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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Epatite C

L’agente infettivo è un hepacavirus (Hcv), appartenente alla famiglia dei Flaviviridae, di cui sono stati identificati sei diversi genotipi e oltre 90 sottotipi. Ancora non è chiara l’implicazione di queste variazioni genotipiche nel decorso clinico della malattia, ma certamente esistono differenze nella risposta dei diversi genotipi alle terapie antivirali.

 

L’infezione acuta iniziale da Hcv è nella maggior parte dei casi, asintomatica e anitterica. In coloro che manifestano clinicamente la malattia, l’esordio è insidioso con anoressia, nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero. Un decorso fulminante fatale si osserva assai raramente (0,1%), mentre un’elevata percentuale dei casi, stimata fino all’85%, andrà incontro a cronicizzazione. Il 20-30% dei pazienti con epatite cronica C sviluppa, nell’arco di 10-20 anni, cirrosi e, in circa l’1-4%, successivo epatocarcinoma. Il periodo di incubazione va da 2 settimane a 6 mesi, per lo più è compreso fra 6 e 9 settimane.

 

La trasmissione avviene principalmente per via parenterale. Sono stati documentati anche casi di contagio per via sessuale, ma questa via sembra essere molto meno efficiente che per l’Hbv. L’infezione si può trasmettere per via verticale da madre a figlio in meno del 5% dei casi. Il controllo delle donazioni di sangue, attraverso il test per la ricerca degli anticorpi anti-Hcv, ha notevolmente ridotto il rischio d’infezione in seguito a trasfusioni di sangue ed emoderivati.

 

A tutt’oggi non esiste un vaccino contro l’epatite C e l’uso di immunoglobuline non si è mostrato efficace. Misure profilattiche efficaci sono rappresentate dalle generali norme igieniche, la sterilizzazione degli strumenti chirurgici e per i trattamenti estetici, l’utilizzo di materiali monouso, la protezione nei rapporti sessuali a rischio.

  • Leggi anche: le pagine dedicate all’epatite C sul sito dell’Oms, dei Cdc americani e dell’Ecdc.