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I nuovi farmaci per l’epatite C

10 luglio 2014 - Roma: il convegno Cnesps discute frequenza della patologia, evidenze di efficacia e sicurezza, strategie di gestione.

 

Sono già in commercio, nella maggior parte dei Paesi europei, i nuovi farmaci per il trattamento virale dell’epatite C, e se da un lato si delineano modifiche radicali in quella che è la terapia attuale, dall’altra si presentano costi talmente elevati per il Servizio sanitario nazionale che minacciano di mettere a rischio il funzionamento stesso del sistema. «È importante fare tutta la chiarezza possibile sulla situazione in corso», spiega Giuseppe Traversa, del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute, che oggi ha partecipato al convegno “I nuovi farmaci per Hcv: frequenza della patologia, evidenze di efficacia e sicurezza, strategie di gestione” (pdf 40 kb) organizzato dall’Istituto superiore di sanità, nell’ambito delle attività istituzionali del reparto di Farmacoepidemiologia del Cnesps, e che ha certo favorito una riflessione circa l’immissione in commercio dei nuovi farmaci per il trattamento dell’epatite C. Scarica anche le presentazioni dei relatori del convegno e per approfondire, leggi anche il contributo “L’arrivo dei nuovi farmaci anti-Hcv: gestire un problema complesso” a cura di Giuseppe Traversa (reparto di Farmacoepidemiologia, Cnesps-Iss).

 

«L’obiettivo di questo convegno è dare delle stime sulla prevalenza in Italia. Informazioni preziose per i cosiddetti decision maker: politici e programmatori che devono valutare la spesa da impegnare riguardo i nuovi farmaci», spiega Alfonso Mele, già dirigente di ricerca Cnesps e che al convegno ha presentato i dati provenienti dagli studi italiani. Dati che dimostrano come sia utile studiare bene la questione per potersi attrezzare al meglio.

 

«Vogliamo sapere quanti sono i pazienti che oggi hanno bisogno di un trattamento urgente? Il Centro nazionale trapianti oggi dispone di una lista aggiornata dei pazienti che attendono il trapianto», chiarisce Traversa. «È sul resto che mancano le informazioni». L’attenzione ai numeri che ha caratterizzato i primi tre interventi del convegno, sottolinea quanto sia importante l’indagine sui pazienti con cirrosi, fibrosi avanzate, o semplicemente infetti ma a uno stadio della malattia che ancora non crea problemi.

 

Conoscere lo stato dell’arte può modificare anche radicalmente l’atteggiamento da assumere in un’ottica di sanità pubblica: sapere quanti sono i pazienti che attualmente potrebbero beneficiare del trattamento, in che stadi della malattia sono, qual è il livello di gravità dei pazienti che a oggi sono infetti, qual è la prognosi attuale e come si modifica nei vari stadi di malattia con i nuovi trattamenti, qual è l’efficacia dei trattamenti che stanno arrivando, sono tutte informazioni da cui non si può prescindere.

 

È vero che l’Italia sta per avere a disposizione un nuovo farmaco, ma più di uno è in attesa di essere immesso sul mercato – e a breve. Dal momento che l’efficacia dei diversi farmaci non è la stessa,  e i trattamenti combinati antivirali che stanno “arrivando” sono superiori a quello attuale, vale la pena di discutere l’opportunità del trattamento per quei pazienti che si trovano ancora allo stadio iniziale della malattia.

 

Trattandosi di una malattia che prevede un lungo decorso, insomma, forse è bene aspettare l’arrivo di farmaci combinati che potrebbero (e promettono di) avere un’efficacia maggiore. «Questo consentirebbe di trattare i pazienti con farmaci migliori da punto di vista del risultato e dall’altra di diluire gli effetti del trattamento sui prossimi anni», prosegue Traversa.

 

La discussione è aperta. E non solo in Italia: tutti i paesi dell’Unione stanno decidendo la via migliore per seguire l’ingresso di questi nuovi farmaci. In Francia, Germania e Inghilterra, sembra stia passando l’idea di un trattamento immediato per i pazienti gravi (che stanno andando incontro a un trapianto o che hanno appena affrontato l’operazione), gli altri possono aspettare ancora qualche mese (o anno) in più. Anche per cercare di accoppiare meglio le informazioni sull’efficacia dei trattamenti a tutti i pazienti.

 

«Il convegno di oggi tenta di chiarire questo aspetto, raccogliendo le informazioni sulla prevalenza, la storia naturale, l’efficacia dei farmaci che sono già in commercio o che stanno arrivando, e capire come ci si possa muovere nei prossimi 2-5 anni, in cui arriveremo sostanzialmente a trattare tutti i pazienti», conclude Traversa. «L’attesa potrebbe essere premiata da farmaci più efficaci e più compatibili con i livelli di spesa del Servizio sanitario nazionale».

 

Intanto in ogni Centro trapianti sta per essere definito un referente che si occupi della raccolta dati di tutta la struttura cui afferisce. «Nel momento in cui un paziente afferisce al Centro trapianti non può rimanere in carico al suo medico specialista», ha dichiarato Nanni Costa del Centro nazionale trapianti. Dev’essere preso in carico al Centro trapianti che da quel momento ne seguirà il percorso sanitario.

 

Il convegno, organizzato in tre sessioni tematiche, ha visto la partecipazione di Iss, Farmaindustria, Ministero della salute e Agenzia italiana del farmaco.

 

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