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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Valutazione, gestione e comunicazione del rischio in ambito lavorativo

Barbara De Mei - Unità di formazione e comunicazione, Cnesps-Iss

 

28 aprile 2014 – Negli ultimi vent’anni si è assistito a un’evoluzione del concetto di lavoro, che ha favorito il consolidamento della percezione di causalità circolare tra benessere individuale e condizione organizzativa. I lavoratori non sono più considerati come mera “forza produttiva”, ma piuttosto sono riconosciuti come risorsa, come un vero e proprio capitale e fattore chiave per il successo, l’efficacia e l’efficienza della realtà in cui operano.

 

I progressi registrati nell’evoluzione del concetto di lavoro, sono stati affiancati da significativi cambiamenti nella normativa sulla sicurezza e igiene del lavoro e da un consolidamento della cultura della prevenzione e della promozione della salute nei contesti lavorativi.

 

La produzione legislativa della fine degli anni ’90, ispirata dalle direttive comunitarie, ha infatti segnato il passaggio da un modello di protezione oggettiva, finalizzato a garantire un ambiente di lavoro tecnologicamente sicuro, a un modello di prevenzione soggettiva, all’interno del quale la valutazione del rischio e la sua eliminazione o riduzione è riconosciuta come compito principale del datore di lavoro, coadiuvato, nell’attività di prevenzione, dalla partecipazione attiva e consapevole sia del singolo lavoratore, che delle sue rappresentanze.

 

Inoltre, all’inizio del 2000, in sintonia con la nuova strategia comunitaria orientata alla promozione del benessere fisico, morale e sociale nei luoghi di lavoro, l’insieme delle norme che hanno disciplinato la sicurezza sul lavoro, sono state codificate in un testo unico (D.lgs. 81/08) al fine di rendere effettivo l’obbligo di garantire l’incolumità fisica e morale dei lavoratori, ponendo attenzione ai fattori stressanti psicosociali del contesto lavorativo.

 

Secondo il Decreto Legislativo 81/2008 (art. 28) e secondo l’Accordo Quadro europeo del 2004 (pdf 2,6 Mb), il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei sui dipendenti, compresi quelli collegati allo stress lavoro-correlato (leggi in proposito anche l’approfondimento “Stress lavorativo e salute mentale” a cura di Antonella Gigantesco, Ilaria Lega – reparto Salute mentale, Cnesps-Iss).

 

La Commissione Consultiva permanente per la salute e la sicurezza del lavoro ha elaborato nel 2010 le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio-stress lavoro correlato. Queste indicazioni hanno definito un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo (Comunicato del Ministero del Lavoro in G.U. n.304 del 30/12/2010).

 

La valutazione si articola in 2 fasi:

  • valutazione preliminare (liste di controllo): basata sull’analisi di eventi sentinella (indici infortunistici - assenze per malattia, frequenti lamentele, segnalazioni del medico competente) e dei fattori di contenuto del lavoro (ambiente, attrezzature, carichi e ritmi, orario e turni, corrispondenza tra competenze dei lavoratori e requisiti professionali richiesti) e di contesto (clima, stile di management, ruolo nell’organizzazione, autonomia decisionale e controllo, formazione, conflitti interpersonali, carriera, sicurezza del posto di lavoro, pari opportunità, comunicazione, incertezza riguardo le prestazioni richieste, interferenze casa-lavoro); prevede una consultazione dei rappresentanti per la sicurezza sul lavoro (Rls) e di un campione di lavoratori
  • valutazione approfondita: è attivata se da quella preliminare emergono elementi di rischio e se le misure di correzione adottate dal datore di lavoro risultano inefficaci.

Se dalla valutazione preliminare non emergono fattori di rischio, il datore di lavoro è tenuto a darne conto nel documento di valutazione del rischio (Dvr) e a prevedere un piano di monitoraggio. Se emergono fattori di rischio tali da richiedere azioni correttive si procede alla pianificazione degli interventi (organizzativi, procedurali, comunicativi, formativi). Se gli interventi correttivi risultano inefficaci si procede alla valutazione approfondita che prevede la valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori (anche di un campione rappresentativo) con strumenti come questionari, focus group, interviste semi-strutturate sulle famiglie di indicatori.

 

Le strategie di intervento

L’individuazione di un eventuale problema di stress lavoro-correlato può implicare un’analisi su fattori quali:

  • l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro (disciplina dell’orario di lavoro, grado di autonomia, corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i requisiti professionali richiesti, carichi di lavoro, ecc)
  • condizioni di lavoro e ambientali (esposizione a comportamenti illeciti, rumore, calore, sostanze pericolose, ecc)
  • carenze nella comunicazione (incertezza in ordine alle prestazioni richieste, alle prospettive di impiego o ai possibili cambiamenti, ecc)
  • fattori soggettivi (tensioni emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alla situazione, percezione di mancanza di attenzione nei propri confronti, ecc).

Ma, una volta individuato un problema di stress, in che modo si può intervenire? Le misure correttive possono includere:

  • aspetti di gestione e comunicazione (chiarendo gli obiettivi aziendali e il ruolo di ciascun lavoratore ovvero assicurando un adeguato sostegno da parte della dirigenza ai singoli lavoratori e ai gruppi o conciliando responsabilità e potere di controllo sul lavoro o, infine, migliorando la gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro, le condizioni lavorative e l’ambiente di lavoro)
  • la formazione dei dirigenti e dei lavoratori (per accrescere la loro consapevolezza e conoscenza dello stress, delle sue possibili cause e di come affrontarlo e adattarsi al cambiamento)
  • l’informazione e la consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti (secondo la legislazione europea e nazionale, gli accordi collettivi e la prassi).

Comunicare il rischio

Un aspetto fondamentale è l’impostazione della comunicazione sul rischio in ambito lavorativo che, attualmente, risente dell’evoluzione nella produzione normativa in tema di sicurezza e del consolidamento di un modello di sicurezza basato su comportamenti operativi dei lavoratori soggettivamente sicuri (modello di prevenzione soggettiva: protagonismo dei lavoratori e delle loro rappresentanze). La comunicazione sul rischio è intesa come un «processo di scambio e condivisione di informazioni sulla gestione del rischio tra l’organizzazione e le parti interessate sia nella fase iniziale di identificazione e misurazione del rischio, sia nelle fasi finali conseguenti al trattamento del rischio (misure di tutela attuate e programmate, riduzione, eliminazione, ecc)». Per favorire il processo di comunicazione è importante condividere alcuni punti essenziali:

  • la comunicazione è un compito istituzionale ed è importante che sia riconosciuta come risorsa e non come elemento “complicante”
  • sono necessarie competenze specifiche e abilità comunicativo-relazionali
  • è necessaria la pianificazione delle attività
  • è opportuno definire l’approccio: è senza dubbio più opportuno adottare modelli partecipativi basati sul coinvolgimento di tutte le parti interessate piuttosto che modelli top-down
  • è fondamentale porre attenzione e ascoltare la percezione e il punto di vista di tutti i soggetti coinvolti nel processo comunicativo.

Inoltre, in alcune circostanze può essere importante comunicare “il processo”: cosa si sta facendo, cosa si intende fare, quali sono le alternative possibili argomentando e spiegando (comunicazione in itinere, comunicazione dell’incertezza).

 

Qualche riflessione

In generale, l’iter di individuazione e valutazione del rischio stress lavoro-correlato, anche se fondamentalmente rispettato dal datore di lavoro nella fase preliminare, dovrebbe essere maggiormente applicato in tutte le sue parti, dando maggiore spazio, quando necessario, alla fase di valutazione approfondita e quindi all’ascolto della percezione dei lavoratori e alle strategie di comunicazione del rischio. Questo processo potrebbe favorire un miglioramento del clima lavorativo, una maggiore collaborazione e integrazione nell’organizzazione, nonché la promozione della salute dei singoli lavoratori e del contesto.