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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Resistenza alla vancomicina in ceppi invasivi di enterococcus faecalis eD enterococcus faecium. Dati preliminari

Delia Boccia1, Fortunato D’Ancona1 e Annalisa Pantosti2, per il gruppo di studio AR-ISS*

1Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica, ISS 2Laboratorio di Batteriologia

e Micologia Medica, ISS

 

Nel 1999 il Consiglio dell’Unione Europea ha incluso la resistenza antibiotica tra le priorità sanitarie da affrontare in ambito comunitario, e nel 2001 ha emanato una risoluzione denominata “Una strategia contro la minaccia microbica”. In questo documento, tra i necessari interventi per il contenimento del fenomeno dell’antibioticoresistenza viene indicata l’istituzione o il rafforzamento di sistemi di sorveglianza, su scala nazionale o internazionale, che consentano di raccogliere dati affidabili e comparabili e che integrino quelli già noti anche sull’uso e sulla prescrizione di antibiotici (1).

 

In risposta a queste raccomandazioni, è nato il progetto di sorveglianza nazionale AR-ISS (Antibioticoresistenza - Istituto Superiore di Sanità), il cui principale obiettivo è la raccolta di dati relativi all’antibioticoresistenza nei confronti di alcuni patogeni di interesse clinico ed epidemiologico che siano rappresentativi della realtà nazionale e comparabili con i dati internazionali. Maggiori dettagli sui metodi e sulle finalità dello studio e sui laboratori partecipanti sono disponibili all’indirizzo: www.simi.iss.it/antibiotico_resistenza.htm

 

Questo progetto, avviato nel giugno 2001, fa seguito a un’iniziativa analoga realizzata nel 2000 in collaborazione con altri Paesi europei (2), in cui sono stati raccolti dati di antibioticoresistenza di ceppi invasivi di Staphyloccoccus aureus e Streptococcus pneumoniae. Nella sorveglianza AR-ISS, la rete di laboratori si è ulteriormente rafforzata e sono stati inclusi anche i ceppi invasivi di Enterococcus faecalis/faecium, i cui risultati preliminari di vancomicina resistenza (VRE) verranno di seguito presentati, e di Klebsiella pneumoniae/oxytoca.

 

In particolare, la scelta di raccogliere dati su E. faecalis ed E. faecium nasce dalle seguenti osservazioni:

- questi patogeni sono tra i più frequenti agenti eziologici di infezioni nosocomiali (3);

- in tutto il mondo si stanno moltiplicando le segnalazioni di ceppi resistenti alla vancomicina.

 

Il fenomeno della vancomicina resistenza potrebbe avere gravi ricadute in sanità pubblica non soltanto perché spesso associato a fenomeni di multiresistenza che, rendendo inefficaci quasi tutte le terapie antibiotiche a disposizione aumentano morbidità e mortalità dei pazienti colpiti, ma anche perché sperimentalmente è dimostrato che i geni della resistenza alla vancomicina possono essere trasferiti ad altre specie microbiche, in particolare S. aureus, con conseguenze disastrose (4).

 

Durante la sorveglianza AR-ISS, nel periodo 1° giugno 2001-31 gennaio 2002, sono stati isolati 459 enterococchi da sangue, di cui 324 (70,6%) E. faecalis e 120 (26,1%) E. faecium (nei rimanenti 15 isolamenti la specie non era nota).

 

L’età media dei pazienti da cui sono stati isolati enterococchi è di 62 anni (range 0-92, DS 21,3) e il 62,7% dei pazienti è di sesso maschile. Il 69,3% dei ceppi è stato isolato da ospedali del Nord Italia e il 49,2% da ospedali con più di 900 posti letto. I reparti in cui sono stati isolati più frequentemente enterococchi sono stati quelli di medicina (41,3%), di terapia intensiva (12,7%) e di chirurgia (16,7%).

 

La frequenza di resistenza alla vancomicina e di multiresistenza per le diverse specie è riportata in Tabella 1. Il 5,9% degli isolati è risultato resistente a tre o più antibiotici (di classi diverse) ed è rilevante il fatto che questa percentuale salga all’80% se si prendono in considerazione solo i ceppi vancomicina resistenti.

 

In Tabella 2 viene riportata la frequenza di resistenza alla vancomicina ulteriormente stratificata per alcune categorie di interesse: la frequenza di VRE non è risultata significativamente più elevata in nessuna delle classi di età analizzate, né tra i due sessi. La resistenza alla vancomicina è risultata pari al 19,4% per le regioni del Sud e sebbene i 7 ceppi resistenti provengano tutti da due ospedali (2 da uno e 5 dall’altro), per il momento non è possibile stabilire se si tratti di cluster. La frequenza di VRE è risultata più alta nei reparti di chirurgia, rispetto ai reparti di medicina e terapia intensiva (9,8% contro, rispettivamente, il 6,6% e il 6%).

 

I dati preliminari di resistenza conseguiti in questi mesi di attività della sorveglianza AR-ISS hanno rivelato che la resistenza alla vancomicina rappresenta già un problema importante nel nostro Paese, come emerge anche dal confronto con i dati internazionali riportati in letteratura che riferiscono una frequenza media europea di VRE pari allo 0,06% e al 3,8%, rispettivamente, per E. faecalis e per E. faecium (5). Inoltre, almeno per quanto riguarda E. faecium, sembra che l’Italia si collochi, insieme alla Grecia (23,8% di E. faecium resistenti alla vancomicina), tra i Paesi europei con i più alti livelli di resistenza alla vancomicina (2).

 

Ulteriori indagini sono necessarie per stabilire la comparabilità dei dati italiani con i dati internazionali, per verificare l’impatto clinico ed economico delle infezioni da VRE, le possibili correlazioni con il consumo di glicopeptidi in Italia, e quante di queste infezioni si instaurino in contesti epidemici. Sarebbe inoltre utile istituire dei controlli di qualità per verificare l’attendibilità dei risultati, soprattutto per verificare se le tecniche di routine in uso nei laboratori possano provocare una sottostima di questo fenomeno.

 

Sebbene la numerosità delle rilevazioni non ci consenta di giungere ancora ad alcuna conclusione rispetto ai possibili rischi correlati alle infezioni da VRE, i dati a disposizione sono sufficienti a sottolineare fin d’ora l’importanza di prevenire queste infezioni, soprattutto nei soggetti ospedalizzati. Gli strumenti a disposizione per il controllo di queste infezioni in ambiente nosocomiale sono riconducibili essenzialmente a un uso più prudente della vancomicina sia nella profilassi che nella terapia e alla messa in atto di misure di controllo finalizzate a evitare la trasmissione persona-persona e la contaminazione ambientale. Questi interventi si realizzano attraverso l’isolamento dei pazienti infetti o colonizzati da VRE, in modo da evitare che il personale assista contemporaneamente pazienti colonizzati da VRE e non-colonizzati. È opportuno, inoltre, intensificare l’uso di misure di protezione personali, come guanti e camici, da sostituire sempre dopo il contatto con pazienti a rischio, attraverso un attento trattamento della biancheria e del materiale infetto e attraverso una scrupolosa pulizia e disinfezione delle superfici e della strumentazione medica (6).

 

Riferimenti bibliografici

1.Commissione delle Comunità Europee. Raccomandazione del Consiglio del 15 novembre 2001 sull’uso prudente degli agenti antimicrobici nella medicina umana. GUCE del 5.2.2002 L34/13.

2.European Antimicrobial Resistance Sureillance System: www.earss.rivm.nl

3.Rice LB. Emerg Infect Dis 2001; 7(2):183-7.

4.Noble WC, Virani Z, Cree RG. FEMS Microbiol Lett 1992; 72: 195-8.

5.Low DE, Keller N, Barth A, et al. Clin Infect Dis 2001; 32(Suppl. 2): S133-45.

6.CDC. MMWR 1995; 44 (RR12): 1-13.