English - Home page

ISS
Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

Aspetti epidemiologici

Attenzione: pagina in aggiornamento

 

 

1 marzo 2012 - Secondo l’Unscear (il comitato scientifico delle Nazioni Unite sugli effetti della radiazioni atomiche), a livello mondiale la concentrazione media di radon in ambienti esterni varia tra 5 e 15 Bq/metro cubo. Per quanto riguarda invece i livelli medi degli ambienti chiusi, si stima un valore medio mondiale di 39 Bq/metro cubo, con grandi variazioni tra un edificio e un altro. Dove gli edifici sono costruiti su terreni permeabili e in cui c’è una forte presenza di uranio, si arriva a registrare anche concentrazioni di molte migliaia di Bq/metro cubo. In Europa il livello medio di radon nell’aria indoor è di circa 59 Bq/metro cubo.

 

In Italia, secondo un’indagine fatta tra il 1989 e il 1996, coordinata dall’Apat e dall’Istituto superiore di sanità e realizzata con gli assessorati alla sanità e con quelle che oggi sono le Agenzie per la protezione dell’ambiente regionali e provinciali (Arpa e Appa), il valore della concentrazione media è 70 Bq/metro cubo. La situazione varia da una Regione all’altra:

  • tra i 20 e i 40 Bq/metro cubo: Liguria, Marche, Basilicata, Calabria e Sicilia
  • tra i 40 e i 60 Bq/metro cubo: Valle d’Aosta, Trentino, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Molise, Puglia
  • tra i 60 e i 80 Bq/metro cubo: Alto Adige, Piemonte, Sardegna, Abruzzo
  • tra i 80 e i 100 Bq/metro cubo: Friuli Venezia Giulia, Campania
  • tra i 100 e i 120 Bq/metro cubo: Lombardia, Lazio.

È importante comunque ricordare che ci sono molte variazioni anche all’interno delle Regioni e all’interno di singoli Comuni.

 

L’epidemiologia internazionale sul radon si basa su tre grandi studi chiave che sono ora delle pooled analyses complete:

Tra gli aspetti principali emersi da queste analisi internazionali vanno segnalati i seguenti:

  • esiste un’evidenza statisticamente significativa che il rischio di cancro al polmone aumenta all’aumentare dell’esposizione (dove per esposizione si intende: concentrazione x tempo di esposizione). Dato internazionalmente condiviso è che su un periodo di osservazione di 25-35 anni, si ha un aumento del rischio relativo del 10-16% per ogni 100 Bq/metro cubo
  • tutte e tre gli studi hanno ottenuto risultati simili (anche se le conclusioni di quello europeo possono essere considerate più conclusive grazie al maggior numero di soggetti coinvolti)
  • esiste una sinergia (effetto moltiplicativo) tra esposizione al radon e fumo da tabacco. Chi fuma un pacchetto di sigarette al giorno corre un rischio 25 volte maggiore di chi non fuma.
  • non ci sono evidenze di una “soglia”, cioè di un valore sotto il quale non c’è rischio. Non è possibile però escludere del tutto che ci sia ma, se esistesse, questo valore soglia sarebbe inferiore a 150 Bq/metro cubo.

 

Nel mondo

Le prime indagini sul radon condotte a livello internazionale dall’Oms hanno avuto come popolazione campione i minatori di uranio. Nel 1988, questi studi hanno portato l’International Agency for Research on Cancer (Iarc) a classificare questo gas come sostanza cancerogena di gruppo 1 e ad allargare l’analisi al rischio rappresentato dal radon presente negli edifici di uso quotidiano. Stime recenti attribuiscono al radon il 6-15% dei tumori ai polmoni a livello mondiale. Diverse analisi epidemiologiche hanno dimostrato che il radon è al secondo posto, dopo il fumo da tabacco, fra le cause principali di cancro ai polmoni. Il rischio aumenta in proporzione al crescere della concentrazione di radon nell’aria e della durata dell’esposizione.

 

In Europa

Le analisi epidemiologiche a livello europeo si basano sullo studio pubblicato nel dicembre del 2004, sul British Medical Journal (Bmj): un’analisi sui singoli dati di 13 studi caso-controllo, condotti in nove Paesi europei e riguardanti il rischio di sviluppare cancro ai polmoni per effetto dell’esposizione al radon presente nelle abitazioni. L’Italia ha contribuito con un’indagine effettuata nel Lazio dall’Iss e dal Dipartimento di epidemiologia della Asl Roma E di Roma. Su un totale di 7148 casi di tumore polmonare e di 14.208 controlli, lo studio europeo ha dato i seguenti risultati: su una concentrazione di 100 Bq/metro cubo si ha un aumento del rischio del 16% (con un intervallo di confidenza dal 5% al 31%). In assenza di altre cause di morte, il rischio assoluto di ammalarsi di cancro ai polmoni a 75 anni alle concentrazioni di 0, 100 e 400 Bq/metro cubo sarebbe rispettivamente 0,4%, 0,5% e 0,7% per i non fumatori. Per i consumatori di fumo da tabacco (1 pacchetto al giorno), invece, il rischio sarebbe 25 volte maggiore, quindi rispettivamente del 10%, 12% e 16%. Dunque si stima che in Europa ogni anno 20 mila casi di decessi per cancro ai polmoni sono dovuti all’esposizione al radon (il 9% di tutti i decessi per tumore polmonare, che corrisponde al 2% di decessi per tutti i tumori).

 

In Italia

La concentrazione media italiana di radon nell’aria è di circa 70 Bq/metro cubo. L’Iss ha stimato che, dei 31 mila casi di tumore ai polmoni che si registrano in Italia ogni anno, il 10% circa è attribuibile al radon (questo dato comprende per la maggior parte fumatori, a causa della sinergia tra radon e fumo che ne moltiplica gli effetti). In particolare, l’Iss ha stimato che i casi di tumore polmonare dovuti al radon siano tra i 1000 e i 5500. Inoltre lo studio epidemiologico italiano condotto nel Lazio (pubblicato su International Journal of Cancer di gennaio 2005) ha evidenziato una possibile correlazione tra radon e dieta: l’aumento di rischio prodotto dal radon risulta maggiore nei soggetti con dieta povera di alimenti antiossidanti.

 

(revisione a cura di Francesco Bochicchio – direttore del reparto di Radioattività e suoi effetti sulla salute, dipartimento Tecnologie e salute, Iss)