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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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L’IVG in Italia nel 2020

L'8 giugno 2022 è stata trasmessa al Parlamento la relazione contenente i dati definitivi 2020 sull’attuazione della legge 194/78 contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG).

 

Nel 2020, sono state notificate 66.413 IVG in Italia, pari a un tasso di abortività di 5,4 IVG ogni 1000 donne tra 15 e 49 anni, uno tra i più bassi a livello globale.

La legalizzazione dell’aborto, l’accesso alla contraccezione e il supporto dei professionisti socio-sanitari dei Consultori familiari e dei presidi sanitari che effettuano le IVG hanno permesso alle donne italiane di prevenire le gravidanze indesiderate riducendo notevolmente il ricorso all’aborto volontario, secondo gli auspici della legge 194. Rispetto al 1983, anno di massima incidenza del fenomeno quando in Italia si registrarono 243.801 IVG, nel 2020 la riduzione degli aborti raggiunge il 71%. Si tratta di uno tra i più brillanti interventi di prevenzione di salute pubblica realizzati in Italia.

 

Il monitoraggio continuo e approfondito del fenomeno garantito dal Sistema di sorveglianza epidemiologica delle IVG, attivo dal 1980, che vede impegnati l’Istituto superiore di sanità (ISS), il ministero della Salute, l’ISTAT, le Regioni e le Province Autonome permette di presentare una tra le più accurate e dettagliate relazioni disponibili a livello internazionale. La priorità di salute pubblica di tale sorveglianza è stata sancita dal suo inserimento tra i Sistemi di sorveglianza di rilevanza nazionale inclusi nel DPCM del 2017 (GU 109 del 12/05/2017) che individua nell’ISS l’Ente di livello nazionale responsabile del suo coordinamento.

 

L’impatto della pandemia di COVID-19 sulle IVG nel 2020

Grazie a una rilevazione che ha coinvolto tutti i referenti regionali della sorveglianza, nel maggio 2020 l’ISS ha potuto rilevare una variabilità nell’organizzazione delle Regioni e dai singoli servizi IVG a seguito dell’emergenza da COVID-19. Oltre la metà delle Regioni ha dichiarato che nessuna struttura ha segnalato problemi a seguito dell’emergenza pandemica. Sette Regioni hanno predisposto percorsi IVG separati per le donne SARS-CoV-2 positive, tre hanno centralizzato gli interventi solo in alcune strutture e diverse Regioni hanno riferito una riduzione del numero settimanale di interventi, sia farmacologici che chirurgici. Sarà utile valutare le scelte organizzative e le eventuali criticità rilevabili nel 2021 per studiare quali siano i migliori modelli organizzativi per fronteggiare possibili futuri scenari pandemici, confermando la bontà della tempestiva scelta ministeriale di includere l’IVG tra le prestazioni indifferibili in ambito ginecologico.

 

Il ricorso all’aborto farmacologico

Nei primi anni 2000 l’OMS ha inserito Mifepristone e prostaglandine, utilizzabili dal 1980 per l’aborto farmacologico, nella lista dei farmaci essenziali. In Italia, il Mifepristone è stato autorizzato dall’AIFA nel 2009 per l’aborto farmacologico entro 49 giorni di gestazione e con necessità di ricovero ospedaliero, in linea con il parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità. Il 16 luglio del 2010 le “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con Mifepristone e prostaglandine”, rilasciate dal ministero della Salute, confermavano queste indicazioni, differenziandosi dagli altri Paesi europei dove l’aborto farmacologico veniva già effettuato fino a 63 giorni di gestazione e in regime di day hospital. A partire dalla sua autorizzazione, in Italia l’accesso all’aborto farmacologico ha presentato forte variabilità per area geografica e tra Regioni. Nel 2010, il sistema di sorveglianza riportava un 3,3% di interventi effettuati con Mifepristone e prostaglandine, la soglia del 10% veniva superata nel 2014 e nel 2018 quella del 20%. Nel 2019 la percentuale di IVG farmacologiche era pari al 24,9% e nel 2020 si attestava al 31,9% a livello nazionale. La Circolare di aggiornamento del ministero della Salute, in accordo al parere tecnico-scientifico espresso all’unanimità dal Consiglio Superiore di Sanità, il 4 agosto 2020 ha autorizzato, anche in Italia, l’esecuzione dell’IVG farmacologica fino a 9 settimane compiute di età gestazionale in regime di day hospital o presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalle Regioni, nonché presso i consultori familiari. Questa novità può verosimilmente contribuire al maggior ricorso all’aborto medico, non tutte le Regioni si sono tuttavia organizzate tempestivamente per adottare queste linee di indirizzo, come è emerso da un’indagine ad hoc curata dall’ISS a ottobre 2020. Solo la Regione Toscana aveva emanato delle indicazioni per avviare la somministrazione di Mifepristone e prostaglandine in ambulatorio extra-ospedaliero a partire da novembre 2020, anno in cui anche il Lazio ha iniziato a offrire le IVG in sedi extra-ospedaliere. Sette Regioni avevano programmato l’avvio dell’offerta extra-ospedaliera a partire dal 2021 mentre 11 rimandavano oltre il 2021. Quindi, solo i dati del 2021 permetteranno di valutare gli effetti delle nuove linee di indirizzo sulle tempistiche e procedure per effettuare l’IVG farmacologica. Gli altri Paesi europei, dove l’aborto farmacologico è stato legalizzato molti anni prima rispetto all’Italia, registrano tassi in ulteriore crescita che in Francia e Inghilterra superano il 70% e nei Paesi del Nord Europa il 90%. La procedura preferita dalle donne in Europa risulta associata a un miglior uso delle risorse riducendo i costi e la necessità di interventi chirurgici e di tecniche anestesiologiche. In Italia la riduzione dell’aborto chirurgico a favore di quello farmacologico potrebbe contenere anche le criticità legate al fenomeno dell’obiezione di coscienza.

 

I dati 2020

Rispetto al 2019 il tasso e il rapporto di abortività sono ulteriormente diminuiti passando rispettivamente da 5,8 a 5,4 IVG per 1000 donne di età 15-49 anni, e da 174,5 a 165,9 IVG per 1000 nati vivi.

 

Caratteristiche delle donne che ricorrono all’IVG

Nel 2020, il ricorso all’IVG è diminuito in tutte le classi di età, specie tra le giovanissime. I tassi più elevati riguardano le donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni. La percentuale di IVG effettuate da donne con precedente esperienza abortiva continua a diminuire e, nel 2020, è risultata pari al 24,5%, tra i valori più bassi a livello internazionale, a conferma della reale diminuzione nel tempo del rischio di gravidanze indesiderate e conseguente ricorso all’IVG, verosimilmente grazie al maggiore e più efficace ricorso ai metodi per la procreazione consapevole, alternativi all’aborto, secondo gli auspici della legge 194/78. Le IVG tra le donne straniere, dopo una progressiva stabilizzazione, risultano in leggera diminuzione, in analogia a quanto osservato nei decenni precedenti tra le donne italiane. Nel 2020, sono state il 28,5% di tutte le IVG, mantenendo, per tutte le classi di età, tassi di abortività di circa 2-3 volte più elevati rispetto a quelli delle italiane.

 

Tecniche per effettuare l’IVG

L’isterosuzione è la tecnica chirurgica utilizzata più frequentemente in Italia (55,8% delle IVG nel 2020); permane tuttavia un 8,6% di interventi effettuati con il raschiamento che è una procedura più rischiosa per la salute della donna. Il raschiamento continua a presentare una forte variabilità tra Regioni con valori compresi tra nessun caso in Molise e il 30,4% in Sardegna, indicativa di inappropriatezza assistenziale meritevole di attenzione. Nel 2020, l’aborto farmacologico con mifepristone e successiva somministrazione di prostaglandine è stato utilizzato nel 31,9% delle IVG con conseguente aumento degli interventi eseguiti senza anestesia (29,3% nel 2020, rispetto al 23,9% nel 2019 e al 5,7% nel 2012) e aumento della percentuale di interventi in epoca gestazionale precoce (56% entro le 8 settimane nel 2020) che sono associati a un minor rischio di complicanze per le donne.

 

Obiezioni di coscienza

I dati del 2020, benché in lieve diminuzione, confermano un’alta percentuale di obiettori (64,6% dei ginecologi, 44,6% degli anestesisti e 36,2% del personale non medico) con ampie variazioni regionali per le tre categorie. La relazione contenente i dati definitivi 2020 fornisce, per la prima volta, nuovi parametri per approfondire il tema dell’obiezione di coscienza. In base a questi parametri, il 63,8% delle strutture con reparto di ostetricia e/o ginecologia (357/560) in Italia ha effettuato IVG, con forte variabilità interregionale. Risultano disponibili 2,9 punti IVG ogni 100.000 donne in età fertile e il carico di lavoro medio settimanale di ogni ginecologo non obiettore varia di poco rispetto agli anni precedenti. Le Regioni in cui si osserva un carico di lavoro più alto per i ginecologi non obiettori sono Molise (2,9 IVG medie settimanali), Puglia (2) e Campania (1,9). È auspicabile che le Regioni che presentano le maggiori criticità possano valutare soluzioni per garantire quanto indicato nell’articolo 9 della legge 194/78, “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La Regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale”.

 

Il ruolo dei consultori

I consultori familiari offrono un percorso di presa in carico e accompagnamento delle donne che richiedono l’IVG che include il counselling prima della procedura, i controlli medici e il counselling contraccettivo post-IVG. L’analisi dell’attività dei consultori familiari per l’IVG nel 2020 è stata effettuata attraverso un monitoraggio ad hoc del ministero della Salute. I consultori familiari che hanno dichiarato di effettuare counselling per l’IVG e di rilasciare certificati per l’intervento sono 1448 e corrispondono al 69,9% del totale dei consultori familiari. Come negli anni passati, il numero di colloqui IVG supera quello dei certificati rilasciati dai consultori (45.533 colloqui vs 30.522 certificati) verosimilmente per il supporto offerto alle donne con l’obiettivo di rimuovere le cause che le porterebbero all’interruzione della gravidanza” (art. 5, 194/78). Il progetto CCM “Analisi delle attività della rete dei consultori familiari per una rivalutazione del loro ruolo con riferimento anche alle problematiche relative all’endometriosi”, coordinato dall’ISS ha fotografato i consultori ad oltre 40 anni dalla loro istituzione ed evidenziato come oltre il 95% di tali presidi offra, senza differenze per area geografica, quanto previsto dalla legge 194 alle donne che fanno richiesto di IVG, dalla fase pre-intervento al counselling contraccettivo post intervento.

 

Risorse utili

 

Data di creazione della pagina: 16 giugno 2022

Testo scritto da: Serena Donati, Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute, Iss