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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Indice: Boll Epidemiol Naz 2020;1(1)

Il quadro epidemiologico della fragilità nell’anziano dai risultati della Joint Action europea ADVANTAGE*

Lucia Galluzzoa , Alessandro Feraldia,b, Gruppo di lavoro WP5 della Joint Action ADVANTAGE**
aDipartimento di Malattie Cardiovascolari Endocrino-Metaboliche e Invecchiamento, Istituto Superiore di Sanità, Roma
bDipartimento di Scienze Statistiche, Sapienza Università di Roma

 

Citare come segue: Galluzzo L, Feraldi A, Gruppo di lavoro WP5 della Joint Action ADVANTAGE. Il quadro epidemiologico della fragilità dell’anziano dai risultati della Joint Action europea ADVANTAGE. Boll Epidemiol Naz 2020;1(1):19-23. DOI: https://doi.org/10.53225/BEN_027

 

 

The epidemiological picture of frailty in older people from results of the European Joint Action ADVANTAGE

Introduction

Frailty is an age-related, multi-factorial functional decline, leading to increased vulnerability and adverse health outcomes. It represents one of the major challenges of global population aging, causing sufferings at individual level and threatening the long-term sustainability of healthcare systems. However, frailty is not an inevitable consequence of the ageing process, and can be prevented and potentially reversed. Reliable epidemiological data are of utmost importance to calibrate an adequate public health response.

 

Methods

Within the European Joint Action ADVANTAGE, systematic reviews of literature on prevalence, incidence and progression of frailty over time were conducted, accompanied by a survey on how Member States were addressing prevention and management of frailty.

 

Results

The scientific reviews show an overall heterogeneity of data concerning the frequency of frailty, with prevalence rates ranging from 2% to 75.6% according to classification of frailty, study design, setting and characteristics of the population (pooled prevalence estimates 12% among community-dwellers, 45% in non-community settings). There is a remarkable paucity of information about the occurrence of new cases (incidence), the progression of existing ones (longitudinal transitions and trajectories), and on associated risk and protective factors. The level of development of studies on the epidemiology of frailty is sustainable only for a few participants in the survey, including Italy, whereas is basic for the majority of countries.

 

Conclusions

Further standardized and well-designed prospective studies of frailty, including the analysis of health and socioeconomic factors associated with its development and progression, are needed to guide policy makers and healthcare providers towards actions addressed to high-risk groups.

 

Key words: epidemiology; frailty; aging

 

Introduzione

Secondo il recente modello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1), il presupposto per l’invecchiamento in salute è il mantenimento della capacità funzionale, intesa come combinazione e interazione tra capacità intrinseca (il bagaglio di risorse fisiche e mentali individuali) e l’ambiente di vita. A parità di aspettativa di vita e condizioni psicofisiche, il processo d’invecchiamento non è sempre uguale e le traiettorie di depauperamento progressivo della capacità funzionale variano da individuo a individuo.

 

La fragilità è una condizione età-correlata e multifattoriale, caratterizzata da un’aumentata vulnerabilità agli eventi avversi di origine endogena ed esogena e a una progressiva riduzione della capacità intrinseca, che espone l’individuo a un maggior rischio di esiti di salute negativi e all’incremento di ospedalizzazione, disabilità e morte (1). Secondo una recente meta-analisi, nei Paesi a più alto reddito, la fragilità interessa circa l’11% degli ultasessantacinquenni non istituzionalizzati (2), sebbene le evidenze scientifiche presenti in letteratura siano estremamente disomogenee a causa della mancanza di accordo sulle definizioni e sugli strumenti adottati (3). Essendo una condizione dinamica potenzialmente reversibile, l’individuazione precoce della fragilità e la prevenzione dei fattori modificabili che ne influenzano la progressione rappresentano una delle attuali priorità di intervento in salute pubblica (4).

 

Qual è la frequenza della fragilità in Europa? Quanti casi dobbiamo aspettarci in futuro? Quali sono le caratteristiche e le dinamiche della progressione/regressione della fragilità nel corso del tempo? Quali sono i soggetti a più alto/basso rischio di transizione? Il quadro epidemiologico è ben delineato? Queste sono le principali domande a cui si è cercato di dare una risposta attraverso uno dei gruppi di lavoro (Work Package - WP5) della Joint Action (JA) ADVANTAGE (5), che ha coinvolto 22 Stati europei e 34 istituzioni nella messa a punto di un modello condiviso di prevenzione e gestione della fragilità (6).

 

Il presente articolo fornisce una sintesi del lavoro svolto dal WP5 della JA ADVANTAGE nel determinare lo stato dell’arte dell’epidemiologia della fragilità, con un focus particolare sulle implicazioni in ambito di salute pubblica, soprattutto a livello italiano.

 

Materiali e metodi

Nell’ambito delle attività svolte dalla JA ADVANTAGE, è stata effettuata una ricognizione a livello europeo delle evidenze scientifiche e delle buone pratiche riguardanti i vari ambiti della fragilità.

 

Relativamente agli aspetti epidemiologici, sono state eseguite tre revisioni sistematiche della letteratura scientifica. Le revisioni hanno preso in esame tutti i lavori sulla fragilità in soggetti anziani, pubblicati dal 2002 al 2017 e individuati attraverso PubMed, Embase, CINAHL, MEDLINE, Opengrey e Cochrane Library, aventi per oggetto: a) prevalenza, b) incidenza, c) traiettorie temporali in gruppi con caratteristiche comuni o transizioni longitudinali tra livelli di gravità. Al fine di discriminare i lavori pertinenti da quelli non rilevanti, ci si è basati su una definizione di massima della fragilità nell’anziano, intesa come condizione di aumentata vulnerabilità a fattori di stress e di incremento del rischio di esiti di salute negativi (7). Ad eccezione della revisione sulla prevalenza, i cui risultati sono stati oggetto di meta-analisi applicando un modello di regressione a effetti casuali, le altre due sono state analizzate in modo descrittivo/tabellare. Ulteriori dettagli su criteri di inclusione ed esclusione, procedure di analisi e valutazione sono disponibili in una precedente raccolta monografica (8).

 

Nel primo trimestre 2018 è stata condotta un’indagine ("Member States Baseline Survey") per determinare l’approccio in atto presso ciascun Paese coinvolto nella JA in tema di fragilità (strategie, progetti, programmi, politiche, interventi, ecc.). Le informazioni sono state ottenute dagli interlocutori sociosanitari (decisori politici, professionisti sociosanitari, esperti, ecc.) ritenuti più appropriati a livello nazionale o regionale dai partner della JA. La disamina dell’esistente ha consentito di raggruppare i Paesi in cluster, in base al livello di implementazione di azioni specifiche per affrontare il problema della fragilità nei diversi ambiti investigati, tra cui quello epidemiologico.

 

Risultati

I dati sulla prevalenza della fragilità derivanti dalla revisione della letteratura eseguita nell’ambito del WP5 JA ADVANTAGE (9) sono estremamente eterogenei, a causa delle differenze nei setting di esecuzione, nelle caratteristiche del campione, nello strumento diagnostico e nella definizione di fragilità adottati.

 

La maggioranza degli studi europei individuati prende in esame soggetti non istituzionalizzati, di età ≥ 65 anni e si basa sul fenotipo fisico di fragilità (10). Nonostante la grande variabilità dei risultati presenti in letteratura (range: 2%-75,6%), la quasi totalità dei lavori condotti su campioni estratti dalla popolazione totale ottiene tassi di prevalenza inferiori al 30%, con una mediana di 1,8% (intervallo interquartile Q3-Q1 16,5%-7,2%).

 

L’eterogeneità fin qui descritta è comune anche ai lavori scientifici riguardanti l’Italia, come risulta dalla Tabella che mostra una sintesi dei 9 lavori italiani presi in esame.

 

 

La prevalenza complessiva della fragilità stimata attraverso la meta-analisi delle 68 basi di dati selezionate (corrispondenti a 62 studi europei) è pari a 18% (IC 95% 15-21; 13.932 individui). Dalla sub analisi per setting, risulta fragile circa la metà dei soggetti istituzionalizzati o ambulatoriali (45%; IC 95% 27-63; 3.111 individui), con una frequenza quasi 4 volte maggiore rispetto al resto degli individui residenti a domicilio (12%; IC 95% 10-21; 10.821 individui) (10).

 

Anche nel caso dell’incidenza, a fronte di un numero molto ridotto di studi identificati (6, di cui 3 condotti in Europa e nessuno in Italia), la revisione della letteratura ha evidenziato un’elevata variabilità dei risultati (11). Pur non considerando il valore anomalo (51,4%) riscontrato in una popolazione particolarmente deprivata di aborigeni australiani, la proporzione di nuovi casi di fragilità desumibile dalla letteratura varia in modo considerevole: dal 3,9% osservato in Germania (follow-up 2,9 anni, età ≥65) al 13% rilevato in Cina (follow-up 1 anno, età ≥55), utilizzando rispettivamente come definizione di fragilità il fenotipo clinico (10) e l’indice di fragilità (12). Nei 3 studi europei la proporzione d’incidenza varia dal 3,9% al 7,5%.

 

È interessante notare che i due estremi sono relativi a studi di popolazione molto simili per età del campione (≥65 e ≥60), per periodo medio di osservazione (2,9 e 3,5 anni) e anche per l’utilizzo del fenotipo clinico di Fried (10). La disomogeneità e la scarsa confrontabilità dei dati reperiti in letteratura è anche influenzata dall’adozione della proporzione percentuale, o incidenza cumulativa, anziché del tasso di incidenza in anni/persona, una misura pesantemente condizionata dalla durata del follow-up.

 

Va inoltre sottolineata la carenza di analisi dei possibili fattori protettivi o di rischio (biologici e socioeconomici) potenzialmente coinvolti nell’insorgenza di nuovi casi di fragilità, come evidenziato dal fatto che solo 2 dei 6 studi presentino risultati disaggregati per condizioni specifiche.

 

Sono stati individuati soltanto 3 studi europei (13) sulle transizioni/traiettorie nel tempo, confermando la carenza di studi longitudinali sulla progressione della fragilità. Secondo 2 degli studi, di cui 1 italiano, circa il 35% degli anziani sperimenta almeno un episodio di transizione tra assenza, pre-fragilità e fragilità nel corso del follow-up, ma va sottolineata la scarsa confrontabilità del risultato dovuta a periodi di osservazione sensibilmente differenti (4,4 e 2 anni). Le evidenze sulla regressione verso livelli più favorevoli sono molto limitate e disomogenee. Dallo studio italiano l’essere leggermente sovrappeso, il basso consumo di alcol, l’alto livello d’istruzione e il vivere soli risultano associati al miglioramento. Secondo il terzo degli studi, che analizza le traiettorie temporali in gruppi di individui contraddistinti da caratteristiche comuni, l’attività fisica di intensità moderata o intensa (ma non lieve) riduce il peggioramento; al contrario, gli anziani con più basso livello socioeconomico o di sesso femminile hanno una maggiore probabilità di transizione verso livelli di gravità più elevati.

 

La Figura mostra la suddivisione in cluster dei Paesi coinvolti nella "Member States Baseline Survey" in base al livello di implementazione di studi volti a definire il quadro epidemiologico della fragilità. Soltanto un numero molto limitato di Paesi, tra cui l’Italia, raggiunge il grado di valutazione più elevato e nessuno il livello avanzato, mentre la maggioranza non dispone di alcun progetto sulla frequenza e la progressione della fragilità nella popolazione.

 

 

Conclusioni

L’eterogeneità dei dati sulla frequenza della fragilità nella popolazione e la carenza di informazioni sulle caratteristiche e le dinamiche della sua progressione/regressione nel tempo evidenziano la necessità di un approccio epidemiologico standardizzato, in grado di fornire ai decisori politici le evidenze necessarie per calibrare un’adeguata risposta di salute pubblica e per valutare l’impatto degli interventi adottati. Le priorità a livello europeo appaiono le seguenti: raggiungere il consenso su una definizione di fragilità, o quantomeno sull’utilizzo di criteri condivisi e validati evitando la proliferazione di strumenti e criteri diagnostici; progettare indagini longitudinali o potenziare quelle esistenti, al fine di colmare le lacune nel quadro epidemiologico; approfondire lo studio dei fattori di rischio così da fornire gli elementi utili alla stratificazione del rischio e all’individuazione delle priorità d’intervento nei gruppi di anziani maggiormente vulnerabili.

 

In Italia, sebbene il quadro epidemiologico appaia abbastanza ben delineato, è necessario colmare le attuali lacune nella conoscenza dei meccanismi legati all’insorgenza della fragilità e alla sua progressione nel tempo, che includa l’individuazione di biomarker. Sarebbe inoltre auspicabile superare l’attuale frammentazione, orientando gli attori coinvolti a vario titolo nella promozione della salute dell’anziano, verso un approccio complesso, multisettoriale e integrato, focalizzato su una visione personalizzata dell’individuo e del contesto in cui vive, in una prospettiva che investa l’intero arco di vita e abbia come finalità il mantenimento dell’autosufficienza e il benessere psico-fisico e relazionale della persona anziana e di chi gli è vicino.

 

 

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno
Finanziamenti: co-fi nanziamento dall’Unione Europea nell’ambito del 3° Programma di Salute 2014-2020 (n. 724099).
Authorship: tutti gli autori hanno contribuito in modo signifi cativo alla realizzazione di questo studio nella forma sottomessa.
Riferimenti bibliografici
  1. World Health Organization. World report on aging and health. Luxembourg: WHO; 2015.
  2. Collard RM, Boter H, Schoevers RA, Oude Voshaar RC. Prevalence of frailty in community-dwelling older persons: a systematic review. J Am Geriatr Soc 2012;60(8):1487-92;
    doi.org/10.1111/j.1532-5415.2012.04054.x
  3. Hoogendijk EO, Afilalo J, Ensrud KE, Kowal P, Onder G, Fried LP. Frailty: implications for clinical practice and public health. Lancet 2019;394(10206):1365- 75;
    dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(19)31786-6
  4. Cesari M, Prince M, Thiyagarajan JA, De Carvalho IA, Bernabei R, Chan P, et al. Frailty: An Emerging Public Health Priority. J Am Med Dir Assoc 2016;17(3):188-92;
    doi.org/10.1016/j.jamda.2015.12.016
  5. Rodríguez-Mañas L, García-Sánchez I, Hendry A, Bernabei R, Roller-Wirnsberger R, Gabrovec B, et al. Key messages for a frailty prevention and management policy in Europe from the ADVANTAGE Joint Action Consortium. J Nutr Health Aging 2018;22(8):892-7;
    doi.org/10.1007/s12603-018-1064-y
  6. www.advantageja.eu/; ultimo accesso 9/9/2020.
  7. Clegg A, Young J, Iliffe S, Rikkert MO, Rockwood K. Frailty in elderly people. Lancet 2013;381(9868):752-62;
    doi.org/10.1016/s0140-6736(12)62167-9
  8. Galluzzo L, O’Caoimh R (Ed.). Monographic section. Epidemiology, surveillance and population screening of frailty. Results from the systematic reviews of the European Joint Action ADVANTAGE. Ann Ist Super Sanità 2018;54(3):223-5;
    doi.org/10.4415/ann_18_03_09
  9. O’Caoimh R, Galluzzo L, Rodriguez-Laso Á, Van der Heyden J, Ranhoff AH, Lamprini-Koula M, et al. Prevalence of frailty at population level in European ADVANTAGE Joint Action Member States: a systematic review and meta-analysis. Ann Ist Super Sanità 2018;54(3):226-38;
    doi.org/10.4415/ann_18_03_10
  10. Fried LP, Tangen CM, Walston J, Newman AB, Hirsch C, Gottdiener J, et al. Frailty in older adults: evidence for a phenotype. J Gerontol A Biol Sci Med Sci 2001;56(3):M146-56;
    doi.org/10.1093/gerona/56.3.m146
  11. Galluzzo L, O’Caoimh R, Rodríguez-Laso Á, Beltzer N, Ranhoff AH, Van der Heyden J, et al. Incidence of frailty: a systematic review of scientific literature from a public health perspective. Ann Ist Super Sanità 2018;54(3):239-45;
    doi.org/10.4415/ann_18_03_11
  12. Rockwood K, Song X, MacKnight C, Bergman H, Hogan DB, McDowell I, et al. A global clinical measure of fitness and frailty in elderly people. CMAJ 2005;173(5):489-95;
    doi.org/10.1503/cmaj.050051
  13. O’Caoimh R, Galluzzo L, Rodríguez-Laso Á, Van der Heyden J, Ranhoff AH, Carcaillon-Bentata L, et al. Transitions and trajectories in frailty states over time: a systematic review of the European Joint Action ADVANTAGE. Ann Ist Super Sanità 2018;54(3):246-52;
    doi.org/10.4415/ann_18_03_12

 

(*) I risultati riportati sono parte della Joint Action ADVANTAGE "A comprehensive approach to promote a disability-free advanced age".

(**) Gruppo di lavoro WP5 Joint Action ADVANTAGE - Leader: Aaron Liew e Rónán O’Caoimh, Health Service Executive of Ireland e National University of Ireland, Galway, Irlanda; Co-leader: Lucia Galluzzo, Istituto Superiore di Sanità (Roma, Italia); Nathalie Beltzer e Laure Carcaillon-Bentata, Santé Publique (Saint Maurice, Francia); Marius Ciutan, Scoala Nationala de Sanatate Publica, Management si Perfectionare in Domeniul Sanitar (Bucarest, Romania); Maria Lamprini-Koula, Society of Psychosocial Research and Intervention (Ionnina, Grecia); Luz López- Samaniego, Fundación Progreso y Salud, Consejeria de Salud de la Junta de Andalucia (Siviglia, Spagna); Anette Hylen Ranhoff, Nasjonalt Folkehelseinstitutt (Oslo, Norvegia); Ángel Rodríguez-Laso, Fundación para la Investigación Biomédica del Hospital Universitario de Getafe (Spagna); Johan Van der Heyden, Sciensano (Bruxelles, Belgio).

 

Data di creazione della pagina: 20 ottobre 2020