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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Criticità e possibili approcci alla prevenzione della rosolia in Italia

Pasquale Martinelli - Dipartimento di ginecologia, ostetricia e fisiopatologia della riproduzione umana, Centro di riferimento regionale per le malattie infettive e l’Aids in ostetricia e ginecologia - Università di Napoli Federico II

 

 

Il problema della sorveglianza e della prevenzione della rosolia coinvolge diverse figure professionali, che si susseguono nel corso della vita della donna, dal pediatra al medico di base fino al ginecologo e all’ostetrica. L’attuale programma nazionale per l’eradicazione di morbillo, rosolia e parotite punta alla diffusione della vaccinazione trivalente nei bambini e darà risultati solamente nell’arco di una ventina d’anni. Nel frattempo è quindi necessario intensificare lo screening pregravidico e la copertura vaccinale per tutte le donne che avranno gravidanze nei prossimi 20 anni.

 

Per quanto riguarda gli aspetti di competenza ostetrica, credo sia fondamentale promuovere in modo più incisivo il controllo preconcezionale non solo della rosolia ma di tutte le altre malattie, infettive e non, per le quali sia possibile un’azione preventiva. In altre parole, è necessario puntare sulla realizzazione di uno strumento fondamentale della prevenzione perinatale: la consulenza pre-concezionale. Una donna, infatti, prima di affrontare una gravidanza dovrebbe potersi rivolgere a un consultorio o altra struttura dove eseguire tutti i test e valutare i rischi, inclusi quelli genetici, concernenti la scelta riproduttiva. Specificamente, nel caso della rosolia, qualora risultasse negativa al rubeo test, potrebbe vaccinarsi prima di avviare la gravidanza. In realtà, in Italia questo si verifica solo in alcune realtà regionali: non esiste infatti un programma capillare di diffusione di questo genere di prestazioni.

 

Oggi, quindi, ci troviamo di fronte a due possibilità. La prima è intensificare una campagna sugli operatori di area ostetrica, affinché promuovano una prevenzione reale della rosolia attraverso un counselling offerto ogni qualvolta una donna in età fertile si rivolge al ginecologo o all’ostetrica. L’altra possibilità, che viene già effettuata in alcuni centri in Italia, è procedere alla vaccinazione durante il postpartum delle puerpere risultate negative al rubeo-test.

Ritengo che le società scientifiche di ostetricia e ginecologia possano lavorare su questi due aspetti, promuovendo la maggiore consapevolezza verso il problema rosolia attraverso specifici programmi di aggiornamento. Inoltre, per raggiungere una diffusione veramente capillare dello screening pregravidico e della copertura vaccinale, sarebbe opportuno coinvolgere anche la rete dei medici di famiglia, gli unici che entrano veramente in contatto con le donne nel corso di tutta la loro vita.

 

È chiaro che oggi ci troviamo di fronte a un vuoto culturale e che bisogna investire da un lato nella crescita culturale della popolazione, dall’altro sulla maggiore consapevolezza al problema da parte degli operatori. La percezione del rischio della rosolia in gravidanza rimane lontana fino al momento in cui la donna decide di avere figli. Paradossalmente, mi è capitato di incontrare perfino due pediatre che hanno contratto la rosolia in gravidanza! È quindi necessario operare affinché la percezione del problema cambi, attraverso una massiccia campagna di sensibilizzazione e di prevenzione che coinvolga tutte le figure professionali e le strutture sanitarie nella promozione di un percorso preconcezionale completo, durante il quale vengano affrontati tutti i rischi e le possibilità di scelta.

Purtroppo della rosolia, così come del morbillo, ci si è tornati a occupare solo in seguito alle emergenze che negli ultimi anni si sono verificate, come per esempio l’ultima epidemia di morbillo. Fino a qualche tempo fa, su queste due malattie eminentemente pediatriche c’è stata scarsa attenzione. Oggi, oltre alla campagna vaccinale per i bambini, è urgente promuovere le azioni preventive rivolte alle donne in età fertile che non sono ancora state immunizzate per questo virus.