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Istituto Superiore di Sanità
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Non abbassare la guardia sulla salute mentale: i dati di Passi d’Argento

Seppure in maniera non completamente rappresentativa di tutto il Paese, la sorveglianza Passi d’Argento (incentrata sulla popolazione ultra 64enne) ha disegnato una mappa della popolazione e della loro autonomia nelle attività della vita di tutti i giorni nella misura in cui le persone sono autonome nelle attività strumentali della vita di tutti i giorni (Iadl), come andare a far la spesa o usare il telefono. L’autonomia nel compiere queste attività è importante e potenzialmente in relazione con la salute mentale. Secondo il paradigma bio-psico-sociale infatti, la fragilità è “uno stato dinamico che colpisce un individuo che sperimenta perdite in uno o più domini funzionali (fisico, psichico, sociale), causate dall’influenza di più variabili che aumentano il rischio di risultati avversi per la salute”. Nel campione dell’ultima rilevazione del Passi d’Argento questa forma di fragilità è presente nel 47% degli intervistati che riferisce di non essere autonomo in almeno 1 di queste attività (Iadl) anche se non sappiamo dire quale sia la quota ascrivibile a ragioni attinenti più strettamente alla salute mentale.

 

Ma nella sorveglianza sono stati misurati aspetti più specifici della salute mentale. Per esempio la percezione della qualità della vita negli ultra 64enni, che rimane complessivamente buona confermando d’altronde il piazzamento del nostro Paese che, nella recente classifica pubblicata da The Lancet sul carico di malattie (burden of diseases), si situa al secondo posto al mondo dopo il Giappone. A conferma di ciò, il 31% degli ultra 64enni ritiene che la propria salute vada bene o molto bene, il 51% discretamente e solo il 18% male o molto male, valori sostanzialmente identici rispetto alla precedente rilevazione del Passi d’Argento (2009-2010). Alla domanda di quanto si sentano soddisfatti della propria vita, il 74% risponde di essere soddisfatto/molto soddisfatto, più nel gruppo dei 65-74 che in coloro che hanno 75 o più anni (79% vs 67%), più negli uomini che nelle donne (79% vs 70%) ma più evidenti sono le differenze fra le 3 categorie di persone che si distinguono a seconda che ci si senta di arrivare a fine mese con “nessuna”, “qualche” e “molte difficoltà economiche” (rispettivamente 50%, 71% e 87%).

 

Con il progredire dell’età, anche l’isolamento sociale risulta in relazione anche con il declino delle capacità cognitive e, più in generale, con un aumento della mortalità. Inoltre, la solitudine e l’isolamento sociale sono associati a un maggior ricorso e una maggiore durata delle ospedalizzazioni nonché a una miriade di altre conseguenze sulla salute, incluse la malnutrizione e l’abuso alcolico o il rischio di caduta. Nell’indagine Passi d’Argento, il rischio di isolamento è stato valutato attraverso la partecipazione a incontri collettivi e l’incontro con altre persone singole anche solo per fare quattro chiacchiere. Sono state considerate a rischio di isolamento sociale le persone che in una settimana normale hanno riferito di non aver svolto nessuna di queste due attività.

 

In media, sul campione del pool nazionale questo rischio si è verificato nel 20,2% delle persone, con grande variabilità fra le Regioni. La tabella 1 offre un dato (sempre in percentuale) standardizzato (aggiustato cioè, e quindi confrontabile, sulle necessarie differenze per sesso ed età della popolazione ultra 64enne delle diverse Regioni)*.

 

Tabella 1: Persone ultra 64enni a rischio di isolamento sociale

 

*Lombardia, Marche e Friuli Venezia Giulia hanno una rappresentatività di un’Azienda e non dell’intera Regione

 

In generale si rilevano i tassi più alti di rischio di isolamento nelle Regioni del Sud del nostro Paese. Lasciando il territorio e guardando un po’ più la distribuzione dell’isolamento nella popolazione ultra 64enne, si riscontrano le stesse caratteristiche della soddisfazione della propria vita, dove i meno esposti al problema dell’isolamento appaiono gli uomini, gli anziani della classe di età di 65-74 anni e gli ultra 64enni che non riferiscono difficoltà economiche.

 

I sintomi depressivi – uno dei 4 “giganti” della geriatria, così come definiti dall’Oms – sono presenti complessivamente in misura del 21,3%, più frequentemente tra gli ultra 75enni rispetto ai 65-74enni (25% vs 18%), con notevoli differenze per genere (uomini 14,4% vs donne 26,3%). Anche per i sintomi depressivi sembra pesare molto la differente percezione sulle difficoltà economiche: presente nell’11,9% di coloro che sentono di arrivare a fine mese con nessuna difficoltà, si riscontra nel 22,1% e nel 40,9% per chi rispettivamente percepisce “qualche” e “molte difficoltà economiche”. La tabella 2 mostra differenze anche molto marcate fra le Regioni con un gradiente di maggiore gravità fra Nord e Sud (anche qui i dati sono stati standardizzati per genere ed età)**.

 

Tabella 2: Persone ultra 64enni che dichiarano sintomi depressivi

 

 

**Lombardia, Marche e Friuli Venezia Giulia hanno una rappresentatività di un’Azienda e non dell’intera Regione

 

Un aspetto che, pur essendo soggettivo e riguardante la percezione individuale, deve tuttavia poter richiamare l’attenzione di chi si occupa della salute mentale degli ultra64enni è certamente che gli intervistati riferiscono che nei 30 giorni precedenti l’intervista hanno avuto in media 7 giorni in cattiva salute per motivi psicologici.

 

In sintesi possiamo osservare che nonostante le condizioni globalmente buone dei nostri ultra 64enni i risultati di Passi d’Argento indicano che è necessario prestare maggiore attenzione agli aspetti di salute mentale se davvero in Italia ci proponiamo l’obiettivo per il 2020, assieme agli altri Paesi europei, di ridurre di almeno 2 anni la disabilità che accompagna gli ultimi 10-15 anni della nostra vita.

 

Data di creazione della pagina: 10 ottobre 2013

Revisione a cura di: Alberto Perra - per il Gto del Passi d’Argento