha realmente effettuato una mammografia di screening è circa il 16% della popolazione bersaglio nazionale. L’analisi della serie temporale di dati, dal 1996 al 2001, divisi per regione, è oggetto del secondo contributo, “Trend temporali di alcuni indicatori dei programmi di screening mammografico in Italia: 1996-2001”. La fotografia risultante, oltre a documentare il progresso nelle attività di screening, permette anche di esprimere alcune valutazioni sulla metodica di raccolta dei dati di attività e permette di operare confronti tra le diverse situazioni regionali e di ragionare sui possibili miglioramenti. Infine, il terzo contributo “Livello di attivazione ed indicatori di processo dei programmi organizzati di screening cervicale in Italia” si occupa dell’introduzione, estensione e grado di adesione dei programmi di screening per il cancro alla cervice. Secondo le linee guida europee, è infatti previsto che le donne tra i 25 e i 64 anni di età siano invitate a fare un Paptest ogni tre anni. Il lavoro, a cura del Gisci (Gruppo italiano screening del cervicocarcinoma), consiste in un’indagine annuale su indicatori scelti per monitorare l’andamento dei programmi attivati. I dati, relativi al dicembre 2002, indicano una popolazione obiettivo di circa otto milioni e mezzo di donne, pari al 52% della popolazione bersaglio. Anche in questo caso, come in quello dello screening mammografico, si nota un notevole incremento dell’attività preventiva, anche se rimane una forte differenza tra Nord e Centro del paese (con percentuali di 63 e 69% di copertura) e il Sud (28%).

 

La qualità
La seconda sezione del Rapporto include due contributi mirati a valutare la qualità dei programmi di screening. E’ infatti convinzione dell’Osservatorio che l’equità nell’accesso ai programmi di screening non sia sufficiente se non viene accompagnata da una altrettanto equivalente e sostanziale qualità dei servizi offerti.

Nel primo testo, “Il «Progetto SQTM» sulla qualità della diagnosi e della terapia entro i programmi di screening: risultati degli indicatori chirurgici” viene spiegata l’importanza di valutare la qualità degli interventi preventivi anche attraverso le informazioni sulla diagnosi e la terapia messe in atto. All’interno di un progetto di ‘quality assurance’, finanziato dal progetto “Europa Contro il Cancro” della Commissione Europea e dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, è stato prodotto un database informatico, denominato SQTM, che consente di calcolare una serie di indicatori relativi alla diagnosi, agli interventi chirurgici e alle terapie, utile sia come fonte informativa che di programmazione. Dato il ruolo strategico nella valutazione dell’impatto della prevenzione, l’attività di “quality assurance” è recentemente diventata parte dell’attività di molti centri di riferimento regionali per lo screening mammografico. Sempre incentrato sul tema della qualità, il secondo lavoro, “I risultati dell’indagine sui laboratori di citologia promossa dalla Gisci”, presenta i dati raccolti tramite un questionario inviato ai laboratori che effettuano analisi citologiche. Nonostante la notevole varietà nel volume di attività (dai 3000 ai 75 mila Paptest annui per laboratorio su 40 laboratori che hanno risposto), tutti i laboratori interpellati hanno messo a punto controlli di qualità interni e l’80% anche controlli di qualità esterni. Non ancora sufficientemente omogeneo, invece, risulta il ricorso a nuove tecnologie.

 

Le risorse l’organizzazione la comunicazione
Questa sezione del Rapporto è dedicata alle indagini statistiche, ad alcune esperienze concrete e ai problemi della comunicazione. Nel primo contributo, “Pap test e mammografia in Italia attraverso i risultati dell’Indagine Multiscopo dell’anno 2000”, vengono presentati i dati Istat su un campione di 43.433 donne di età compresa tra i 25 e i 69 anni. I risultati indicano una difformità nell’uso delle risorse disponibili, con un ricorso eccessivo a test preventivi in alcune zone e una scarsità di copertura in altre. L’indagine, effettuata nel 2000, prima dell’attuale passaggio alla gestione regionale, porta quindi a suggerire una ridistribuzione delle attività, con risparmio di risorse da un lato e aumento della copertura nazionale dall’altro. La prima survey effettuata (tramite questionario inviato a tutti gli Assessori alla Sanità) nelle regioni italiane per verificare il livello delle iniziative di prevenzione intraprese è oggetto del secondo testo, “Iniziative regionali per l’attuazione di screening per i tumori femminili del collo dell’utero e della mammella in Italia”.

 

Le 17 regioni che hanno risposto hanno tutte, pur se con differenze e disomogeneità, emanato specifiche linee guida e provvedimenti legislativi per avviare protocolli operativi e per monitorare poi il percorso e la qualità dell’offerta. Dalla survey generale, si passa poi a due esperienze concrete. La prima, “Il sistema di gestione e monitoraggio dei programmi di screening della Regione Lazio”, è un’analisi delle criticità da parte dell’Agenzia di Sanità Pubblica, organo tecnico che affianca l’Assessorato laziale alla Sanità. Il risultato evidenzia la necessità di una vera e propria azione di governo, a livello regionale e aziendale, che valorizzi l’apporto delle diverse professionalità degli operatori sanitari e favorisca una interazione multidisciplinare. La seconda invece, “Il sistema di gestione e monitoraggio degli screening oncologici della Regione Basilicata”, riferisce dell’attuazione del programma unificato degli screening in Basilicata, con installazione di un unico database di riferimento, e l’attuazione di programmi su unità mobili che hanno potuto migliorare la copertura del territorio, caratterizzato da una elevata dispersione della popolazione.

L’ultima parte di questa sezione tratta dei problemi della comunicazione, aprendo con “La comunicazione sugli screening: Documento di Bertinoro”. Si tratta di un documento introduttivo che ha lo scopo di aprire il dibattito sui problemi della comunicazione relativa agli screening preventivi tra gli operatori sanitari e le persone che si occupano della comunicazione sia istituzionale che giornalistica. Il testo avvia una riflessione a partire dal fatto che la comunicazione non consiste solo nella fase di lancio della campagna di screening ma è invece strategica rispetto ai valori che stanno alla base dei programmi stessi. È quindi richiesto uno sforzo di trasparenza e di valorizzazione delle competenze sia in tutte le fasi organizzative che nella messa a punto di risorse e nella definizione dei contesti nei quali il programma verrà attuato, fino alla raccolta e diffusione dei risultati ottenuti. La necessità di una informazione corretta al pubblico viene evidenziata anche dallo studio effettuato monitorando la qualità delle notizie in materia di prevenzione del cancro alla mammella presentato con il titolo “Diagnosi precoce dei tumori femminili: screening mammografici sulla stampa italiana”. Il lavoro, promosso dal centro di prevenzione oncologica del Piemonte nell’ambito del programma “Europa contro il cancro”, mira a comprendere quali sono i punti forti e quali le carenze e debolezze dell’informazione fatta dai mass media, con lo scopo di studiare azioni comunicative più adeguate e calate nella realtà nazionale.

 

La ricerca
Infine, il Rapporto si conclude presentando tre ricerche in corso. Nel primo contributo, “Stato di avanzamento degli studi Ribes e Fricam”, si dà conto di due studi svolti all’interno dei programmi regionali di screening. Il primo, Ribes (Rischi e benefici dell’ecografia di screening) punta a definire i vantaggi e gli svantaggi in termini quantitativi dell’aggiunta dell’ecografia della ghiandola mammaria e della visita clinica senologica alla procedura convenzionale basata sul solo esame mammografico. Il secondo Fricam (Fattori di rischio per il cancro della mammella) utilizza un questionario individuale per raccogliere informazioni utili per la stima del rischio individuale tramite algoritmi, la verifica dell’efficacia dello screening e la definizione di strategie di informazione volte a raggiungere la popolazione non afferente ai programmi. Il secondo lavoro, “La ricerca del papillomavirus come test primario per lo screening cervicale”, è invece mirato a valutare la protezione fornita da uno screening basato sulla ricerca molecolare rispetto al test citologico. Infine, lo “Studio Eurotrial40: efficacia dello screening mammografico nelle donne in età 40-49”, si pone l’obiettivo di stimare la fattibilità, i benefici e i possibili effetti avversi di un programma di screening effettuato in fase premenopausale, anche ai fini di una valutazione di costo/efficacia.