English - Home page

ISS
Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

Lettere e numeri: quanto poco ne sanno gli italiani

7 novembre 2013 - A spaventare non sono due parole difficili come literacy e numeracy che indicano rispettivamente la competenza alfabetica e numerica funzionale, vale a dire la capacità di utilizzare strumenti linguistici e matematici quando se ne richiede l’applicazione nella vita di un adulto del XXI secolo. Si tratta di competenze cognitive e lavorative indispensabili per la crescita della persona, la partecipazione economica e l’inclusione sociale. A preoccupare sono invece i primi dati dell’indagine Piacc (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) (pdf 736 kb) relativa al periodo 2011-2012, che ha esplorato tali competenze nella popolazione tra i 16 e i 65 anni in 24 Paesi di Europa, America e Asia, e ha messo in evidenza il primato negativo dell’Italia in ambito europeo.

 

L’indagione Isfol-Piacc

Per l’Italia, l’indagine è stata realizzata e condotta dall’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei Lavoratori) su incarico del Ministero del Lavoro che, a ottobre 2013, ha pubblicato i dati nazionali. L’indagine Piacc fa seguito alle equivalenti e precedenti Ials (International Adult Literacy survey) del 1994-1998 (pdf 2,2 Mb) e All (Adult Literacy and Life skills) del 2006-2008 (pdf 10,3 Mb).

 

Il documento è organizzato in 9 sezioni che presentano la relazione tra le competenze di literacy e numeracy e una serie di variabili demografiche e socio-economiche nonché – e questa è una delle novità più significative – con il loro impiego in contesto lavorativo:

 

  1. Le competenze dei 16-65enni: il gap Italia nel confronto internazionale
  2. Il ruolo decisivo della collocazione geografica
  3. Partecipazione alla formazione e competenze: il vantaggio della formazione
  4. Contesti di lavoro, competenze e mismatch
  5. I rischi del non lavoro: i giovani Neet e competenze
  6. I rischi del perdurare della disoccupazione
  7. I soggetti culturalmente più deboli: i pensionati e le persone che svolgono lavoro domestico non retribuito
  8. Le competenze dei migranti in Italia: inclusione socio-culturale e riconoscimento come risorsa per lo sviluppo
  9. Abilità Ict in Piaac

 

Le competenze sono espresse in base a un punteggio (scala da 0 a 500) e classificate in 6 livelli (scala da <1 a 5, dove 3 rappresenta il punteggio minimo e indispensabile “per vivere e lavorare nel XXI secolo”).

 

Un esempio eloquente di contesto sanitario si ricava dalla indagine Ocse All (pdf 4,1 Mb) - quella immediatamente precedente la Piaff e ad essa equivalente – secondo la quale una persona che si collochi nel livello 1 può avere problemi nell’interpretare indicazioni anche semplici contenute nel foglietto illustrativo di un medicinale, per esempio il numero massimo di giorni accettabile per assumere una medicina. I dati 2013 finora pubblicati non sviluppano considerazioni mirate sulla diversa capacità di gestire la propria salute al variare delle compenze di literacy e numeracy.

 

Italia fanalino di coda

L’Italia è ultima in Europa per le competenze alfabetiche (media europea vs media italiana: 273 vs 250) e penultima per quelle matematiche (269 vs 247). Supera la soglia “di sopravvivenza”, corrispondente al livello 3, meno di un terzo degli adulti (il 29,8% quanto a literacy e il 39% quanto a numeracy); 4 italiani su 10 si collocano nel livello 2 (il 42,3% quanto a literacy e il 28,9% quanto a numeracy). La forbice con l’Europa si divarica con il crescere della scolarizzazione: i più lontani dalla media del continente sono i laureati d’Italia (scarto di 16 punti, rispetto a una decina di punti o anche meno quando si confronta l’istruzione primaria e secondaria).

 

Chi sale, chi scende e chi si allinea

Peraltro, anche l’allontanamento precoce dalla scuola senza ingresso nel mondo del lavoro compromette il raggiungimento di un livello adeguato di competenze linguistiche e matematiche, per l’effetto combinato della perduta occasione di apprendimento formale (quello scolastico) e della mancata opportunità di apprendimento informale (quello lavorativo, sul campo). È questo il profilo emergente dei Neet (Not Education, Employment or Training), giovani tra i 16 e i 29 anni che totalizzano il punteggio in assoluto più basso (media della literacy 242) non solo rispetto ai coetanei, ma anche alla media nazionale e rappresentano dunque una categoria a rischio.

 

Sono invece in recupero le persone “mature” tra i 55 e i 64 anni e l’effetto finale è una riduzione dello scarto tra i giovani e i gli anziani (più che dimezzato da 63 a 30 punti rispetto alla precedente indagine). Ancora una volta, si riscontra una costante di molte statistiche italiane: la situazione di svantaggio più marcata man mano che si scende verso il Sud; la tradizionale differenza di genere, con le donne penalizzate, si è invece praticamente annullata nei dati Piacc.

 

Casi particolari

Un altro primato italiano, anch’esso poco lusinghiero, è quello del mismatch, del quale si distinguono due tipologie. Per quanto riguarda il qualification mismatch ovvero la mancata coerenza tra il livello di qualificazione effettivo degli occupati e quello ritenuto necessario per lo specifico lavoro, il 13% degli italiani (rispetto a una media Piacc del 21%) è over-qualificato cioè ha un livello di istruzione superiore a quello richiesto; oltre il 22% (rispetto a una media Piacc del 13%) è sotto-qualificato, cioè ha un livello di istruzione inferiore. Riguardo lo skill mismatch, ovvero la mancata coerenza tra le competenze della persona e quelle richieste per il lavoro, gli italiani con competenze superiori a quelle richieste sono l’11,7% (rispetto a una media Piacc del 10,3%, dati riferiti alla literacy ma simili per la numeracy); quelli con competenze inferiori a quelle richieste sono il 6% (rispetto a una media Piacc del 3,6%, stesso discorso per literacy e numeracy).

 

Il bicchiere mezzo pieno

I dati Piacc hanno dato luogo a varie letture, interpretazioni, equivoci e fraintendimenti, magari solo eccessive semplificazioni (sarà anche questa una questione di literacy?) e si è giunti a parlare di povertà di capitale umano e di inoccupabilità degli italiani sul mercato del lavoro europeo. Ma per essere costruttivi, una volta stabilito che l’Europa è lontana e l’Italia il fanalino di coda, è meglio prima guardarsi intorno e lanciarsi all’inseguimento. E cosi facendo compare anche qualche elemento confortante.

 

Guardandosi intorno, i dati Piacc rivelano che negli ultimi anni i primi della classe, come la Svezia, non sono progrediti o sono anzi peggiorati. Guardando indietro, poi, si scopre che l’inseguimento è in atto, visto che l’Italia ha ridotto il distacco dalla media europea rispetto alle precedenti indagini del 1994-1998 (Ials, International Adult Literacy survey) e la già citata ALL (ALL, Adult Literacy and Life skills) del 2006-2008. In particolare, si osserva una riduzione consistente della quota di popolazione che si colloca nei livello 1 (in calo dal 14% dell’ultima rilevazione al 5,5%), gradualmente in via di promozione al livello 2 (in crescita dal 34,5% al 42,3%), un fenomeno che è specchio soprattutto della riduzione dell’analfabetismo.

 

L’importanza della formazione

Lo strumento indispensabile per riallinearsi a un accettabile standard europeo risulta essere la formazione. Anche qui i dati parlano chiaro: la probabilità di superare la soglia del livello 3 è doppia (40% vs 20%) per chi ha fatto formazione rispetto a chi non ha seguito questo tipo di percorso (punteggio di literacy pari a 268 vs 241). La prova del nove? La partecipazione ad attività di apprendimento formale e informale degli adulti italiani è la più bassa tra i paesi Ocse (24% rispetto una media del 52%).

 

Risorse utili