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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Riflessioni sulla ricomparsa della difterite in Spagna

Luciano Pinto, Giuseppe Di Mauro, Gianni Bona - Società italiana di pediatria preventiva e sociale

 

25 giugno 2015 - Grazie alle vaccinazioni, nei Paesi occidentali la difterite è una malattia sempre più rara. Dal 2000 al 2009, secondo i dati raccolti dall’European Diphtheria Surveillance Network e dall’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, la sua incidenza, dopo una impennata che negli anni ‘90 aveva causato nell’Europa dell’Est oltre 150.000 casi di malattia e 5000 decessi, si è ridotta di oltre il 95% nel decennio successivo, e l’83% dei casi si è verificato in Russia e in Ucraina.[1]. Nell’Unione europea nel periodo 2008-2012 ben 19 dei 28 Paesi non hanno notificato casi di difterite; nel 2012 sono pervenute all’European Centre for Disease Control and Prevention (Ecdc) 27 notifiche di difterite (16 causate dal C. diphtheriae e 11 dal C. ulcerans) da parte di 8 Paesi.[2]

 

Nel numero di marzo del 2015 del Notiziario dell'Istituto superiore di sanità è stato pubblicato un articolo in cui si sottolineava che la difterite, sebbene “debellata nella maggior parte dei Paesi industrializzati”, è “una malattia da sorvegliare” in quanto è ancora “endemica in diverse aree geografiche, emergendo talvolta come caso sporadico o piccola epidemia” [3]. Le preoccupazioni dei ricercatori dell’Iss sono state avvalorate dalla recentissima notizia di un nuovo caso di difterite nella Spagna, Paese in cui l’ultima segnalazione risaliva al 1986.

 

La ricomparsa della difterite nella Spagna, a distanza di quasi 30 anni dall’ultimo caso

Il 3 giugno 2015 l’Agenzia Sanitaria della Catalogna ha comunicato di avere ricevuto il 28 maggio la notifica di un possibile caso di difterite in un bambino di sei anni, non vaccinato, residente a Olot, nella provincia di Girona[4]. I primi sintomi erano comparsi il 25 maggio, ma per l'aggravarsi delle condizioni, è stato ricoverato il 27 maggio in un ospedale regionale, con un quadro clinico caratterizzato da febbre, malessere generale, cefalea, odinofagia e con le tonsille ricoperte da pseudomembrane. Il 30 maggio un campione inviato al Centro Nazionale di Microbiologia è risultato positivo per una difterite tossigenica all’analisi molecolare mediante PCR e parimenti positivo è risultato il Test di Elek (per identificare i C. Diphtheriae produttori di tossina difterica) effettuato su di un campione inviato ad un Laboratorio di riferimento del Who in Inghilterra: per questo motivo il bambino è stato trasferito in un ospedale specializzato a Barcellona, dove rimane in gravi condizioni. Il 31 maggio la Spagna ha inviato all’Oms e agli Stati membri dell’Unione europea una richiesta urgente di antitossina difterica (DAT). Irlanda, Svezia, Francia, e Germania hanno dichiarato che i lotti di antitossina in loro possesso erano scaduti, per cui il piccolo paziente è stato trattato con un siero proveniente da un Paese non-Ue[5].

 

Le autorità spagnole hanno controllato le persone che erano state in contatto con il bimbo (familiari, compagni di classe, operatori sanitari che lo hanno assistito durante la malattia): a tutti è stato somministrato il vaccino e praticato un tampone faringeo. 8 compagni di scuola, in regola con le vaccinazioni, in cui è risultato presente il C. diphtheriae, sono stati posti in isolamento e trattati con antibiotici.[6]

 

Analisi della gestione del nuovo caso di difterite

Questo evento ha fatto emergere non solo i rischi che comporta il rifiuto della vaccinazione di un bambino da parte dei genitori, ma anche altri rischi che paradossalmente derivano dalla riduzione dei casi di difterite, indotta dall’elevata copertura vaccinale: vi sono comunque dei bambini non vaccinati, la rarità dei casi può ritardare la diagnosi clinica della malattia, le limitazioni nelle capacità diagnostiche possono ritardare la conferma di laboratorio, la mancanza di DAT immediatamente disponibile può ritardare l’inizio della terapia. Tutti questi fattori rischiano di compromettere il precoce riconoscimento e la gestione dei casi di difterite[5], in cui il fattore “tempo” gioca un ruolo decisivo: sebbene la maggior parte dei decessi si siano verificati in paesi dove la malattia è endemica, i tassi di letalità sono stati più alti in quelli in cui non è endemica e dove la scarsa familiarità con la malattia può portare a ritardi nella diagnosi e nel trattamento[7].

 

È utile ripercorrere gli elementi critici di questa storia, anche al fine di valutare gli interventi che sarebbe opportuno attuare per ridurre il rischio di analoghe esperienze.

  • bambino di 6 anni non vaccinato: è un caso apparentemente isolato, statisticamente poco rilevante in un paese che secondo i dati dell’Oms, nel 2013 aveva una copertura vaccinale per 3 dosi di DPT nel 2013 è stata pari al 96%[8]; i compagni di scuola in cui il tampone faringeo è risultato positivo per il C. diphtheriae, erano stati tutti vaccinati
  • ritardo nella diagnosi clinica e di laboratorio: sono trascorsi 7 giorni dalla comparsa dei primi sintomi al momento in cui è stato individuata ufficialmente la presenza del C. Diphteriae.
  • ritardo nella terapia: il successo del trattamento della difterite è legato alla rapida somministrazione dell’antitossina difterica (DAT) in combinazione con gli antibiotici. L’antitossina si può legare alla tossina solo quando è in circolo e non si è ancora fissata ai tessuti o è penetrata nelle cellule[9],[10]. Il trattamento con DAT iniziato dopo 48 ore dalla comparsa della sintomatologia tossica sistemica ha un limitato impatto sulla prognosi clinica[11]. Il DAT rientra nella lista dei Farmaci Essenziali dell’Oms, che dovrebbero essere disponibili in ogni momento, in quantità adeguate e in formulazioni appropriate di qualità garantita[12]. La Spagna ne era priva, e nazioni di primo piano dell’Ue come Francia e Germania potevano offrire solo un farmaco scaduto5. La ridotta incidenza della difterite ha infatti determinato nel mondo un crollo delle richieste di antitossina difterica, per cui la maggior parte delle aziende ne ha cessato la produzione; di conseguenza, molte nazioni sono nell’impossibilità di reintegrare le loro scorte [13]. L’inizio della terapia è stato quindi ulteriormente ritardato, laddove il DAT dovrebbe essere somministrato immediatamente, insieme agli antibiotici, in base solo al sospetto clinico e senza attendere la conferma del laboratorio

Saremmo in grado evitare situazioni come quella che si è verificata nella Catalogna?

Il caso spagnolo, da quando si evince dai comunicati ufficiali, è stato caratterizzato da un ritardo nella diagnosi e nella somministrazione dell’antitossina, che sono quindi i principali elementi da prendere in considerazione per ridurre il rischio di esperienze analoghe a quelle iberiche.

 

Al primo posto nella scala di priorità va collocata la disponibilità di antitossina difterica[14], di cui anche l’Italia, al pari degli altri paesi dell’Ue, non possiede scorte[3]. È indispensabile che le nostre autorità, insieme a quelle europee, battano ogni strada per assicurare al nostro Paese le scorte necessarie per ogni evenienza. La mancanza di DAT desta infatti una grande preoccupazione in Europa, in quanto il farmaco è necessario per curare i nuovi casi di difterite, che, anche se pochi, continuano a verificarsi ogni anno.

 

Per quanto concerne la diagnosi di laboratorio, in Italia il Laboratorio di riferimento per la Difterite dell’Istituto superiore di sanità è all’avanguardia nella diagnosi della malattia: oltre a effettuare la diagnosi microbiologica, utilizza saggi biochimici e molecolari che identificano i ceppi tossinogenici e determinano la presenza della tossina, ed ha messo a punto una metodica in Real-Time PCR per la diagnosi rapida su coltura o campione clinico[15].

 

Per ridurre il rischio che una diagnosi di difterite venga posta in ritardo, occorre dare vita a programmi di formazione continua per i medici e i pediatri sulle malattie prevenibili mediante le vaccinazioni, sulla loro clinica ed epidemiologia. È sempre più elevato infatti il numero di medici che non hanno esperienza di queste malattie, e non le considerano nella diagnosi differenziale. Basti pensare che in Italia in 14 anni, dal 2000 al 2014, sono stati notificati solo 2 casi di difterite, causati da ceppi di C. ulcerans produttori di tossine: il primo nel 2002 in un ragazzo di 14 anni, vaccinato, e il secondo, nel febbraio 2014, in una donna di 70 anni non vaccinata, alla quale il Clostridium era stato trasmesso dal cane[3].

 

Questi corsi dovrebbero essere inoltre estesi alle vaccinazioni e alle reazioni avverse e agli effetti collaterali dei vaccini, e in particolare al counselling vaccinale, per mettere i medici in condizione di stabilire una relazione empatica con i genitori, utilizzando processi di comunicazione che consentano di costruire un rapporto di fiducia, ascoltandoli con attenzione per capire che cosa sanno o pensano di sapere sulle vaccinazioni, per comprendere i loro dubbi e le loro paure, ed aiutarli a superare le loro preoccupazioni e, quindi, a far vaccinare i loro figli.

 

Conclusioni

Il caso di difterite in Spagna ha fatto emergere diverse questioni di grande importanza per tutta l’Unione europea, compresa l’Italia, quali la presenza di individui non vaccinati, le difficoltà che si possono incontrare oggi nella diagnosi dei casi di difterite nella Ue, e sopratutto, la mancanza del siero antidifterico, unico farmaco efficace per questa malattia[14].

 

Per questi motivi, nell’attesa del reperimento di fonti sicure di approvvigionamento e dello sviluppo di farmaci alternativi, è quanto mai indispensabile incrementare ulteriormente la copertura vaccinale, rafforzando la convinzione dei genitori che normalmente vaccinano i propri figli, e convincendo coloro che hanno dubbi sulle vaccinazioni, o sono contrari.

 

 

Bibliografia

 

  1. Wagner KS, White JM, Lucenko I, Mercer D, Crowcroft NS, Neal S, Efstratiou A; Diphtheria Surveillance Network. Diphtheria in the postepidemic period, Europe, 2000-2009. Emerg Infect Dis. 2012;18:217-25.
  2. European Centre for Disease Prevention and Control. “Annual epidemiological report 2014 - vaccine-preventable diseases”. Stockholm: ECDC; 2014
  3. Monaco M, Mancini F, Ciervo A, et al. La difterite: è ancora una malattia da sorvegliare? Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità, Vol. 28, 3, 2015: pp. 3-8
  4. http://salutpublica.gencat.cat/...
  5. European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) “Communicable Disease Threats Report” - Week 24, 7-13 June 2015
  6. http://www.dailykos.com/...
  7. Wagner KS, White JM, Lucenko I, Mercer D, Crowcroft NS, Neal S, Efstratiou A; Diphtheria Surveillance Network. Diphtheria in the postepidemic period, Europe, 2000-2009. Emerg Infect Dis. 2012;18:217-25.
  8. http://gamapserver.who.int...
  9. Begg, N. Manual for the Management and Control of Diphtheria in the European Region. Expanded Programme on Immunization. Copenhagen: WHO; 1994
  10. Diphtheria: the green book, chapter 15 https://www.gov.uk/...
  11. Logina I, Donaghy M. Diphtheritic polyneuropathy: a clinical study and comparison with Guillain-Barre syndrome. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 1999 ;67:433-8.
  12. WHO “Essential medicines and health products” http://www.who.int...
  13. Wagner KS, Stickings P, White JM, Neal S, Crowcroft NS, Sesardic D, Efstratiou A A review of the international issues surrounding the availability and demand for diphtheria antitoxin for therapeutic use. Vaccine. 2009;28:14-20.
  14. European Centre for Disease Prevention and Control. A case of diphtheria in Spain, 15 June 2015. Stockholm: ECDC, 2015.
  15. Mancini F, Monaco M, Pataracchia M, von Hunolstein C, Pantosti A, Ciervo A. Identification and molecular discrimination of toxigenic and nontoxigenic diphtheria Corynebacterium strains by combined real-time polymerase chain reaction assays. Diagn Microbiol Infect Dis. 2012;73:111-20.