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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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"Salvate Eva": screening citologico e motivi di non adesione in Calabria

Liliana Rizzo¹, Alessandro Bisbano², Valeria Teti³, Dario Macchioni¹ per il Gruppo Resp Calabria*

¹Dipartimento Tutela della Salute, Regione Calabria, Catanzaro;

²ASP di Crotone;

³ASP di Catanzaro

 

SUMMARY (“Save EVE”: cytological screening and reasons for non-adherence in Calabria) - In March 2013, a random sample of 295 women aged 25-64 years residing in the local health authority of Cosenza was selected to assess adherence to the pap-test screening offered by the public health system and to identify reasons for non-adherence in order to improve effectiveness of communication campaigns. In multivariate data analysis risk perception (OR 3.29, p = 0.0449), medical advice (OR 3.83, p = 0.0000) and invitation letter (OR 1.84, p = 0.0137) were found associated to screening adherence. Targeting next communication campaign to healthcare professionals and to increase risk awareness in women would be strongly advised.

Key words: cervical cancer; screening program barrier; patient compliance

li.rizzo@regcal.it

 

Introduzione

Secondo i dati AIRTUM (Associazione Italiana dei Registri Tumori), in Italia, tra il 1998 e il 2002, l’incidenza del tumore della cervice uterina ha registrato 9,8 ca-si/100.000 donne per anno (1). La prevalenza stimata nel 2006 è stata pari al 2% di tutti i tumori maligni femminili e nel 2008 si sono avuti 1,2 decessi ogni 100.000 donne (2). Le stime indicano, nel corso degli anni, una lenta e continua riduzione dell’incidenza e della mortalità, con un miglioramento della sopravvivenza: si stima che a 5 anni dalla diagnosi sopravviva il 68% delle donne colpite (3). L’andamento positivo di questi indicatori riflette l’incremento che si è registrato, a partire dal 1994, nel ricorso al pap-test come esame di screening, conseguente, almeno in parte, all’avvio su gran parte del territorio nazionale dei programmi organizzati.

 

I programmi organizzati, ossia fondati sull’invito attivo e su un percorso di approfondimento definito e gratuito, secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Screening, nel 2010 hanno raggiunto, pur con evidenti differenze territoriali, una estensione del 65% della popolazione target (4). Nell’area del Sud Italia, gli elevati valori di mortalità, compatibili con il documentato ritardo nell’attivazione dei programmi di screening, si associano negli ultimi anni a un progressivo e graduale miglioramento dell’accesso alla diagnosi precoce, basato prevalentemente sull’iniziativa personale piuttosto che sull’adesione a programmi di screening.

 

In Calabria, i dati GISCi (Gruppo Italiano Screening Cervicocarcinoma) e PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) evidenziano una copertura ancora insufficiente. Soltanto il 55% delle donne ha effettuato un pap-test preventivo negli ultimi tre anni (2010-12): il 33% entro programmi organizzati e il 22% come screening spontaneo (5). La Rete Epidemiologica Regionale ha ritenuto opportuno realizzare, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, uno studio trasversale di prevalenza con l’obiettivo di stimare l’adesione allo screening organizzato e di descrivere i motivi che stanno alla base della non adesione, al fine di rendere mirata ed efficace una campagna di comunicazione.

 

Materiali e metodi

L’indagine "Salvate EVA" si è svolta, nel marzo 2013, su un campione di 295 donne, 25-64enni, residenti in Calabria e iscritte all’anagrafe sanitaria dell’ASP di Cosenza. Utilizzando i criteri della sorveglianza PASSI, il campione è stato selezionato secondo il metodo del campionamento casuale semplice e ha incluso le donne con disponibilità di un recapito telefonico e capaci di sostenere una conversazione in italiano; sono state escluse le donne isterectomizzate, istituzionalizzate, decedute. Le donne intervistate, sul totale delle eleggibili, sono state il 77%; il tasso di sostituzione è risultato pari al 23%.Le informazioni sono state raccolte grazie a un questionario standardizzato somministrato tramite intervista telefonica da personale addestrato. Sono state studiate le caratteristiche socioanagrafiche del campione, la copertura e le variabili che, come indicato dalla letteratura, possono influenzare l’adesione allo screening: informazione ricevuta, atteggiamenti, opinioni e convinzioni. L’area di indagine coperta dallo studio ha riguardato la domanda del pap-test e non l’offerta. Per le variabili relative ad atteggiamenti e conoscenze è stato utilizzato l’Health Belief Model (6), che ha esplorato, rispetto al cancro del collo dell’utero e alla prevenzione con il pap-test, la suscettibilità, intesa come percezione della donna del rischio di sviluppare il cancro, la gravità percepita del problema, la percezione dei benefici legati alla prevenzione e le barriere che si oppongono alla sua realizzazione. È stata effettuata dapprima un’analisi univariata e bivariata dei dati raccolti, utilizzando il software EPI Info 3.5.1 e, successivamente, i risultati di questa sono stati analizzati con il modello di regressione logistica.

 

Risultati

La popolazione in studio è rappresentata da donne di età media 50 anni, la maggior parte è coniugata (73%), vive con altre persone (75%) e il 76% ha avuto almeno un parto. Riguardo al titolo di studio, il 58% del campione possiede un titolo medio-alto (diploma e laurea) e il 42% un titolo medio-basso (licenza elementare, media e corso professionale). Rispetto alla condizione lavorativa, il 66%, delle donne intervistate non lavora e il 34% ha un’occupazione stabile. Nel campione intervistato, 184 donne su 282 (65%) riferiscono di aver effettuato un pap-test a scopo preventivo nell’ultimo triennio (il 41% entro programmi di screening organizzati e il 24% su iniziativa personale). Relativamente ai canali informativi, il 56% delle donne ha dichiarato di aver ricevuto una lettera d’invito della ASP, il 57% di aver avuto un consiglio da un medico o da un operatore sanitario e il 69% ha visto o sentito campagne informative o pubblicitarie di promozione del pap-test. Rispetto alla percezione del proprio rischio di sviluppare un cancro cervicale (suscettibilità), le donne intervistate mostrano un buon livello di conoscenza (90%) dei principi generali che attengono lo screening del cervico-carcinoma; riferiscono, infatti, di essere a conoscenza della fascia di età in cui è bene fare il pap-test di screening e della frequenza rispetto alla quale è indicato farlo e dimostrano di sapere che il test è rivolto a tutte le donne, indipendentemente dalle condizioni personali in cui possono trovarsi: sintomi, gravidanze, rapporti sessuali. Allo stesso modo, le donne percepiscono in maniera rilevante la gravità del cancro dell’utero (96%) e i benefici derivanti dall’esecuzione del pap-test (86%).

 

Le donne che non hanno praticato una prevenzione ottimale per il cancro della cervice (35%) hanno addotto le seguenti motivazioni: mancanza di tempo (29%), paura di scoprire di avere un cancro (27%), imbarazzo alla visita (26%) e mancanza di consigli (26%) e, poi, problematiche legate all’organizzazione del servizio pubblico, quali la difficoltà ad avere un appuntamento (16%) e i tempi di attesa lunghi (14%). L’analisi bivariata volta a indagare la correlazione esistente tra la variabile di outcome (aver fatto il pap-test negli ultimi tre anni) e le diverse variabili di esposizione considerate (caratteristiche socioanagrafiche, suscettibilità, gravità e benefici) ha dimostrato come l’adesione allo screening è maggiore nelle donne che hanno ricevuto la lettera d’invito della ASP (OR 1,9; 95% IC = 1,1-3,1; p 0,009) e il consiglio di un operatore sanitario (OR 3,2; 95% IC = 1,9-5,3; p 0,000004), che hanno maggiore percezione del rischio (OR 5,3; 95% IC = 2,2-12; p 0,00003), della gravità (OR 6,4; 95% IC = 1,7-24; p 0,001) e dei benefici (OR 2,9; 95% IC = 1,5-5,8; p 0,001).

 

Testando tutte queste variabili in un modello di regressione logistica, per correggere l’influenza dei diversi fattori tra di loro, soltanto la suscettibilità (p = 0,0449), il consiglio sanitario (p = 0,0000) e la lettera d’invito (p = 0,0137) si sono confermati associati in maniera statisticamente significativa con l’adesione allo screening, mentre la gravità (p = 0,5533) e i benefici (p = 0,4262) non sembrano influire sulla decisione della donna di effettuare il pap-test (Figura).

 

 

Conclusioni

Nella ASP di Cosenza il 65% delle donne intervistate ha eseguito il pap-test nell’ultimo triennio: quasi 4 donne su 10 non sono coperte rispetto all’effettuazione dell’esame preventivo. Con riferimento ai dati del sistema di sorveglianza PASSI 2010-12, tale percentuale è più alta rispetto a quella registrata in Calabria (55%), ma sostanzialmente sovrapponibile a quella dell’Italia meridionale (64%) (5).

 

I risultati dello studio evidenziano che solo le donne con un buon grado di conoscenza e quindi con una maggiore percezione del rischio di contrarre il cancro manifestano atteggiamenti favorevoli all’esecuzione del pap-test. Le donne che hanno la percezione della gravità del cancro e dei benefici derivanti dalla diagnosi precoce - fattori che a un primo livello d’analisi sembravano essere facilitanti - sono meno propense a sottoporsi all’esame. Le diverse giustificazioni che le donne adducono per non aver effettuato il test di screening, in linea con le conclusioni del sistema di sorveglianza di popolazione, potrebbero essere riconducibili a un’errata percezione del rischio e testimoniano la necessità di intervenire per aumentare la consapevolezza del rischio tra le donne.

 

In coerenza con quanto riportato in letteratura, il consiglio di un operatore sanitario e la lettera d’invito della ASP rappresentano un determinante positivo, non solo perché incidono, verosimilmente, sulla suscettibilità dimostrata dalle donne intervistate, ma anche perché, con il contatto individuale, forniscono un supporto empatico alla decisione della donna.

 

Sebbene l’area di indagine abbia esplorato, limitatamente a una sola ASP, la domanda e non l’offerta, e la disponibilità di un'anagrafe sanitaria non sufficientemente completa e aggiornata abbia condizionato il tasso di sostituzione, lo studio ha comunque permesso di caratterizzare la popolazione target e ha suggerito di realizzare una campagna di comunicazione per promuovere conoscenza e consapevolezza nelle donne. Tale azione, la cui efficacia risulta transitoria se lasciata isolata dal contesto, trova nella regione Calabria, quale fattore favorente e rafforzante, la presenza di programmi di screening già attivi su tutto il territorio regionale (7).

 

(*) Gruppo Resp Calabria, gruppo di lavoro della Rete Epidemiologica Regionale: E.A.R. Ciconte, C. Dell’Isola, R. Di Lorenzo, G. Donati, A. Sutera Sardo, V. Teti (ASP Catanzaro); G. De Foresta, C. De Stefano, F. Zappia (ASP Reggio Calabria); C. Bianchi, V. Gigli, F. Masotti, M.T. Pagliuso, P. Pizzino, A. Troisi, I. Valentini (ASP Cosenza); A. Cernuzio, C.G. La Greca, A. Bisbano (ASP Crotone); D. Cocciolo, M.B. Grasso, E. Morano (ASP Vibo Valentia); C. Azzarito, G.A. De Biase, D. Gullà, D. Macchioni, A.D. Mignuoli, L. Rizzo (Dipartimento Tutela Salute, Regione Calabria, Catanzaro).

 

Dichiarazione sul conflitto di interessi

Gli autori dichiarano che non esiste alcun potenziale conflitto di interesse o alcuna relazione di natura finanziaria o personale con persone o con organizzazioni, che possano influenzare in modo inappropriato lo svolgimento e i risultati di questo lavoro.

 

Riferimenti bibliografici

1. AIRT Working Group. I Tumori in Italia. Rapporto 2006. I dati di incidenza e mortalità dei Registri tumori per il periodo 1998-2002. Schede specifiche per tumore. Tumore della cervice uterina. Epidemiol Prev 2006;30(1)Suppl 2: 64-65.

2. La sorveglianza PASSI. Rapporto nazionale PASSI 2011: screening cervicale (www.epicentro.iss.it/...).

3. AIRTUM Working Group. I Tumori in Italia. Rapporto 2011. Sopravvivenza. Schede specifiche per tumore. Tumore della cervice uterina. Epidemiol Prev 2011;35 (5-6)Suppl 3:109.

4. Osservatorio Nazionale Screening. Decimo Rapporto. La diffusione dei programmi di screening in Italia, anno 2010. Epidemiol Prev 2012;36(6)Suppl 1:3-7.

5. Osservatorio Nazionale Screening. I programmi di screening in Italia (www.osservatorionazionalescreening.it/...).

6. University of Twente. Health Belief Model. (www.utwente.nl/cw/...).

7. Wakefield MA, Loken B, Hornik RC. Utilizzo delle campagne di comunicazione di massa per la modifica di comportamenti di salute. Barbera A, Tosco E. (Ed.). Sintesi e adattamento dell'articolo"Use of mass media campaigns to change health behaviour". Lancet 2010;376(9748):1261-71 (www.dors.it/alleg...).