Francesca Dabrassi, Anna Maria Della Vedova e Antonio
Imbasciati
Dipartimento materno-infantile, Facoltà di Medicina e
Chirurgia, Università di Brescia
La gravidanza e il parto costituiscono
una delle esperienze più intense e complesse per una donna:
esse coinvolgono sia dimensioni fisiche che psichiche e
tengono insieme aspetti del presente, del passato e del
futuro (1). In alcune donne, il periodo della gravidanza è
vissuto come un momento di difficoltà caratterizzato da
ansia per il proprio corpo, per il feto, per il parto e per
il futuro rapporto con il bambino. In tali donne si possono
presentare scompensi psicopatologici che si ripercuotono sia
sullo sviluppo psicologico che somatico del bambino.
Nell’ottica di un corso di accompagnamento alla nascita, che
ha lo scopo di promuovere la salute e il benessere globale
della donna e del neonato, diventa fondamentale considerare
il processo di maternità in tutti i suoi aspetti, fisici e
psichici. Elementi psichici importanti includono il livello
di investimento emotivo delle gestanti nei confronti del
bambino che stanno attendendo: la qualità delle esperienze
infantili avute con i propri genitori e la qualità del
rapporto di coppia e del supporto emotivo fornito dal
contesto in cui la donna è inserita, la prevalenza di
alessitimia e di depressione (1-3).
Nel
nostro Paese sono pochi gli studi su questi temi la cui
conoscenza, al contrario, è fondamentale per una migliore
organizzazione, copertura ed efficacia di tali corsi.
Abbiamo pertanto intrapreso uno studio sulle donne che
accedono ai corsi di accompagnamento alla nascita
organizzati nel distretto sanitario di base n. 3 dell'ULSS
20 di Verona.
La partecipazione
all’indagine è stata proposta a un campione di convenienza
costituito da tutte le donne (n. 134) che si sono recate ai
corsi di accompagnamento alla nascita programmati presso i
due distretti di Verona, tra gennaio e giugno 2006. Le
donne, che hanno dato il loro consenso a partecipare alla
ricerca, hanno compilato una batteria di test alla fine del
primo incontro, in modo che le risposte non fossero
influenzate dalle informazioni avute durante il corso
stesso; la partecipazione avveniva in forma anonima. La
batteria comprendeva: il PAI (Prenatal Attachment Inventory)
volto ad indagare il livello di investimento emotivo delle
gestanti nei confronti del bambino atteso (4); il PBI (Parental
Bonding Instrument) che misura la qualità delle relazioni
interiorizzate rispetto ai propri genitori durante il
periodo della propria infanzia (5); l’MSSS (Maternity Social
Support Scale) che misura il tipo di supporto sociale e
amicale percepito dalla gestante (6); il TAS-20 (Toronto
Alexithymia Scale) che indaga il livello di alessitimia (7),
e il CES-D (Center for Epidemiological Studies-Depression
Scale) che rileva la presenza di sintomi depressivi (8). È
stata somministrata inoltre una scheda socioanamnestica. È
stata condotta un’analisi descrittiva delle informazioni
raccolte e i punteggi ottenuti nei singoli questionari sono
stati confrontati con i valori di riferimento indicati dagli
autori dei test.
Tutte le donne, cui è stata proposta la
partecipazione, hanno aderito allo studio. Sono state
escluse dall’analisi le donne che presentavano anche solo un
data missing (listwise deletion procedure). Il campione
finale era pertanto costituito da 87 donne. L’età media dei
soggetti era di 32 anni (range: 20-41). Il 99% era di
nazionalità italiana, con un titolo di studio equivalente
alla media superiore (48%) con attività impiegatizia (50%).
Si trattava soprattutto di donne sposate (85%) o comunque
con una relazione stabile (14%), per la maggior parte
primipara (82%) e con gravidanze non a rischio (95%).
Il 54% delle donne che ha partecipato ai
corsi di accompagnamento alla nascita si trovava tra la 28a
e la 31a settimana di gestazione, il 16% sotto la 27a e il
30% sopra la 32a. L’87% delle donne riferiva che la
maternità era desiderata, il 52% che si trattava di una
gravidanza pianificata. All’anamnesi, il 20% riferiva di
aver avuto aborti spontanei, il 6% precedenti gravidanze ad
alto rischio, solo una riferiva di un’interruzione
volontaria di gravidanza. Inoltre, il 18% segnalava di aver
vissuto lutti o traumi gravi nell’ultimo anno, il 21% di
aver sofferto d’ansia, il 7% di depressione e il 9% di
problemi alimentari.
I risultati dei test
effettuati sono riassunti nella
Tabella. Per quanto riguarda il PAI
il 26% delle donne mostra un livello di attaccamento
prenatale basso (punteggio compreso tra 37 e 55) e il 30% un
livello alto (punteggio compreso tra 67 e 77). Il TAS-20 ha
dimostrato che il 70% delle donne non presentavano
difficoltà a riconoscere le proprie emozioni, mentre il 21%
è risultato nell’area intermedia (borderline o tendenza
alessitimia) e il 9% presentava difficoltà nell’elaborazione
e nel riconoscimento delle emozioni proprie e altrui (alessitimia).Per
quanto riguarda il supporto sociale materno, solo una madre
(1%) riportava valori di livello basso, il 24% di livello
medio e 75% di livello adeguato (MSSS). Prendendo in
considerazione la valutazione della sintomatologia
depressiva, il 5% del campione ha presentato un rischio di
depressione maggiore (punteggio CES-D >23). Infine, per lo
stile genitoriale indagato con il PBI, le scale di “cura” e
“controllo” materno/paterno si combinavano nei seguenti modi
relativamente al rapporto con la madre: l’11% del campione
mostrava un legame debole/assente (bassa cura/basso
controllo), il 29% un controllo privo di affetto (bassa
cura/alto controllo), il 30% una costrizione affettuosa
(alta cura/alto controllo) e il 30% un legame ottimale (alta
cura/basso controllo). Per quanto riguarda la figura paterna
emerge per un 15% un legame debole, 36% un controllo privo
di affetto, 49% una costrizione affettuosa e nessuna un
legame ottimale.
I risultati della nostra
ricerca non sembrano evidenziare una popolazione
particolarmente a rischio; tale dato era peraltro
prevedibile poiché il campione riguarda una popolazione che
si è selezionata nella scelta stessa di accedere al corso.
Chi si avvicina ai corsi sono donne italiane, con età
maggiore ai 30 anni, livello di istruzione medio-alto, con
occupazione lavorativa e, soprattutto, primigravide e con
gravidanze a basso rischio. Inoltre, il profilo positivo
emerge anche dagli alti livelli riscontrati nella scala
dell’attaccamento prenatale (PAI) e del supporto sociale
materno (MSSS) e da percentuali che rientrano nella norma
nel livello di alessitimia (TAS-20) e di depressione
(CES-D). Questi risultati non sorprendono vista la
popolazione di studio: altri studi dimostrano che le donne
che vengono individuate nei corsi di accompagnamento alla
nascita tendono a mostrare i più alti punteggi di risposta
per quanto riguarda l’attaccamento al loro bambino non
ancora nato e il supporto sociale percepito.
Un elemento di particolare attenzione sembra individuabile,
rispetto ai valori indicati dagli autori del PBI (5), negli
stili genitoriali interiorizzati emersi: la maggior parte
delle donne descrive un legame con entrambi i genitori
caratterizzato da alta cura legato ad alto controllo
(“costrizione affettuosa”). Interessante, seppur da valutare
con prudenza, è quanto emerge dai dati rispetto all'assenza
di “legame ottimale” con la figura paterna.
Per le donne che nel nostro campione
presentano punteggi non ottimali non è possibile individuare
un profilo tipico in quanto il loro numero è esiguo, dato
che si tratta di un campione selezionato. Altri hanno
dimostrato che la giovane età, l’essere disoccupati, avere
un titolo di studio inferiore, la presenza di sintomi
depressivi e/o di caratteristiche alessitimiche, un basso
livello di supporto sociale e un rapporto non ottimale con i
genitori costituiscono un fattore di rischio per
l’attaccamento prenatale, e donne che mostrano una o più di
queste condizioni meritano una maggiore attenzione.
È noto ormai da tempo che i corsi di accompagnamento alla
nascita sono riconosciuti come uno degli elementi
fondamentali per ridurre gli esiti negativi per la salute
della madre e del bambino. Ciò nonostante, come emerge dalla
letteratura e dai risultati di questo lavoro, le donne che
tendono ad accedere a questi servizi sono già in partenza
una categoria di partorienti fortemente selezionata e già
orientata verso una maggiore sensibilità al bambino.
Rimangono pertanto escluse tutte quelle donne che
appartengono alla fascia meno protetta e teoricamente più a
rischio di crisi negative. Bisognerebbe trovare un modo,
come operatori sanitari, di offrire loro un sostegno per la
gravidanza, il parto e il periodo dopo il parto, cercando di
costruire un collegamento ancor più forte tra i diversi
servizi sociosanitari esistenti sul territorio, in modo da
poter permettere la segnalazione dei casi più a rischio e la
loro presa in carico. Occorrerebbe un maggior sviluppo e una
maggiore promozione dei corsi di accompagnamento alla
nascita, in modo che anche le frange di popolazione che per
varie circostanze (economiche, culturali, sociali)
attualmente si pongono al di fuori dei corsi potessero
invece accedervi nella loro totalità. Solo in queste
circostanze, futuribili e di realizzazione sociale enorme,
ulteriori ricerche potrebbero individuare con precisione i
profili a rischio.
Riferimenti bibliografici
1. mbasciati A, Manfredi P. La donna
dalla nascita alla vecchiaia. In: Imbasciati A, Margiotta M.
(Eds). Compendio di psicologia clinica per gli operatori
sociosanitari. Padova: Piccin; 2005.
2.
Bibring GL. Some consideration of the psychological process
in pregnancy. Psychoanalytic study child 1959;14:113-21.
3. Laxton-Kane M, Slade P. The role of
maternal prenatal attachment in a woman’s experience of
pregnancy and implications for the process of care. J Reprod
Infant Psych 2002;20(4):253- 67.
4. Muller ME. Development of the
prenatal attachment inventory. West J Nurs Res
1993;15(2):199-215.
5. Scinto A, Marinangeli MG, Kalyvoka A,
et al. Utilizzazione della versione italiana del Parental
Bonding Instrument (PBI) in un campione clinico ed in un
campione di studenti: uno studio di analisi fattoriale
esplorativa e confermatoria. Epidem Psich Soc
1999;8(4):276-83.
66. Webster J, Linnane JWJ, Dibley LM, et
al. Measuring social support in pregnancy: can it be simple
and meaningful? Birth 2000;27(2):97-101.
7. ressi C, Taylor G, Parker, et al.
Cross validation of the factor structure of the 20-item
Toronto Alexithymia Scale: an italian multicenter study. J
Psychosom Res 1996; 41(6): 551-9.
8. Fava GA. Versione italiana del CES-D
per la valutazione degli stati depressivi. Firenze:
Organizzazioni Speciali; 1982.