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Istituto Superiore di Sanità
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Aumento di mortalità nel 2015? Prudenza nell’interpretazione



UPDATE: 14 aprile 2016 - Ad aprile 2016, sul sito del Ccm è stato messo a disposizione il documento di sintesi prodotto dal Gruppo di lavoro convocato dal ministero della Salute per fare chiarezza sull’aumento dei decessi registrati in Italia nel 2015 e composto da ricercatori ed esperti nazionali e da rappresentanti di diverse istituzioni (ministero della Salute, Istituto superiore di sanità, Agenas, Regioni, e Dipartimento di Epidemiologia del Ssr del Lazio). Il rapporto rappresenta una prima analisi critica sul fenomeno, sulle cause plausibili e sulle eventuali indicazioni per la programmazione. Per approfondire consulta:

 

11 febbraio 2016 – Dopo la pubblicazione a dicembre 2015 da parte dell’Istituto nazionale di statistica (Istat), dei dati di bilancio demografico mensile della popolazione residente per il periodo gennaio-ottobre 2015 e a seguito del dibattito che hanno suscitato sulla stampa nazionale riguardo a un ipotizzato eccesso di mortalità relativo al periodo in esame, EpiCentro propone una lettura ragionata di quanto è successo.

 

I dati sotto i riflettori

L’Istat, per i primi otto mesi del 2015, riporta attualmente 45.172 decessi in più rispetto quelli osservati nello stesso periodo nel 2014. Un aumento dell’11,3% che, se applicato anche sui quattro mesi restanti (settembre-dicembre 2015, assumendo lo stesso incremento), porterebbe alla stima di un aumento di oltre 67.600 morti a fine 2015.

 

Prima di analizzare la discussione originata da questi numeri è importante sottolineare che, come chiarito dall’Istituto di statistica il 28 dicembre in un comunicato stampa (pdf 292 kb) in cui si invita alla prudenza nell’interpretazione, i dati in questione (aggregati sulla popolazione residente, per sesso) derivano dall’acquisizione da parte dell’Istat delle registrazioni trasmesse mensilmente dalle anagrafi comunali (che vengono periodicamente aggiornate/rettificate dai Comuni nel corso dell'anno) e sono da considerarsi provvisori e parziali fino alla validazione annuale. Tali informazioni consentono all’Istat di elaborare il cosiddetto bilancio demografico.

 

Ma cosa è il bilancio demografico?

I dati di bilancio demografico forniscono indicazioni sulla consistenza numerica di una determinata popolazione per ciascun anno non censuario.

 

Questi dati sono calcolati a partire dalla popolazione che risulta dal Censimento; il calcolo è effettuato sulla base dei dati relativi al movimento naturale (iscrizioni per nascita e cancellazioni per morte), migratorio (iscrizioni e cancellazioni per trasferimento di residenza) e per altre motivazioni (quali rettifiche post censuarie, cancellazioni per irreperibilità, ecc).

 

Per ora, dunque, i dati Istat non permettono analisi dettagliate e approfondite né per età (la cui composizione sarà disponibile solo alla fine del primo trimestre 2016) né per causa di morte (per la quale bisognerà aspettare la fine del 2017, anno in cui l’Istat rilascerà i dati definitivi comprensivi di causa di decesso).

 

Il dibattito sui mezzi di comunicazione

L’anomalia sui dati Istat di mortalità è stata messa in evidenza inizialmente dal demografo Gian Carlo Blangiardo che, l’11 dicembre scorso, ha pubblicato su Avvenire un articolo (ripreso il 22 dicembre anche sul sito web neodemos.info) nel quale sottolinea la peculiare grandezza dell’impennata di mortalità e ipotizza un’associazione causale con gli effetti della crisi economica sul sistema sanitario e dunque sulla salute della popolazione (specialmente dei gruppi più fragili, come gli anziani).

 

Le riflessioni a mezzo stampa tra esperti, addetti ai lavori ed esponenti politici, sono andate avanti nelle settimane successive con un ampio ventaglio di interpretazioni. Interpretazioni plausibili sì, ma tutte non ancora confermabili per la “fragilità” dei dati a disposizione al momento.

 

Una delle ipotesi in esame è quella legata all’invecchiamento della popolazione che però, secondo alcuni modelli di previsione demografica, sembrerebbe essere responsabile solo di circa 15.000 degli oltre 45.000 morti in eccesso.

 

L’osservazione dei dati mese per mese mostra che i picchi di maggiore divario tra il 2014 e il 2015 si registrano nei mesi invernali (specialmente i primi tre, gennaio-marzo) e in quelli estivi (in particolare a luglio). Questo offre una lettura “stagionale” del fenomeno che vede la mortalità invernale correlata a una stagione influenzale particolarmente severa, caratterizzata dai seguenti elementi: il picco epidemico che è stato uno dei più elevati delle ultime stagioni con l’influenza che ha colpito circa l’11% degli italiani, per un totale di circa 6.300.000 casi, i numeri di casi gravi (485) e decessi (160) da influenza confermata superati solo dalla pandemia del 2009 e infine il progressivo calo delle coperture vaccinali antinfluenzali tra gli ultra 65enni e nelle categorie per cui la vaccinazione è raccomandata. Il picco estivo, invece, potrebbe suggerire un collegamento con gli effetti delle ondate di calore sulla salute.

 

Entrambe queste ipotesi dovrebbero però tenere conto del cosiddetto effetto di harvesting (in italiano, “mietitura”) secondo cui, in presenza di una popolazione suscettibile – come per esempio gli anziani fragili – e in determinate condizioni ambientali, eventuali eccessi di mortalità possono essere causati da un’anticipazione dei decessi dei soggetti a rischio. Anticipazione che produce generalmente un successivo calo della mortalità nella popolazione e che dunque potrebbe contraddire la previsione di una uguale percentuale di incremento di mortalità negli ultimi mesi del 2015 (come detto dell’11%).

 

Si richiama inoltre l’attenzione sul fatto che l’eccesso osservato nel 2015 non tiene conto che negli anni 2014 e 2013 la mortalità è stata piuttosto bassa e quindi esso potrebbe anche essere effetto di un “recupero” della mortalità degli anni precedenti, che andrebbe a sua volta indagata con attenzione.

 

Infine, complice il dibattito politico, è stata messa sotto esame anche l’ipotesi legata all’inquinamento ambientale. Da sottolineare qui l’importanza di non confondere i dati Istat con quelli pubblicati a dicembre 2015 dalla European Environment Agency (Eea, Agenzia europea dell’ambiente) in un rapporto sull’inquinamento dell’aria in Europa (aggiornati al 2013) secondo cui l’Italia è il Paese con il maggior numero di morti per inquinamento ambientale. Risultati questi non nuovi per i ricercatori italiani: a giugno 2015 sono stati presentati, infatti, anche i risultati del Progetto Viias (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute) che ha fornito una stima del numero di decessi attribuibili all’inquinamento atmosferico in Italia e, per il PM2,5, ha quantificato i mesi di vita persi nell’anno di riferimento 2005 e quelli che si potrebbero guadagnare nei diversi scenari futuri.

 

Anche il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) Walter Ricciardi in un’intervista rilasciata a quotidianosanità.it (pubblicata il 31 dicembre 2015) ha ricordato che queste cause, pur se verosimili, devono essere confermate da ulteriori studi e indagini.

 

Il gruppo di lavoro interdisciplinare

Per approfondire il problema sul presunto eccesso di mortalità, il ministero della Salute ha sottoposto la questione a un gruppo di lavoro interdisciplinare che coinvolge varie istituzioni, quali l’Iss, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), alcuni servizi epidemiologici regionali e il ministero stesso. L’obiettivo è offrire una lettura completa del fenomeno sulla base sia dei dati provenienti dalle diverse sorveglianze, sia dei dati Istati completi e proporre così una spiegazione condivisa.

 

Il punto di vista locale

In questa fase, un’analisi interessante può venire anche dal confronto tra i dati Istat e quelli provenienti da fonti informative locali. Un esempio arriva dal Piemonte dove, a seguito del tam tam mediatico sul presunto eccesso di mortalità, sono stati analizzati i dati dell’anagrafe regionale degli assistiti (Aura) e del sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera per le emergenze stagionali (gestito dal Dipartimento di Epidemiologia e salute ambientale dell’Arpa Piemonte). Per approfondire leggi il documento piemontese: “L’eccesso di mortalità nel 2015: fatti e spiegazioni dai dati piemontesi” (pdf 244 kb) a cura di ricercatori del Servizio di Epidemiologia di riferimento regionale, Asl TO3 Piemonte e del Dipartimento di Scienze cliniche e biologiche, Università Torino.

 

Analisi da diverse fonti informative

Su Epidemiologia&Prevenzione (periodo gennaio-febbraio 2016) tre articoli affrontano il tema da tre diversi punti di vista, partendo da fonti informative e metodologie di analisi diverse.

  • Il primo contributo “Sull’incremento della mortalità in Italia nel 2015: analisi della mortalità stagionale nelle 32 città del Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera” (a cura dei ricercatori del Dipartimento epidemiologia del Ssr del Lazio e della Direzione generale della prevenzione sanitaria, ministero della Salute) si propone di valutare la mortalità nel 2015 utilizzando i dati del Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera (Sismg) attivo in 32 città italiane. Questo studio evidenzia tra gli over 65enni un incremento significativo della mortalità nel 2015 sia nel periodo invernale sia in quello estivo. Inoltre, la Sorveglianza conferma i fattori meteorologici (basse ed elevate temperature) e non meteorologici (virus influenzali), e l’ampiezza della popolazione a rischio (pool di suscettibili), come concause dell’eccesso osservato che spiegano la variabilità stagionale e interannuale della mortalità soprattutto nella popolazione molto anziana.
  • Nell’editoriale “Una strage o solo un dato statistico? Il surplus di decessi nel 2015” Cesare Cislaghi (Economista sanitario), Giuseppe Costa (Epidemiologo) e Aldo Rosano (Demografo) analizzano il puzzle di cause che hanno prodotto questo fenomeno.
  • Il terzo “Inquinamento atmosferico ed effetti sulla salute a Roma nel mese di dicembre 2015” (a cura dei ricercatori del Dipartimento di epidemiologia, Sistema sanitario regionale del Lazio) mira a descrivere l’andamento giornaliero delle concentrazioni di Pm10 e stimare eventuali effetti sulla salute umana nella città di Roma durante il mese di dicembre 2015. Dallo studio emerge che a dicembre 2015, a Roma, soltanto in 3 giorni si sono registrati valori di concentrazione di Pm10 più bassi dei limiti di legge (50 μg/m3). In questo periodo sono stati stimati 26 decessi, 20 ricoveri e 30 accessi al Pronto soccorso per cause cardiorespiratorie attribuibili all’esposizione a Pm10 al di sopra dei limiti di legge. L’impatto sanitario degli episodi di inquinamento si somma agli effetti a lungo termine degli inquinanti.

Risorse utili

Sull'ipotizzato eccesso di mortalità

Per approfondire