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Indice: Boll Epidemiol Naz 2023;4(2)

Analisi epidemiologica della fragilità nella coorte di anziani ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging): frequenza, caratteristiche e progressione nel tempo

Lucia Galluzzoa, Marianna Noaleb, Marco Silanoa e il Gruppo di Lavoro ILSA*

 

 

a Dipartimento Malattie Cardiovascolari, Endocrino-Metaboliche e Invecchiamento, Istituto Superiore di Sanità, Roma

b Istituto di Neuroscienze - Sezione Invecchiamento, Consiglio Nazionale Ricerche, Padova

 

 

Citare come segue: Galluzzo L, Noale M, Silano M e il Gruppo di Lavoro ILSA. Analisi epidemiologica della fragilità nella coorte di anziani ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging): frequenza, caratteristiche e progressione nel tempo. Boll Epidemiol Naz 2023;4(2):20-28. DOI: https://doi.org/10.53225/BEN_066

 

 

Epidemiological analysis of frailty in the Italian Longitudinal Study on Aging (ILSA) elderly cohort: frequency, characteristics and progression over time

Introduction

Frailty is one of the major challenges of global population aging and offers ample potential for effective interventions because of its dynamic nature. Our aim was to conduct a comprehensive longitudinal analysis of its frequency, progression over time and associated factors, in a large cohort of older adults.

 

Materials and methods

Using data from the Italian Longitudinal Study on Aging (ILSA) population-based cohort (n=5,632, 65-84), frailty status was operationalized according to Fried criteria (n=2,239). Weighted prevalence and incidence rates were calculated at each ILSA waves (T0 1992-1993, T1 1995-1996, T2 2000-2001). Transitions (n=2,126) among frailty states (non-frail, pre-frail, frail) were analysed also in terms of progression, regression and stability. Associations were investigated through Cox proportional hazard models, controlling for confounders.

 

Results

Prevalence of frailty and pre-frailty at baseline (T0) were 4.0% and 44.6%. Incidence rates per 1,000 person-years for T0-T1 were 7.3 for frailty, and 83.7 for pre-frailty. Prevalence and incidence of frailty were overall higher for women and increased with age. Over the 4-year period T0-T1, the risk of incident disability in Activities of Daily Living tripled for frail subjects. Transitions from non-frail to pre-frail were more frequent among women, while total regression was more frequent for men. More than 10% of subjects had a transition to a better frailty state.

 

Discussion and conclusions

This is the first comprehensive longitudinal analysis of frailty conducted on a nationally representative population-based sample of older adults. Our results show that frailty is a common condition among older individuals, strongly and independently related to incident disability, more frequent among women and with an ample potential for regression over time.

 

Key words: frailty; epidemiology; healthy aging

 

 

Introduzione

Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la fragilità si inserisce nel naturale processo di invecchiamento in salute, esponendo l’individuo a una sorta di accelerazione del depauperamento progressivo della capacità funzionale legato all’avanzare dell’età, aumentando la vulnerabilità agli eventi avversi di origine endogena ed esogena e il conseguente incremento del rischio di disabilità, ospedalizzazione, istituzionalizzazione e morte (1).

 

La fragilità è riconosciuta come entità complessa e multifattoriale, che comprende aspetti fisici, psicologici e socioeconomici. Sebbene sia spesso erroneamente considerata come sinonimo di disabilità o multimorbidità, si potrebbe affermare che mentre la disabilità è un segnale di declino funzionale, la fragilità è un indicatore di instabilità o di rischio di perdita, o ulteriore perdita, della capacità funzionale (2).

 

In base a una recente ipotesi sulla storia naturale della fragilità, l’evolversi di questa condizione complessa e dinamica potrebbe essere descritto come una sorta di successione ripetuta tra stati di transizione da uno stato sinfonico, determinato dall’equilibrio omeostatico, verso uno stato cacofonico, causato dallo sbilanciamento di vari sistemi fisiologici e biologici interconnessi tra di loro (3), fino al raggiungimento di un punto critico in cui il sistema stesso viene sopraffatto e non riesce più a mettere in campo le risorse necessarie per ripristinarne l’integrità. Essendo una condizione dinamica, potenzialmente reversibile, con un decorso fluttuante, la fragilità è riconosciuta come una delle principali sfide legate all’invecchiamento globale della popolazione (4, 5). Ciononostante, le evidenze scientifiche sulla sua frequenza sono assai scarse ed estremamente eterogenee, con tassi di prevalenza che negli studi europei variano enormemente (range 2%-75,6%) in base alla definizione di fragilità adottata, al setting e alle caratteristiche della popolazione in studio (6). Inoltre, come evidenziato dalle revisioni della letteratura condotte nell’ambito della Joint Action europea ADVANTAGE sulla fragilità (7), la carenza di dati epidemiologici di riferimento è ancora più consistente riguardo alla storia naturale e ai fattori legati alla sua progressione nel tempo; scarsissime sono, inoltre, le indagini longitudinali di popolazione mirate all’incidenza, alle transizioni e traiettorie temporali e ai fattori protettivi e di rischio a essi associati (8).

 

L’obiettivo del presente lavoro è quello di descrivere lo studio epidemiologico sistematico della frequenza, della progressione e dei fattori associati alla fragilità intrapreso in una vasta coorte di anziani, rappresentativa della popolazione italiana e approfonditamente studiata e seguita dal 1992, al fine di fornire le basi di evidenza necessarie per calibrare un’adeguata risposta di salute pubblica volta al mantenimento e al potenziamento del benessere psico-fisico della popolazione anziana in crescente aumento.

 

Materiali e metodi

Popolazione e disegno dello studio

Lo studio della fragilità qui descritto rientra tra le analisi secondarie condotte nell’ambito del progetto epidemiologico ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging) (9), la cui finalità primaria consiste nello studio longitudinale della frequenza e dei fattori associati alle principali patologie e alterazioni funzionali età-correlate. La coorte ILSA è costituita da un campione randomizzato e stratificato per sesso ed età (n=5.632, età 65-84), selezionato dai residenti in otto Comuni italiani: Catania, Casamassima (BA), Fermo, Genova, Impruneta (FI), Napoli, Rubano- Selvazzano (PD), Segrate (MI). I partecipanti sono stati approfonditamente esaminati nel corso di tre indagini in due fasi (screening e conferma clinico-diagnostica), condotte nel 1992-1993 (T0), 1995-1996 (T1) e 2000-2001 (T2), e successivamente seguiti nel tempo attraverso un follow up periodico della mortalità totale e per causa (10).

 

Lo studio ILSA è stato condotto nel rispetto dei principi etici della Dichiarazione di Helsinki dell’Associazione Medica Mondiale. Il protocollo di studio e tutte le procedure utilizzate sono state sottoposte al vaglio e all’approvazione dei Comitati Etici dei centri partecipanti. La partecipazione allo studio è stata subordinata all’ottenimento del consenso informato scritto da parte dei soggetti inclusi nel campione.

 

Frequenza della fragilità e associazione con l’incidenza di disabilità

Lo stato di fragilità della coorte è stato ricostruito a posteriori, applicando i criteri del fenotipo fisico di Fried (11): debolezza/ridotta forza muscolare, ridotta velocità dell’andatura, scarsa attività fisica, perdita di peso involontaria, affaticamento/spossatezza (0=non fragile, 1-2=pre-fragile, ≥3=fragile). Il campione totale dello studio di fragilità ILSA comprende 2.239 soggetti per i quali è stato possibile operare la verifica a posteriori dei cinque criteri di fragilità in una o più delle tre indagini ILSA (T0 n=1.992; T1 n=1.279; T2 n=1.094; dati non pesati).

 

Il primo stadio dello studio della fragilità nella coorte ILSA è consistito nella misurazione della frequenza sia in termini trasversali che longitudinali. La prevalenza dello stato di fragilità è stata misurata in tre diversi punti temporali (T0, T1, T2). L’incidenza di nuovi casi è stata calcolata in due intervalli di follow up (T0-T1, T0-T2; durata media 4 e 9 anni) e misurata sia come proporzione cumulativa (percentuale di nuovi casi sulla popolazione a rischio) sia come tasso di incidenza per 1.000 persone-anno (numero di nuovi casi diviso per il tempo in cui ciascuna persona è a rischio di sviluppare la condizione in studio). Nella popolazione a rischio di fragilità sono stati inclusi sia i soggetti non fragili che i pre-fragili all’indagine precedente, mentre per la pre-fragilità sono stati considerati a rischio solo i non fragili.

 

L’associazione tra stato di fragilità alla baseline e l’insorgenza di disabilità incidente - definita come dipendenza in ≥ 1 Activities of Daily Living (ADL) (12) o Instrumental Activities of Daily Living (IADL) (13) in soggetti non dipendenti al T0 - è stata stimata applicando modelli di regressione di Cox, aggiustati dapprima solo per età e sesso, e successivamente anche per altri possibili fattori di confondimento (stato civile, vivere soli, livello di istruzione, fumo, alcol, comorbidità, deterioramento cognitivo, depressione, body mass index).

 

Tutti i dati di questa prima fase di studio, approfonditamente descritta in una recente pubblicazione (14), sono stati opportunamente pesati (campione totale pesato n=2.457), al fine di consentire la generalizzabilità dei risultati al segmento di popolazione italiana corrispondente. I pesi utilizzati sono basati sulla frazione campionaria e sulla distribuzione per età e sesso della popolazione italiana di riferimento, secondo i dati del censimento del 1991.

 

Transizioni longitudinali tra stati di fragilità

Le transizioni temporali tra assenza di fragilità, pre-fragilità e fragilità (n=1.931) osservate nei due intervalli di follow up T0-T1 e T1-T2 (durata media 4 e 5 anni) sono valutate anche in termini di progressione (peggioramento nello stato di fragilità: da non-fragile a pre-fragile, da non-fragile a fragile e da pre-fragile a fragile), regressione (miglioramento nello stato di fragilità: da prefragile a non-fragile, da fragile a pre-fragile e da fragile a non-fragile) e stabilità nella condizione di fragilità (nessun cambiamento dallo stato di fragilità iniziale), includendo nell’osservazione anche la transizione dai tre stati di fragilità a decesso.

 

La stima della probabilità di transizione tra stati di fragilità attraverso l’applicazione di modelli multistato di Markov è attualmente in corso, così come la stima delle associazioni tra probabilità di transizione e caratteristiche dei partecipanti (costanti nel tempo o soggette a variazioni longitudinali) analizzate per mezzo di modelli di rischio proporzionale di Cox. I risultati presentati in questo articolo sono relativi all’analisi descrittiva della frequenza delle transizioni.

 

Analisi statistica

In generale, i dati analizzati sono presentati come medie e deviazioni standard (DS) per le variabili continue, e come frequenza assoluta e percentuali per le variabili categoriche. Nelle statistiche descrittive, la verifica di ipotesi nel confronto tra variabili categoriche è stata testata per mezzo del chi-quadrato o indice di indipendenza, e attraverso il t-test di Student per le variabili continue. Per le variabili continue, la distribuzione normale è stata testata utilizzando il test di Kolmogorov-Smirnov. Tutti i test erano a due code, assumendo come livello di significatività statistica un valore di p<0,05. Tutte le analisi sono state condotte utilizzando SAS (versione 9.4).

 

Per ulteriori dettagli e approfondimenti sui metodi utilizzati nello studio ILSA della fragilità non espressamente descritti in questo articolo, si rimanda a una precedente pubblicazione (14).

 

Risultati

La Tabella 1 riporta un quadro riassuntivo di confronto tra dati pesati e dati non pesati, relativi allo stato di fragilità e alle caratteristiche di base al T0, T1 e T2, utilizzati, rispettivamente, nell’analisi epidemiologica della frequenza e nello studio della progressione temporale.

 

 

Dei 2.239 soggetti (dati non pesati) inclusi nel campione dello studio, 1.372 hanno informazioni complete sulla fragilità in due o più indagini e presentano un totale di 2.126 transizioni nello stato di fragilità (Tabella 2).

 

 

Prevalenza, incidenza e associazione con la disabilità incidente

Al T0 (età media 72 anni), il 4% (IC 95% 3,4- 4,6) degli anziani risulta fragile e poco meno della metà (44,6%, IC 95% 43,1-46,1) è in condizione di pre-fragilità. I tassi di prevalenza di fragilità sono pressoché doppi nelle donne rispetto agli uomini in tutte e tre le rilevazioni ILSA (Figura 1). La frequenza aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età, in particolar modo per la fragilità che passa al 6,2% al T1 (IC 95% 5,3-7,1) e al 18,0% al T2 (IC 95% 16,5-19,5).

 

 

L’incidenza percentuale di fragilità per l’intervallo T0-T1 è 2,3% (donne 2,6% vs uomini 1,8%) e 7,7% per il periodo T0-T2 (donne 9,1% vs uomini 5,8%), su una popolazione a rischio di 2.091 soggetti. L’incidenza proporzionale di pre-fragilità è 23,6% (donne 28,2% vs uomini 19,4%) per l’intervallo T0-T1 e 24,1% (donne 25,4% vs uomini 22,9%) per l’intero periodo di follow up T0-T2, su una popolazione a rischio di 1.120 persone.

 

Il tasso di incidenza è di 7,3 (IC 95% 5,2-9,3) nuovi casi di fragilità per 1.000 persone-anno nel segmento T0-T1 e di 11,7 (IC 95% 9,9-13,5) nel T1-T2; i corrispondenti tassi di incidenza per la pre-fragilità sono 83,7 (IC 95% 73,6-93,8) e 39,7 (IC 95% 35,0-4,4) per 1.000 persone-anno. I tassi sono genericamente più elevati nelle donne, sebbene la differenza rispetto ai maschi non sia statisticamente significativa in tutti gli intervalli di follow up. Al contrario, si nota un trend significativo di incremento dei tassi di incidenza di fragilità con l’avanzare dell’età (p=.0208 T0-T1, p=.0415 T0-T2). Infine, come illustrato in Tabella 3, indipendentemente dall’età e dal sesso, in entrambi gli intervalli di osservazione si evidenziano tassi di incidenza di fragilità significativamente e considerevolmente più elevati per i pre-fragili alla prima rilevazione, piuttosto che tra i non fragili (T0-T1 14.1 vs 1,9; T0-T2 18,5 vs 6,4).

 

 

I modelli di regressione di Cox utilizzati per stimare l’associazione tra condizione di fragilità alla baseline e l’insorgenza di disabilità al T1 o al T2, evidenziano che fragili e pre-fragili presentano un rischio maggiore di diventare disabili, soprattutto nelle ADL. L’associazione è più forte per i fragili, più evidente a breve termine e si conferma anche dopo l’aggiustamento per tutti i potenziali fattori confondenti selezionati. Il rischio di diventare dipendente in uno o più ADL in un periodo di 4 anni (T0-T1) è tre volte maggiore nei fragili che nei non fragili alla baseline (HR 3,58, IC 95% 1,97-6,52) e il rischio di disabilità incidente nelle IADL raddoppia (HR 2,56, IC 95% 1,58-4,16). Nello stesso intervallo di tempo, per i pre-fragili il rischio di disabilità nelle ADL e nelle IADL aumenta rispettivamente di oltre l’80% e il 60% (HR 1,82, IC 95% 1,34-2,47; HR 1,65, IC 95% 1,34-2,05). L’interazione con il sesso non risulta significativa in nessuno dei modelli applicati.

 

Transizioni nello stato di fragilità

In seguito all’esclusione dei 195 soggetti con informazioni in indagini non consecutive (T0 e T2), il campione studiato nell’analisi descrittiva delle transizioni qui presentata ammonta a 1.177 anziani, 754 dei quali con informazioni complete nelle tre indagini e transizioni in entrambi gli intervalli di follow up (T0-T1 e T1-T2), 360 con transizioni solo al T0-T1, e 63 al T1-T2, per un totale di 1.931 transizioni tra stati di fragilità osservate nell’intero periodo di follow up (Tabella 2).

 

La Figura 2 mostra schematicamente il numero e la tipologia delle transizioni tra stati di fragilità (categorizzate anche in termini di stabilità, regressione e progressione) e decesso nei due intervalli di follow up T0-T1 e T1-T2. A partire dai soggetti con valutazione di fragilità al T0 (n=1.992) e al T1 (n=1.279), al netto dei soggetti missing al follow up a causa di rifiuto o informazione insufficiente alla seconda indagine (rispettivamente 752 e 347), le transizioni di fragilità osservate sono 1.114 nel primo intervallo e 932 nel secondo, quelle a decesso 126 e 115. La Tabella 4 mostra la distribuzione per sesso delle transizioni nei due segmenti di follow up, evidenziando come la frequenza delle transizioni da non-fragile a pre-fragile è sensibilmente più elevata nelle donne che negli uomini, mentre la regressione da pre-fragilità ad assenza di fragilità risulta più consistente negli uomini, nei quali però si nota una frequenza di transizioni da fragilità a decesso quasi doppia che nelle donne.

 

 

 

Come evidenziato nella Figura 3, oltre il 50% degli anziani esaminati sembra mantenere una condizione stabile nello stato di fragilità, stabilità che tende a decrescere con il progredire dell’età

 

degli esaminati (età media alla baseline T0-T1 71,6 vs T1-T2 74,5) e con la durata del follow up; analogamente, la frequenza di peggioramento si attesta attorno al 25% nel primo intervallo e al 35% nel secondo. È comunque interessante notare come le possibilità di miglioramento in termini di remissione completa o parziale dello stato di fragilità/pre-fragilità, sebbene contenute, non sembrano influenzate dal fattore temporale, superando il 10% in entrambi i sessi e i periodi di follow up.

 

Discussione e conclusioni

Lo studio sistematico della fragilità intrapreso nella coorte di anziani ILSA appare, a oggi, la prima analisi epidemiologica longitudinale della frequenza e della progressione della fragilità, condotta su un vasto campione di popolazione totale, rappresentativo dell’intera popolazione anziana italiana, per il quale si dispone di un esteso set di informazioni sociodemografiche, cliniche e subcliniche di supporto, basate su criteri riconosciuti e standardizzati. Nella coorte ILSA, la fragilità si conferma come condizione comune nella popolazione anziana. La prevalenza stimata in questo studio è in linea con i risultati riportati in precedenti studi su campioni analoghi di popolazione totale (15, 16), sebbene potrebbe essere leggermente sottostimata a causa del disegno dello studio, basato su una determinazione a posteriori. In accordo con la precedente letteratura scientifica, la condizione di fragilità e la sua progressione nel tempo risultano fortemente correlati al sesso femminile e all’avanzare dell’età (3, 17, 18, 19).

 

Oltre a essere uno dei rari studi longitudinali della fragilità, il presente lavoro è uno dei pochissimi che calcola tassi di incidenza in anni-persona, che secondo una esaustiva revisione della letteratura sull’argomento (20) risultano essere meno del 10% di quelli disponibili. Applicando i tassi di incidenza ottenuti al segmento di popolazione italiana ≥65 anni (censimento Istat 2020) e considerando la possibile lieve sottostima attribuibile al disegno di studio retrospettivo, i fragili in Italia sarebbero almeno 500.000 e più di 6 milioni i pre-fragili, in gran parte donne. Il numero di nuovi casi attesi annualmente supererebbe i 100.000 per la fragilità e 1,2 milioni per la pre-fragilità.

 

A sottolineare l’importanza della condizione di fragilità come obiettivo privilegiato per l’approntamento di interventi di salute pubblica, la fragilità/pre-fragilità risulta essere un forte e indipendente predittore di disabilità, in particolare nelle ADL e soprattutto a breve termine, triplicando il rischio di disabilità incidente nei fragili e raddoppiandolo nei pre-fragili, con risultati comparabili a quelli di studi analoghi (21, 22). La pre-fragilità si rivela inoltre un valido target di prevenzione vista l’alta probabilità di conversione a fragilità nel corso del tempo (tasso di incidenza di fragilità a 4 anni 14,1 per 1.000 persone-anno per i pre-fragili vs 1,9 per i non fragili).

 

I risultati dell’analisi descrittiva delle transizioni rimarcano un’apparente differenza di genere nell’evolversi della condizione di fragilità, evidenziando una tendenza al peggioramento nello stato di fragilità più marcato nelle donne. Inoltre, fornendo un ulteriore elemento per l’orientamento di interventi di salute pubblica, l’osservazione delle transizioni mostra come la fragilità offra ampi margini di azione per ridurre il carico di malattia e disabilità nella popolazione, essendo reversibile in più del 10% degli anziani.

 

La prosecuzione dello studio approfondito dei fattori associati all’insorgenza di nuovi casi e alla transizione nello stato di fragilità, attraverso l’analisi multistato attualmente in corso, focalizzata anche sui principali fattori socioeconomici coinvolti, sarà fondamentale per districare la successione temporale tra determinanti e outcome, individuando possibili cluster, traiettorie o catene causali implicati nel recupero o nella compromissione delle capacità funzionali, al fine di fornire informazioni essenziali per l’elaborazione di una strategia articolata di interventi sociosanitari.

 

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Finanziamenti: L’Italian Longitudinal Study on Aging (ILSA), inizialmente coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), è stato finanziato nell’ambito del Progetto Finalizzato Invecchiamento 1992-95 (sotto-progetto 2 Studio Longitudinale). Successivamente è stato finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito dei programmi di ricerca Epidemiologia dell’Anziano e Previsione del Fabbisogno Sanitario dell’Anziano, coordinati rispettivamente da Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Regione Toscana.
Authorship: tutti gli autori hanno contribuito in modo significativo alla realizzazione di questo studio nella forma sottomessa.
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(*) Componenti del Gruppo di lavoro ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging)

E. Scafato, G. Farchi, L. Galluzzo, C. Gandin, Istituto Superiore di Sanità, Roma; A. Capurso, F. Panza, V. Solfrizzi, V. Lepore, P. Livrea, Università di Bari; L. Motta, G. Carnazzo, M. Motta, P. Bentivegna, Università di Catania; S. Bonaiuto, G. Cruciani, D. Postacchini, Istituto Nazionale Riposo e Cura Anziani (INRCA), Fermo; D. Inzitari, L. Amaducci, Università di Firenze; A. Di Carlo, M. Baldereschi, Istituto di Neuroscienze, CNR, Firenze; C. Gandolfo, M. Conti, Università di Genova; N. Canal, M. Franceschi, Istituto San Raffaele, Milano; G. Scarlato, L. Candelise, E. Scapini, Università di Milano; F. Rengo, P. Abete, F. Cacciatore, Università di Napoli; G. Enzi, L. Battistin, G. Sergi, G. Crepaldi, Università di Padova; S. Maggi, N. Minicuci, M. Noale, Istituto di Neuroscienze – sezione Invecchiamento, CNR, Padova; F. Grigoletto, E. Perissinotto, Istituto di Igiene, Università di Padova; PU. Carbonin, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.

 

Data di pubblicazione: 12 dicembre 2023