Informazioni generali
Gli strumenti elettrici, industriali e domestici producono sia campi elettrici che campi magnetici. I primi aumentano di intensità con l’aumentare del voltaggio stesso e vengono misurati in volt per metro (V/m). I campi magnetici dipendono invece dal flusso di corrente e sono misurati in unità di Gauss o di Tesla (T). Gli strumenti elettrici, quando sono in funzione, producono campi elettromagnetici determinati dal flusso e dall’intensità della corrente utilizzata. Mentre i campi elettrici sono spesso presenti anche quando gli strumenti sono spenti se rimangono comunque connessi alla rete elettrica, perché si verifichi un campo magnetico è necessario che lo strumento venga acceso, e cioè che ci sia un vero e proprio passaggio di corrente.
	
	Negli ultimi trent’anni, una serie di studi sono stati fatti sulla 
	possibilità che l’esposizione ai campi magnetici, che hanno una capacità di 
	penetrazione nei tessuti biologici, risulti in danni alla salute.
	
	Tutti i corpi, terra compresa, emettono onde elettromagnetiche e quindi 
	esiste nell’ambiente una radiazione elettromagnetica di fondo. L’evoluzione 
	tecnologica ha però portato alla produzione di campi elettromagnetici da 
	sorgenti artificiali.
	Le onde elettromagnetiche consistono di piccolissimi pacchetti di energia 
	chiamati fotoni, caratterizzate da una lunghezza d'onda, dalla frequenza e 
	dall’energia. L’energia è direttamente proporzionale alla frequenza: più 
	alta è la frequenza, maggiore è la quantità di energia di ogni fotone. La 
	frequenza di un'onda elettromagnetica è il numero di oscillazioni che 
	passano per un determinato punto nell'unità di tempo, misurata in cicli al 
	secondo o 
   hertz. I multipli comunemente usati per descrivere i campi a 
	radiofrequenza (RF) comprendono il chilohertz (kHz - mille cicli al 
	secondo), il megahertz (MHz - un milione di cicli al secondo) e il gigahertz 
	(GHz - un miliardo di cicli al secondo.) Più alta la frequenza, più corta è 
	la lunghezza d'onda.
	
	Le radiazioni non ionizzanti (NIR) appartengono a quella parte dello spettro 
	elettromagnetico in cui l'energia fotonica è troppo bassa per rompere i 
	legami atomici e comprendono la radiazione ultravioletta (UV), la luce 
	visibile, la radiazione infrarossa, i campi a radiofrequenze e microonde, i 
	campi a frequenza estremamente bassa (ELF) ed i campi elettrici e magnetici 
	statici.
	
	In particolare, soprattutto con riferimento ai possibili effetti biologici e 
	quindi agli studi effettuati, si distinguono i campi a radiofrequenza 
	vengono distinti in tre categorie:
	a frequenza estremamente bassa (50-60 Hz, quelli associati agli 
	elettrodotti), ad alta frequenza (generalmente sui 300 MHz) e campi a 
	radiofrequenza emessi dai sistemi di telefonia mobile (da poco meno di 1 GHz 
	e oltre).
	
   Strumenti che li generano
	
	Nell’ambiente, le principali emissioni artificiali sono dovuti all'emittenza 
	radiotelevisiva e, in misura minore, agli impianti di telecomunicazione. 
	Campi RF più elevati possono presentarsi in aree situate vicino a 
	trasmettitori o a sistemi radar. Le comuni sorgenti di campi RF sono:
- 
     monitor e apparecchi con schermo video (3 - 30 kHz), 
- 
     radio AM (30 kHz - 3 MHz), 
- 
     riscaldatori industriali ad induzione (0,3 - 3 MHz), 
- 
     termoincollatrici a radiofrequenza, marconiterapia (3-30 MHz), 
- 
     radio FM (30 - 300 MHz), 
- 
     telefonia mobile, emittenza televisiva, forni a microonde, radarterapia (0,3 - 3 GHz), 
- 
     radar, collegamenti satellitari (3 - 30 GHz) 
  Un discorso a parte va fatto, sia per la dimensione della diffusione che per 
	gli studi specifici effettuati, per la telefonia mobile. L’Oms 
	(Organizzazione mondiale della sanità) prevede che entro il 2005 ci saranno 
	circa un miliardo e seicento milioni di abbonati ai servizi di telefonia 
	mobile, e che quindi sarà necessario installare un numero crescente di 
	stazioni radio base, le antenne radio a bassa potenza che comunicano con il 
	telefono dell'utente. Dato l'immenso numero di utenti di telefonia mobile, 
	eventuali effetti sanitari, anche minimi, potrebbero avere importanti 
	implicazioni per la salute pubblica.
	
	I telefoni cellulari e le stazioni radio base presentano situazioni di 
	esposizione molto diverse: l'esposizione di chi utilizza un telefonino è 
	molto superiore a quella di chi vive vicino a una stazione radio base, anche 
	se, a parte gli sporadici segnali emessi per mantenere il contatto con le 
	stazioni radiobase vicine, i telefoni cellulari trasmettono energia a 
	radiofrequenza solo durante le chiamate.
	
	I telefonini sono trasmettitori a radiofrequenza di bassa potenza, che 
	emettono potenze massime contenute tra 0,2 e 0,6 watt. L'intensità del campo 
	e quindi l'esposizione decresce rapidamente con l'aumentare della distanza 
	dal telefonino. Un cellulare posto ad alcune decine di centimetri dalla 
	testa (con un auricolare) riduce notevolmente l’esposizione rispetto all’uso 
	del telefonino sull’orecchio.
	
	Le stazioni radio base trasmettono a livelli di potenza che vanno da pochi 
	watt sino a 100 watt e oltre, a seconda dell'ampiezza della regione che 
	devono coprire con il segnale radio. Generalmente le antenne installate sui 
	tetti sono protette da recinzioni, che tengono il pubblico lontano dall'area 
	in cui il campo eccede i limiti di esposizione. Dal momento che le antenne 
	dirigono la loro potenza verso l'esterno, e non irradiano quantità 
	significative di energia né all'indietro né verso l'alto e il basso, i 
	livelli di energia all'interno o ai lati degli edifici sono normalmente 
	molto bassi.
	
	
   
   
   
   Il dibattito scientifico
	
	Gli anni recenti hanno visto un aumento senza precedenti, per numero e 
	varietà, di sorgenti di campi elettrici e magnetici (CEM) usati per scopi 
	individuali, industriali e commerciali. Questa diffusione ha generato 
	preoccupazioni per i possibili rischi per la salute connessi al loro uso.
	
	Alcuni studi scientifici hanno suggerito che l'esposizione ai campi 
	elettromagnetici generati da questi dispositivi possa avere effetti nocivi 
	per la salute (cancro, riduzione della fertilità, perdita di memoria e 
	cambiamenti negativi nel comportamento e nello sviluppo dei bambini.) Altri 
	studi contraddicono questa ipotesi. Allo stato attuale, l'effettiva entità 
	del rischio sanitario non è nota, sebbene per alcuni tipi di CEM, ai livelli 
	riscontrati nella vita comune, questo possa essere bassissimo se non 
	addirittura inesistente.
	
	Il progresso tecnologico, nel senso più ampio della parola, è stato sempre 
	associato con vari rischi, sia percepiti sia reali. Oggi, il pubblico è 
	preoccupato che l'esposizione a CEM possa portare a conseguenze negative per 
	la salute, specialmente nei bambini. In risposta a queste preoccupazioni del 
	pubblico, condivise da molti governi, l’Oms e altre organizzazioni hanno 
	avviato numerosi progetti di ricerca per valutare gli effetti biologici e 
	stabilire i possibili rischi per la salute.
	
	Inoltre, una attenzione particolare viene dalla Oms anche alla percezione 
	del rischio da parte del pubblico. Un sistema di informazione pubblica e di 
	comunicazione tra scienziati, governi, industria e pubblico che non prenda 
	nella giusta considerazione questa percezione, può infatti generare sfiducia 
	e paura nei confronti delle tecnologie basate sui CEM.
