Rapporto Anmil sulla tutela delle vittime del lavoro: un bilancio
Domenico Taddeo, presidente della Società nazionale degli operatori della prevenzione (Snop)
L’Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) è portatrice di interessi socialmente riconosciuti e quindi interviene in un momento significativo di ripresa del dibattito sulle tutele della salute dei lavoratori, sulla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. In occasione della Conferenza nazionale organizzata a Napoli dal 25 al 26 gennaio 2007, l’Anmil ha divulgato il rapporto prendendo in considerazione:
- l’unificazione enti e passaggio dell’Inail alla gestione a ripartizione
- la spesa per prestazioni alle vittime di incidenti sul lavoro e di malattie professionali
- la sicurezza sul lavoro e i dati più recenti sull’andamento degli incidenti.
Unificazione Insp-Inail?
L’associazione ha espresso preoccupazione sull’andamento della spesa e sulle ipotesi di unificazione tra Inps e Inail. Il calo della spesa, dovuto a un abbassamento delle coperture dovute agli indennizzi economici agli infortunati e ai superstiti, rivela un indebolimento delle tutele per le vittime d’infortunio.
Il tema del reinserimento del lavoratore infortunato non è affrontato a sufficienza nel dibattito sugli incidenti: la parte relativa agli indennizzi è solo una componente di quest’aspetto, ma rimane importante e determinante. Le valutazioni pessimistiche dell’Anmil sull’eventuale unificazione dell’Inps e dell’Inail sottolineano il rischio di un uso dei fondi Inail diverso da quello per cui sono raccolti con i premi assicurativi. Questo allarme va tenuto in dovuta considerazione perché confermato e rilanciato dagli interventi delle organizzazioni sindacali alla conferenza di Napoli. Lo stesso comitato di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inail si è espresso contro l’unificazione di Inps e Inail.
Dati e numeri
Sul tema dei dati relativi all’andamento degli infortuni professionali, l’Anmil fa riferimento al rapporto preliminare presentato dall’Inail per il periodo gennaio-novembre 2006 e rileva che «[…] abbiamo dovuto contare 1141 morti sul lavoro, appena 14 in meno di quelli che segnalano i dati ben più consolidati dello stesso periodo del 2005, con un aspetto preoccupante da sottolineare: il calo è in agricoltura, mentre nel settore industria e servizi (in cui si contano il 90% degli incidenti) si registra una crescita che è costata 24 morti in più (oltre il 2% di aumento). Senza contare il fatto che le statistiche ufficiali non riportano mai il numero dei morti per malattie professionali: tra il 2001 e il 2006 sono stati 873 i decessi riconosciuti dall’Inail come provocati da malattie contratte nei luoghi di lavoro e, di questi, ben 619 dovuti a tumori causati dall’esposizione ad amianto. Anche uno sguardo all’Europa dovrebbe dirci che quello che facciamo non basta. Negli ultimi 10 anni, secondo i dati Eurostat, i morti sul lavoro sono diminuiti del 46% in Germania e del 34% in Spagna, ma solo del 25% nel nostro Paese. Il risultato è che nel 2004 (l’anno più recente su cui fare un confronto) nessuno ci batte per morti sul lavoro: 944 in Italia, 804 in Germania, 743 in Francia e 722 in Spagna».
È molto difficile ricondurre a statistiche il valore di una vita umana o
di una grave menomazione avvenuta sul lavoro. La conoscenza dei dati
epidemiologici di infortuni e malattie professionali è utile, però, per
poter fare campagne di prevenzione e l’analisi degli indici e dei valori
dei dati è importante per capire dove occorre concentrarsi per
modificare l’andamento.
Conoscere per
prevenire
Prendendo in considerazione i
dati dell’Inail, anche nella versione presentata alla conferenza di
Napoli, si può osservare che il trend degli infortuni mostra un calo
negli ultimi 5 anni presi in considerazione e, nel 2006, la tendenza è
rallentata. Inoltre, l’esame dettagliato delle singole realtà regionali
e delle diverse tipologie di comparti produttivi fa rilevare un
andamento differenziato.
Il decremento più significativo si è verificato nel settore dell’agricoltura dove gli infortuni sono scesi del 21% (passando da 80.532 nel 2001 a 63.600 nel 2006) e in quello dell’industria dove il calo si è assestato al 19% (da 501.701 a 406.400). Al contrario, nel settore dei servizi, gli infortuni hanno registrato un aumento del 5,5% (sono stati 441.146 nel 2001 e 465.500 nel 2006).
Tra il 2001 e il 2005 le regioni che hanno registrato
la maggior diminuzione degli infortuni denunciati sono state la Basilicata (-20,6%), il
Veneto (-14,4%), le Marche (-13,5%) e il Friuli Venezia Giulia (-13,3%).
Mentre, ragionando per macro aree, il Sud ha visto gli infortuni sul
lavoro diminuire in maniera più netta (-9,5%), seguito dal Nordovest
(-8,8%), Nordest (-8,5%), Centro (-7,1%) e Isole (appena -2,7%).
Ma l’Inail precisa che l’Istituto, sulla base dei dati Istat, stima in
oltre 200 mila gli incidenti che si verificano nell’ambito del lavoro
sommerso sul territorio italiano e quindi mancano all’appello molti dati
relativi al numero reale degli infortuni e delle malattie professionali.
Ripartizione geografica agricoltura industria, di cui: costruzioni
servizi totale tasso di irregolarità delle unità di lavoro (*)
per ripartizione geografica e settore di attività (fonte Istat)
- anno 2003
|
||||||
Area geografica |
Agricoltura |
Industria |
di cui: costruzioni |
servizi |
totale |
|
Nordovest |
20,8 |
2,4 |
3,9 |
10,9 |
8,3 |
|
Nordest |
25,9 |
2,5 |
3,7 |
11,6 |
9,3 |
|
Centro |
28,4 |
7,2 |
12,3 |
13,3 |
12,3 |
|
Mezzogiorno |
41,1 |
20,6 |
27,0 |
20,9 |
22,8 |
|
ITALIA |
32,9 |
7,1 |
12,5 |
14,5 |
13,4 |
|
(*) Incidenza percentuale delle unità di lavoro irregolari sul totale delle unità di lavoro. |
|
Si deve rilevare che le aree (il Mezzogiorno) e i
settori produttivi (agricoltura) in cui si è registrata un’alta
diminuzione degli infortuni sono quelli con un elevato tasso di
irregolarità. Questo disallineamento va ben interpretato per comprendere
i dati sugli infortuni e le malattie professionali.
Il gruppo di lavoro sul dato dei flussi degli infortuni, costituito da regioni, Inail, Ispesl e ministeri, sta compiendo molti sforzi per trovare gli altri fattori che non aiutano a comprendere meglio l’andamento:
- i meccanismi di distorsione legati al lavoro atipico (nel lavoro somministrato si concentrano i dati delle ditte fornitrici)
- circa 4 milioni di lavoratori non sono assicurati all’Inail; tra di essi sono compresi gli addetti alla pesca marittima, i liberi professionisti, gli addetti alle forze di polizia, delle forze armate, i datori di lavoro.
L’impegno di tutti dovrà meglio contenere i possibili meccanismi che portano a una ridotta conoscenza perché per prevenire occorre conoscere.