English - Home page

ISS
Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

Pandemia e mortalità

Gualtiero Grilli, Daniel Fiacchini - Posizione Funzionale (PF) Sanità Pubblica Regione Marche

 

8 gennaio 2010 - Nel corso della pandemia da nuovo virus A/H1N1v una delle informazioni più ricercate dai media e dai cittadini è stata quella relativa al numero dei decessi.

 

Per gli addetti ai lavori il numero dei decessi è solo uno dei parametri da verificare e non necessariamente il più importante, o almeno non lo è in tutte le circostanze. Al contrario, l’opinione pubblica, tramite i mezzi di comunicazione di massa, sembra considerarlo come unico indicatore d’interesse e, per questo, capace di influenzare pesantemente i comportamenti delle persone.

 

Poiché più di altri è soggetto a interpretazioni ed equivoci, appare necessario approfondire brevemente il significato di questo parametro.

 

Tassi di mortalità e letalità

Il primo problema è l’utilizzo del solo numero di decessi: si tratta di un indicatore povero, poco informativo, talvolta fuorviante. Il numero dei decessi per una certa patologia dovrebbe sempre essere messo in rapporto con un altro numero che rappresenti, ad esempio, i malati o gli esposti. Se al denominatore abbiamo il numero totale dei malati e al numeratore il numero dei deceduti potremo parlare di tasso di letalità; se al denominatore abbiamo gli esposti, ovvero l'intera popolazione interessata dal fenomeno in studio, si potrà parlare correttamente di tasso di mortalità.

 

Per gli indicatori come il tasso di letalità o il tasso di mortalità è, inoltre, opportuno sottolineare la necessità di stabilire un intervallo temporale entro il quale questi indicatori devono essere considerati. Ciò che di frequente accade, è che i decessi vengano sempre sommati a partire dall’inizio della epidemia. Ciò è stato già fatto in occasione di tutte le più recenti epidemie e, in alcuni casi, come l’Aids, si è continuato a effettuare somme per anni, col risultato di far perdere significato a questo numero.

 

Nel caso della pandemia influenzale, all’inizio della circolazione del virus gli esposti sono rappresentati dall'intera popolazione, ma questa condizione riguarda un periodo limitato di tempo che va comunque identificato con chiarezza. Immaginiamo un articolo di giornale che dica che in Italia si sono verificati 30 decessi, mentre in Giappone 50: se non compariamo almeno la popolazione delle due nazioni e non riferiamo il dato a un periodo di tempo limitato, queste informazioni non avranno alcun significato.

 

Quando un decesso è attribuibile all’influenza

Il problema si complica ulteriormente quando si tratta di stabilire quando un decesso è da attribuire all'influenza. In questo caso, esiste una reale difficoltà, in quanto, in termini epidemiologici, la definizione di causa di morte cambia a seconda del suo utilizzo, senza che questo costituisca una pratica scorretta.

La maggior parte dei soggetti contati oggi come morti per influenza non apparirà nelle statistiche di mortalità Istat perché, nella classificazione ufficiale delle cause di morte, la causa è “malattia o evento traumatico che, attraverso eventuali complicazioni o stati morbosi intermedi, ha condotto al decesso”.

 

Come è noto, l’influenza agisce spesso da causa intermedia, poiché costituisce l’aggravamento di una malattia di base. Se muore per influenza un paziente affetto da leucemia, la causa di morte è la leucemia. A fronte di questo, sembrerebbe, quindi, corretto smentire con forza tutti i vari conteggi che appaiono sui giornali: l’influenza non è quasi mai la vera causa del decesso, ma aggrava semplicemente una grave patologia preesistente.

 

Va anche precisato che il conteggio effettuato con questa metodologia è distorto da una consistente sottostima del fenomeno: vengono contati solo i morti in cui risulti un isolamento virale. L’isolamento virale non viene fatto in tutti i casi, il prelievo deve essere fatto al momento giusto e con metodologia corretta, quindi è ragionevole pensare che i decessi occorsi “con infezione da virus influenzale in corso” siano in numero maggiore.

 

L’eccesso di mortalità

In epidemiologia, per stimare il numero dei decessi attribuibile all'influenza stagionale è spesso utilizzato un altro parametro: l’eccesso di mortalità. In poche parole, si tratta di utilizzare il numero di decessi avvenuti per tutte le cause e comparare il numero delle morti verificatisi durante la stagione influenzale con il dato medio delle morti registrato nel restante periodo dell'anno. Questo indicatore consente di valutare l’impatto dell'influenza sulla mortalità di una popolazione. In questo caso non ci sono errori dovuti a mancanza di diagnosi, imprecisioni di interpretazione o altro, in quanto i morti vengono contati tutti, indipendentemente da qualunque altro fattore. Questo indicatore può essere calcolato per classi di età e per sesso. Il valore ottenuto non è generico come potrebbe apparire, infatti, durante un evento come un'epidemia di influenza stagionale (ma questo calcolo è stato fatto anche per altri eventi come ad esempio le ondate di calore), la malattia può avere effetti sulla mortalità in vario modo: aumento degli incidenti, aggravamento di malattie non diagnosticate, influenza stessa non diagnosticata, ecc.

 

Il calcolo dell’eccesso di mortalità però non è facilmente utilizzabile durante lo svolgimento di un evento sanitario (come la pandemia influenzale attualmente in corso) poiché necessita di un periodo di tempo più lungo e di un altro periodo di paragone che deve essere ben identificato e possibilmente privo di altre variabili che andrebbero a distorcere il risultato.

 

Stime, sovrastime e sottostime

Ciò che viene fatto al giorno d’oggi e che ha grande risalto sulla stampa è, di fatto, una via di mezzo tra i due parametri. Se, infatti, viene preso in considerazione il numero di morti con isolamento virale per fornire una valutazione dell’impatto della pandemia, siamo di fronte a una forte sottostima del fenomeno, poiché il totale dei morti provocato in qualche modo dall’influenza è molto maggiore. Se, invece, si vuole ottenere un indice della gravità clinica della malattia, utilizzando il medesimo sistema si ottiene una sovrastima del fenomeno, dovuto al fatto che si contano anche i soggetti in cui l’influenza è solo una complicanza della grave patologia preesistente.

 

In ultimo, appare doveroso ricordare che i dati di letalità (numero di morti su numero di malati) pubblicati giornalmente sono soggetti a un’ulteriore distorsione, in quanto il numero di morti è calcolato come detto, mentre il numero di malati è calcolato utilizzando stime provenienti dal sistema di sorveglianza InfluNet, al quale, tuttavia, sono segnalati i casi di sindromi simil-influenzali (e non di influenza accertata). Dividendo il basso numero di soggetti morti per i quali è stato effettuato l’isolamento virale (anche se in molti casi la vera causa di morte è costituita da altre patologie) per l’altissimo numero soggetti con sintomi simil-influenzali risulta una letalità sicuramente sottostimata.

 

Comunicare efficacemente

A questo punto ci si potrebbe chiedere quale dovrebbe essere la giusta metodologia per valutare i parametri epidemiologici della pandemia, incluso il numero di morti. Probabilmente, dipende dal contesto in cui queste cifre vengono utilizzate, tuttavia per avere una stima realistica è necessario utilizzare una metodologia più complessa. Prendendo esempio dai Cdc americani, le stime di incidenza, prevalenza e letalità vengono analizzate da esperti che utilizzano vari indicatori e li elaborano utilizzando, quando necessario, anche fattori di correzione. È anche possibile che le stime cambino e vengano corrette perchè nuovi elementi diventano disponibili: si tratta di un procedimento assolutamente corretto, a condizione che i dettagli metodologici vengano sempre descritti in modo accurato.

 

Utilizzare stime elaborate con questa metodologia comporta però maggiori problemi di comunicazione. Un numero definito come totale dei morti (anche se sbagliato) fornisce un messaggio molto più rapido e facilmente utilizzabile. Una stima necessita di maggiori spiegazioni e anche di maggiore credibilità da parte della fonte. I Cdc, ad esempio, utilizzano un comunicatore autorevole e preparato dal punto di vista tecnico (il Direttore) e, per evitare il ricorso ad altre fonti, i rappresentanti dei mezzi di comunicazione vengono convocati frequentemente e periodicamente.

 

Riferimenti bibliografici