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Istituto Superiore di Sanità
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Notiziario - 5 aprile 2007

Fao: all’inizio del 2007 sono in calo i casi d’influenza aviaria

Nonostante i notevoli passi avanti registrati per tenere sotto controllo il virus ad alta patogenicità dell’influenza aviaria A/H5N1 a livello mondiale, la malattia continua a diffondersi in nuovi Paesi e in altre regioni di quegli Stati dove non si è riusciti a contenerla. Secondo la Fao, il virus continua a rappresentare una minaccia per la vita delle persone che vivono e lavorano in prossimità del pollame, a danneggiare le economie rurali, e a ridurre la disponibilità di carne di pollo.
La minaccia più grave è che ogni caso di contagio umano offre una nuova possibilità al virus di mutare in una forma trasmissibile da uomo a uomo. Se questo dovesse accadere, secondo gli esperti dell’Onu, potrebbe seguire una pandemia di vaste proporzioni. Da quando la malattia è ricomparsa, nel 2003, ha ucciso almeno 171 persone, 66 nella sola Indonesia, il Paese con il più alto numero di vittime.
Secondo il dirigente dei servizi veterinari della Fao, Joseph Domenech, nel mondo “vi sono stati quest’anno meno casi di quanti non ve ne fossero stati l’anno scorso nello stesso periodo. Questo indica che vi è una riduzione complessiva della presenza del virus. La presenza del virus A/H5N1 nei volatili selvatici è minore rispetto all’anno scorso, quando si è assistito ad un suo incremento improvviso, soprattutto in Europa,. . Vi è inoltre maggiore trasparenza, migliore controllo e le segnalazioni dei nuovi casi sono molto più tempestive".
Dal 2003 a oggi, sono stati segnalati focolai di influenza aviaria in 56 Paesi in Africa, Asia ed Europa. Nel 2006, 53 Paesi hanno segnalato focolai, mentre quest’anno sono stati finora colpiti 17 Paesi.

Egitto, Indonesia e Nigeria non sono riusciti a contenere la malattia, diventando di fatto serbatoi del virus per una sua potenziale introduzione in altri Stati, secondo i veterinari della Fao. Thailandia, Turchia e Vietnam sono invece riusciti a contenere e tenere sotto controllo il virus. In Thailandia, per esempio, non ci sono casi umani dall’agosto del 2006. In Vietnam vi sono stati casi sporadici tra il pollame. Tre casi di influenza aviaria A/H5N1 sono stati segnalati in tre allevamenti dove gli stormi di anatre non erano state vaccinate. Tuttavia, dicono i veterinari Fao, le autorità sono immediatamente riuscite a contenere questi focolai, evitando il diffondersi della malattia. La Turchia ha debellato il virus dell’influenza aviaria nel marzo del 2006, ma nuovi focolai si sono verificati in gennaio e febbraio di quest’anno. Si ritiene che gli uccelli selvatici possano essere stati all’origine dell’introduzione del virus, che molto presto si è spostato negli allevamenti peri-urbani dove è stato comunque contenuto con successo. Secondo la Fao, quella della Turchia è stata “una campagna di controllo pienamente riuscita”.

In Indonesia, solo 3 province su 33 non sono state infettate: la malattia rimane endemica a Giava, Sumatra, Bali e nelle Sulawesi meridionali, con focolai sporadici in altre zone del Paese. Si continua ad applicare misure di controllo attraverso il sistema partecipativo di sorveglianza istituito dalla Fao a livello di villaggio, oggi operativo in 130 dei 440 distretti del Paese asiatico. Ciononostante, la vigilanza resterà alta fintanto che un maggior numero di distretti non sarà coperto dal sistema. La lotta contro l’influenza aviaria in Indonesia è stata resa difficile dalle dimensioni del Paese e dalla sua geografia: circa 17.000 isole che si estendono su più di tre fusi orari. Ma anche a causa della debolezza dei servizi veterinari nazionali e delle insufficienti risorse umane e finanziarie a livello nazionale e internazionale investite per prevenire e controllare la malattia.
In Egitto si sono registrati focolai di A/H5N1 in quattro allevamenti industriali e, dall’inizio di marzo 2007, sono stati segnalati 13 casi in piccoli pollai a gestione familiare. Alla metà di febbraio erano stati confermati 24 casi umani, dei quali 13 mortali. L’Egitto ha avuto difficoltà nel contenere la malattia per diverse ragioni, non ultime la mancanza di programmi di risarcimento per aiutare i contadini che hanno dovuto abbattere il pollame. Il Paese sta rivedendo la propria strategia nazionale di lotta contro l’influenza aviaria, con l’assistenza della Fao e di altri partner internazionali.
Nonostante le misure di controllo, l'influenza aviaria si è diffusa in numerose regioni della Nigeria, perché le autorità non sono state in grado di realizzare controlli efficaci sugli spostamenti del pollame e dei suoi prodotti provenienti dalle zone infette.
Nel mese di marzo, poi, per la prima volta la malattia è stata individuata in Bangladesh: una notizia che comunque non deve sorprendere, poiché il virus continua a circolare nel continente e non si può scartare l’ipotesi che il virus sia stato introdotto da uccelli migratori, in quanto il Paese asiatico si trova lungo un’importante rotta migratoria.
Secondo Domenech, “il rischio di una pandemia continuerà a sussistere nell’immediato futuro. La notizia positiva è che molti Paesi sono riusciti a fronteggiare la malattia, quella negativa è che il virus continua a circolare in alcuni paesi dell’Africa e dell’Asia. L’Egitto e l’Indonesia sono altamente infettati, così come la Nigeria anche se in misura minore. Con questa situazione è necessario continuare a incrementare gli sforzi globali per contenere la malattia, prima che il virus abbia l’opportunità di mutare in una forma che potrebbe minacciare il mondo con una pandemia umana”.

 

(revisione a cura di Caterina Rizzo – reparto malattie infettive, Cnesps – Iss)