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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Privacy: un tavolo comune per superare problemi e incomprensioni

In occasione del convegno di primavera 2007 dell’Associazione italiana di epidemiologia (Aie), il direttore del Cnesps Stefania Salmaso e il presidente dell’Aie Luigi Bisanti hanno analizzato lo stato attuale dell’epidemiologia italiana, evidenziando le sfide future. «Oggi ci sono tre nuovi elementi in grado di accorciare notevolmente i tempi, abitualmente lunghi, dell’epidemiologia: i calcolatori molto più rapidi, le tecniche migliori per ricavare informazioni utili e la disponibilità di archivi sempre più completi», ha sottolineato Bisanti. «La sfida ora è consegnare le competenze e gli strumenti più adeguati alle Asl e alle strutture periferiche del Servizio sanitario nazionale: è questo l’empowerment possibile e opportuno dell’operatore periferico della sanità pubblica. Le Asl infatti sono ancora epigoni di un vecchio metodo di conduzione della sanità pubblica: compiono un lavoro certamente meritorio, ma che non risponde sempre ai reali bisogni delle realtà locali».

 

«L’utilizzo e la lettura epidemiologica di dati già raccolti ha una sua giustificazione etica: in altre parole, il Servizio sanitario ha già a disposizione molte informazioni per colmare dei vuoti di conoscenza e poter fornire ai cittadini risposte più complete sull’esito di alcuni trattamenti, del rischio aggiuntivo di alcune comorbidità, ecc. In questo scenario, sarebbe improponibile avviare nuovi e costosi studi ad hoc senza aver verificato e analizzato quello che già è stato raccolto, seppure per altri scopi», ha ribadito Stefania Salmaso. «D’altro canto c’è il rischio che la disponibilità del dato guidi il tipo di analisi effettuata e che gli studi vengano disegnati non in base a ipotesi scientifiche da saggiare, ma in base a “convenienza” e fattibilità operativa. La gestione integrata di grandi basi di dati, comunque, presenta difficoltà tecniche ancora notevoli».

 

«Senza dimenticare», ha ripreso Bisanti, «il grande problema della privacy: occorre conciliare la necessità di tutelare la riservatezza dell’individuo con quella di promuovere la salute dell’individuo e della collettività. C’è quindi un problema filosofico a monte: i diritti collettivi hanno lo stesso valore di quelli individuali? Se sì, allora il diritto alla privacy dell’individuo non va inteso come un valore assoluto: come la libertà di ognuno è limitata da quella degli altri, così il diritto alla riservatezza dev’essere limitato dal diritto degli altri alla salute. Al momento però c’è una situazione di asimmetria: esiste il garante per la privacy, ma non quello per la salute. In altre parole, prima si fanno le regole per la tutela della riservatezza, e poi al massimo si prevedono deroghe per motivi di salute pubblica. Ma così si è creata una gerarchia. Bisognerebbe invece fare un passo indietro, perché la tutela della privacy non può valere più di quella della salute».

 

Serve confronto e dialogo

Proprio sul dibattuto tema della privacy si è incentrata la tavola rotonda che ha concluso il convegno romano dell’Aie. Giovanni Buttarelli, magistrato e segretario generale del garante della privacy, ha dichiarato di non apprezzare il fatto che spesso la privacy venga vista dagli epidemiologi come un ostacolo, sostenendo che la situazione non è affatto critica: «Le regole che abbiamo in Italia sono un vero gioiello: abbiamo semplificato gli impedimenti burocratici e previsto deroghe al consenso informato, per facilitare il lavoro degli epidemiologi. Proprio per questo, a maggior ragione mi dispiace che spesso queste norme non vengano osservate». Da qui Buttarelli ha lanciato la proposta di creare un tavolo comune, formato da esperti giuristi ed epidemiologi, per evidenziare i problemi e, se necessario, riscrivere insieme le regole, in modo che vadano bene a tutti: «Dobbiamo essere alleati, non avversari», è il suo punto di vista.

 

Secondo Carlo Perucci, della Asl Roma E, e coordinatore della tavola rotonda, «le idee di Buttarelli meritano la massima considerazione, ma non sempre si riflettono nella pratica. E la difficoltà di interpretazione delle norme non riguarda solo l’epidemiologia, ma tutto il Servizio sanitario nazionale. Per esempio, un problema iniziale nelle questioni legate privacy, sta a monte nell’identificare chi è il vero proprietario dei dati del Ssn. Spesso operatori che si trovano in “nodi” di raccolta di dati che appartengono al servizio si comportano come gli unici proprietari, negando l’accesso al dato».

 

Donato Greco, Capodipartimento della prevenzione e della comunicazione del ministero della Salute, ha espresso un punto di vista conciliante: «È vero che le regole sono buone, senz’altro fra le migliori in Europa: non dobbiamo vederle dunque in un’ottica negativa, solo perché ci danno problemi. Però è innegabile che questi problemi ci sono, e le colpe non sono certo tutte degli epidemiologi». Walter Bergamaschi, della direzione generale sistemi informativi del Ministero della salute, si è detto fiducioso che questi problemi possano essere superati anche grazie alla tecnologia, per esempio con sistemi ad accesso protetto.

 

Tutti, comunque, hanno apprezzato molto la proposta di un tavolo comune. Anche Stefania Salmaso si è detta favorevole: «Oggi la privacy viene usata troppo spesso come un’arma. Quella del tavolo comune mi sembra una buona idea per andare a identificare dove effettivamente esistono gli ostacoli».