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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Obbligo vaccinale: cos’è e perché è importante



Alla luce della pubblicazione del decreto-legge 7 giugno 2017 numero 73 recante “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale” e della successive modifiche in seguito alla discussione parlamentare, diventano obbligatorie le vaccinazioni per la frequenza scolastica di bambini e ragazzi di età compresa fra 0 e 16 anni a seconda della coorte di nascita, per proteggere dalle seguenti malattie: difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B, Haemophilus influenzae tipo b, morbillo, parotite, rosolia e varicella.

 

La mancata somministrazione dei vaccini obbligatori preclude l’iscrizione agli asili nido e alle scuole materne. Per il mancato rispetto dell’obbligo da parte di bambini e ragazzi più grandi, invece, è prevista una multa da 100 a 500 euro. È decaduta la proposta al Decreto che prevedeva la sospensione della patria potestà per i genitori che non vaccinano i figli, ma si prevede una convocazione presso l’Asl di competenza per sollecitarne l’esecuzione. Sono esonerati dall’obbligo i bambini e i ragazzi già immunizzati a seguito di malattia naturale, e i bambini che presentano specifiche condizioni cliniche che rappresentano una controindicazione permanente e/o temporanea alle vaccinazioni.

 

Per l’immunizzazione contro le malattie per cui esiste l’obbligo della vaccinazione sono disponibili vaccini monocomponenti e combinati. Tra questi ultimi sono compresi: il vaccino esavalente, per proteggere da difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B ed Haemophilus influenzae tipo b; il vaccino difterite-tetano-pertosse (formulazioni per bambini e adulti); il vaccino difterite-tetano-pertosse-polio (formulazioni per bambini e adulti); i vaccini MPR (morbillo-parotite-rosolia) e MPR-V (morbillo-parotite-rosolia-varicella). I vaccini combinati consentono di vaccinare con un’unica iniezione il bambino contro più malattie, in maniera sicura ed efficace, e quindi di ridurre il numero di iniezioni e il disagio causato ai bambini. Permettono inoltre di evitare di dovere fissare diversi appuntamenti ravvicinati che potrebbero provocare ritardi nella vaccinazione. Per alcune malattie non esiste un vaccino monocomponente, pertanto in alcuni casi sarà necessario utilizzare vaccini combinati che contengono anche gli antigeni di una malattia per cui si è già immuni. È importante sottolineare che l’aver già contratto una delle malattie per cui il vaccino combinato è disponibile (ad esempio l’MPR se si è già contratta la rosolia o l’esavalente se si è già contratta la pertosse) non rappresenta un rischio o una controindicazione all’uso del vaccino stesso.

 

Oltre ai dieci vaccini obbligatori, se ne aggiungono quattro non obbligatori, la cui offerta è attiva e gratuita: anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica e anti-rotavirus. Nel caso di mancata somministrazione di questi vaccini, non sono previste sanzioni.

 

Perché passare da 4 a 10?

Ci sono molteplici motivazioni alla base della decisione di aumentare il numero di vaccinazioni obbligatorie. Tra queste spiccano la gravità delle malattie che si vuole prevenire e la necessità di contrastare la cosiddetta “esitazione vaccinale” (dall’inglese vaccine hesitancy) che spinge molte persone a non far vaccinare i propri figli o a non vaccinare se stessi. Una tendenza che ha una duplice origine: nel clamore sui presunti rischi di danni neurologici e autismo legati alla somministrazione di vaccini (in particolar modo del vaccino trivalente antimorbillo-parotite-rosolia), e nella bassa percezione dei rischi delle malattie a livello individuale perché alcune malattie vengono comunemente considerate rare e scomparse (peraltro un risultato ottenuto grazie alle vaccinazioni) e si è dimenticato quanto siano potenzialmente gravi e pericolose. Tuttavia, gli agenti responsabili continuano a circolare e, in assenza di coperture vaccinali elevate (superiori al 95%), le malattie possono riemergere, con conseguenze anche drammatiche (come è successo per morbillo in Italia e Romania e difterite in alcuni Paesi europei). I primi a fare le spese della crescente esitazione vaccinale sono i bambini non vaccinati che corrono il rischio di contrarre malattie gravi.

 

L’analisi dei dati di copertura vaccinale nel nostro Paese mostra che, dal 2013, si è osservato un calo progressivo del ricorso a tutti i vaccini, incluso il DTP, con coperture inferiori al 95%, la soglia minima raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms, pdf 24,2 Mb) affinché in una determinata popolazione si proteggano le persone dal contrarre alcune malattie e si interrompa la circolazione dei patogeni, con conseguente protezione dei soggetti che presentano controindicazioni alle vaccinazioni, o su cui la vaccinazione non è efficace.

 

Non bisogna dimenticare, inoltre, che l’Italia è impegnata con l’Oms Europa nel Piano d’Azione Europeo per le Vaccinazioni 2015-2020 (EVAP – European Vaccine Action Plan), un percorso verso un futuro in cui ogni individuo potrà godere di una vita libera dalle malattie prevenibili da vaccino. I sei obiettivi del Piano, da raggiungere entro il 2020, sono un ulteriore indicatore della necessità di intervenire a livello nazionale per migliorare le coperture vaccinali della popolazione:

  • tre obiettivi sono specifici per alcune infezioni (mantenere lo stato di Paese polio-free, eliminare morbillo e rosolia, controllare le infezioni da epatite B)
  • uno è specifico per la copertura vaccinale a tre dosi per tetano, difterite e pertosse (da mantenere ≥95%)
  • due sono legati alla necessità di prendere decisioni supportate scientificamente (evidence-based) per introdurre nuovi vaccini e raggiungere la sostenibilità finanziaria dei programmi vaccinali così da garantire l’accesso gratuito alle vaccinazioni per tutta la popolazione (una condizione che in Italia è stata introdotta con i nuovi Livelli essenziali di assistenza, pubblicati a gennaio 2017).

Infine è bene ricordare che l’obbligo vaccinale è una misura nata circa cinquant’anni fa per contrastare il dilagare di malattie che causavano migliaia di morti infantili. L’attuale differenza tra vaccini obbligatori e raccomandati è legata solamente alla mancanza di un aggiornamento della parte legislativa in questa materia e non all’importanza, efficacia o sicurezza delle vaccinazioni.

 

L’importanza della comunicazione e della formazione

Gli sforzi compiuti negli ultimi 15 anni per migliorare la conoscenza di operatori e cittadini sul tema dei vaccini e promuovere un’adesione “consapevole e volontaria” alla vaccinazione sono fondamentali per il successo delle strategie vaccinali e il raggiungimento di buone coperture, tuttavia la diffusione dell’esitazione vaccinale rende necessario intervenire ulteriormente. Per questo motivo, parallelamente al nuovo assetto dell’offerta vaccinale, è necessario investire in formazione e informazione:

  • in primo luogo la formazione del personale sanitario, attraverso percorsi multidisciplinari integrati in cui igienisti, medici di sanità pubblica, pediatri e medici del territorio collaborino per condividere non solo i presupposti teorici ma anche le modalità con cui effettuare le vaccinazioni nelle varie età. È infatti la posizione del pediatra o del medico di famiglia il fattore che più di altri è in grado di influenzare le posizioni dei genitori;
  • la diffusione di una corretta informazione a livello scolastico, attraverso interventi coordinati e programmati nel tempo in modo che la cultura acquisita possa essere un imprinting per il futuro e sia da stimolo al dialogo con i genitori “dubbiosi”.

Inoltre, è necessario aumentare le attività sul web, con una sempre maggiore diffusione di informazioni scientificamente corrette nei siti (istituzionali o accreditati sul piano scientifico) e nei social network, e un monitoraggio costante di opinioni, percezioni e conoscenze esistenti a vari livelli, in modo da essere in grado di contrastare efficacemente sia i falsi miti che possono rivelarsi determinanti nella propagazione di posizioni contrarie alle vaccinazioni, sia i comportamenti dettati da posizioni ideologiche o da scarsa conoscenza delle malattie prevenibili da vaccino.

 

Obbligatorietà: anche in Francia si passa da 3 a 11

Il 5 luglio 2017, la ministra della Salute francese ha dichiarato che entro la fine del 2017 verrà presentato un disegno di legge per rendere obbligatori 11 vaccini per i bambini che hanno meno di due anni. Attualmente i vaccini obbligatori in Francia sono 3 (contro difterite, tetano e poliomielite) e 8 sono invece raccomandati (contro pertosse, epatite B, Haemophilus influenzae di tipo b, pneumococco, meningococco C, morbillo, parotite e rosolia). Si tratta di una decisione che, come nel caso italiano, nasce dalla necessità di superare la distinzione tra vaccini obbligatori e raccomandati, contrastare l’esitazione vaccinale e prevenire il diffondersi di malattie prevenibili da vaccino.

 

E dopo l’introduzione dell’obbligo?

Come previsto dal decreto italiano, l’introduzione dell’obbligo vaccinale verrà valutato attentamente, a distanza di tre anni, attraverso il monitoraggio delle coperture vaccinali, così da definirne l’efficacia ed eventualmente rimodulare l’offerta. Il Ministro della Salute, sentito il parere del Consiglio superiore di sanità, dell’Aifa (Agenzia italiana del Farmaco), dell’Iss (Istituto superiore di sanità) e della Conferenza Stato-Regioni, potrà disporre la cessazione dell’obbligatorietà delle vaccinazioni anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella.

 

Per approfondire

Per approfondire consulta i dati relativi al carico di malattia per le malattie considerate all’interno del Decreto legge.

 

Poliomielite

In Italia non viene registrato nessun caso di malattia (la Regione europea dell’Oms è certificata polio-free dal giugno 2002).

 

Tetano

Tra il 2010 e il 2013 sono stati registrati circa 60 casi di tetano e 20 morti l’anno, soprattutto tra anziani non vaccinati (o che non hanno fatto i richiami).

 

Difterite

Grazie all’introduzione della vaccinazione, il carico di malattia è diminuito sino quasi a scomparire e, tra il 2010 e il 2013, nel nostro Paese non è stato segnalato nessun caso. Tuttavia, nel 2017 sono state segnalate 3 forme di difterite cutanea, causate da ceppi non tossinogenici, che potrebbero subire trasformazioni e diventare pericolosi).

 

Epatite B

Dal 1991, anno di introduzione del vaccino, l’incidenza di questa malattia è calata sino quasi a scomparire nei bambini (nel 2015 si è registrato un decremento fino a 0,6 casi per 100.000 abitanti, di cui 0,1 casi/100.000 per la fascia d’età 0-14 anni; 0,3 per la fascia d’età 15-24 anni; 0,8 per la fascia d’età ≥ 25 anni). Tuttavia, l’abbassarsi delle coperture espone al rischio di contrarre la malattia che può essere causa di cronicizzazione in età adulta nel 5-10% degli infetti (in età neonatale nel 90% degli infetti), causando la progressiva degenerazione del fegato che causa insufficienza epatica, cirrosi e un elevato rischio di epatocarcinoma.

 

Hemophilus influenzae b (Hib)

I dati disponibili mostrano un potenziale aumento del numero di casi prevenibili da vaccino (6 casi nel 2012, 5 casi nel 2013, 7 casi nel 2014, 4 casi nel 2015, 12 nel 2016).

 

Pertosse

Il numero di casi è notevolmente diminuito a partire dagli anni 2000 grazie al progressivo aumento delle coperture vaccinali (i dati 2010-2013 indicano un calo del carico di malattia del 97,6%), tuttavia, ad oggi, parallelamente al calo delle coperture vaccinali, il numero di bambini al di sotto di 1 anno di età ricoverati per pertosse è in aumento.

 

Morbillo

Dal 1970 alla fine degli anni 90 il morbillo ha presentato il tipico andamento ciclico con picchi epidemici molto elevati. Con l’aumentare delle coperture vaccinali, dall’inizio degli anni 2000, l’ampiezza dei picchi si è ridotta considerevolmente e a partire dal 1997 si è allungato il periodo inter-epidemico. Tuttavia, la malattia continua a circolare nel nostro Paese e si verificano periodicamente epidemie (anche a causa dell’abbassamento delle coperture vaccinali). Dall’inizio dell’anno, in Italia sono stati segnalati circa 3800 casi di morbillo, la maggior parte dei quali in adolescenti e giovani adulti e, attualmente, il nostro Paese è secondo in Europa per numero di casi registrati.

 

Parotite

L’andamento della malattia mostra una serie di oscillazioni, con un numero massimo di quasi 65 mila casi riportati nel 1996. A partire dal 1999, il trend è in netta riduzione anche se, non avendo raggiunto la soglia critica di copertura vaccinale necessaria a interrompere la circolazione del virus (95%), si continuano a verificare epidemie sul territorio nazionale.

 

Rosolia

L’obiettivo dei programmi vaccinali contro la rosolia è quello di prevenire l’infezione in gravidanza e quindi la rosolia congenita. Tuttavia, in Italia, tra gennaio 2005 e dicembre 2016 sono stati segnalati 170 casi di rosolia in gravidanza e 85 casi di rosolia congenita. Nello stesso periodo, tra le donne infette, sono state registrate 32 interruzioni volontarie di gravidanza, un nato morto, e un aborto spontaneo.

 

Varicella

Dal 2009 il numero di casi è pari a circa 60.000 l’anno e si mantiene costante fino al 2013. Non sono ancora disponibili dati nazionali sul decremento del numero di casi successivo all’introduzione della vaccinazione in quanto l’introduzione in tutte le Regioni è molto recente.

 

La tabella 1 riporta la media annuale di casi di alcune delle malattie prevenibili da vaccino notificati in epoca pre-vaccinale e nel periodo 2010-2013.

 

 

Tabella 1: Riduzione percentuale dei casi di alcune malattie prevenibili da vaccino rispetto all’epoca pre-vaccinale in Italia (Fonte: Istat; ministero della Salute)

 

Media annuale dei casi in epoca
pre-vaccinale
Media casi nel periodo
(2010-2013)
Riduzione
%

Morbillo

74.000

2949

-96,0%

Rosolia

15.000

96

-99,4%

Poliomielite

2000

0

-100%

Epatite B

3000

419

-86,0%

Difterite

7000

0

-100%

Tetano

700

60

-91,4%

Pertosse

21.000

509

-97,6%

Hemophilus influenzae b (Hib)

69

6

-91,3%

Parotite

65.000

1.000

-98,5%

Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 3 agosto 2017

Revisione a cura di: Caterina Rizzo, Antonietta Filia, Maria Cristina Rota – Istituto superiore di sanità