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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Tularemia

La tularemia è una zoonosi batterica che clinicamente si manifesta in modi diversi a seconda della via di contagio e in base alla virulenza dell’agente patogeno. Si può contrarre, infatti, attraverso il contatto diretto con animali infetti, con l’ingestione di acqua contaminata o di carne poco cotta proveniente da animali infetti, ma anche attraverso la puntura di diversi artropodi, come le zecche.

 

In Italia, dal 1992 al 1998, sono stati segnalati al ministero della Sanità 61 casi di tularemia, per una morbosità media pari a 0,02 casi per 100.000 abitanti.

 

Nella maggior parte dei casi la malattia si presenta come un’ulcera localizzata nel punto di introduzione dell’agente patogeno dell’organismo, accompagnata a gonfiore dei linfonodi regionali (tipo ulcero-ghiandolare).

 

Il periodo di incubazione della tularemia va da 1 a 14 giorni (mediamente 3-5) ed è inversamente proporzionale al numero di microrganismi inoculati. La malattia può manifestarsi nelle forme cutanea o ulcero-ghiandolare, ghiandolare, oculo-ghiandolare, gastrointestinale, polmonare, setticemica o tifoidea.

 

Nel caso in cui la malattia è trasmessa dalle zecche la forma più frequente è quella cutanea e ghiandolare, con tumefazione dolorosa dei linfonodi che spesso (ma non sempre) è preceduta o accompagnata da un’ulcerazione cutanea in corrispondenza del punto di ingresso del microrganismo, da febbre e da malessere generale.

 

La diagnosi viene fatta più comunemente sulla base del quadro clinico e confermata mediante un aumento di anticorpi specifici nel siero del paziente, che appaiono di solito nella seconda settimana della malattia. In caso di sospetto di tularemia, la terapia dovrebbe iniziare immediatamente. La letalità, nelle forme polmonari e tifoidee non trattate può arrivare al 15-30 per cento e oltre.