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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità - EpiCentro

Domande e risposte frequenti (faq) sull’influenza aviaria[1]

Cos'è l'influenza aviaria?
L'influenza aviaria, o influenza dei polli, è una malattia contagiosa degli animali causata da virus che normalmente infettano solo uccelli e, meno comunemente, i maiali. I virus dell'influenza aviaria sono altamente specie-specifici, ma in qualche rara occasione hanno effettuato un salto di specie infettando anche gli esseri umani.
Nel pollame domestico, il virus dell'influenza aviaria provoca due forme principali di malattia, distinte dal grado estremamente alto o basso di virulenza. La cosiddetta forma a bassa patogenicità normalmente dà soltanto deboli sintomi (piume arruffate, calo della produzione di uova) e non è difficile che passi inosservata. La forma ad alta patogenicità è più drammatica. Si diffonde molto rapidamente negli allevamenti o negli stormi di uccelli e provoca una malattia che colpisce più organi interni, con una mortalità che può avvicinarsi al 100% entro 48 ore.

 

Quali virus causano la malattia ad alta patogenicità?

I virus A dell'influenza[2] sono divisi in 16 sottotipi H e 9 sottotipi N[3]. Solo i virus dei sottotipi H5 e H7 sono conosciuti come agenti di forme altamente patogeniche della malattia, anche se non tutti lo sono né causano malattie acute nel pollame.

Allo stato attuale delle conoscenze, il virus H5 e H7 vengono introdotti negli allevamenti di pollame in una forma a bassa patogenicità. Circolando all’interno della popolazione di uccelli, i virus possono mutare, solitamente nell'arco di pochi mesi, in forme ad alta patogenicità. Ecco perché la presenza di un virus H5 o H7 in un pollaio è sempre causa di preoccupazione, anche quando i sintomi dell'infezione sono moderati.

Gli uccelli migratori diffondono il virus aviario altamente patogenico?
Il ruolo delle uccelli migratori nella diffusione del virus altamente patogenico non è completamente chiaro. Le anatre selvatiche sono considerate bacino naturale di tutti i virus dell'influenza A. Probabilmente esse possono trasportare il virus dell'influenza, senza apparente pericolo, anche per secoli. Sappiamo che le anatre trasportano virus H5 o H7 ma solitamente nella forma a bassa patogenicità. Numerose evidenze suggeriscono che gli uccelli migratori possono trasmettere i sottotipi H5 e H7 a bassa patogenicità agli allevamenti di pollame, che poi mutano nella forma altamente patogenica.
In passato, molto raramente sono stati isolati virus ad alta patogenicità da uccelli migratori, e quando è successo si trattava solitamente di pochi uccelli trovati morti a distanza di volo da una popolazione di pollame in cui c’era una epidemia in corso. Questo dato suggerisce da tempo che le anatre selvatiche non funzionano da agenti per la trasmissione e la diffusione di questi virus. Eventi più recenti però fanno sembrare probabile che alcuni uccelli migratori stiano trasmettendo direttamente il virus H5N1 nella sua forma altamente patogenica. Ci si aspetta dunque una diffusione ulteriore verso nuove aree.

Cosa c’è di speciale nell'attuale epidemia di polli?

L'attuale epidemia di influenza aviaria altamente patogenica, iniziata nel Sudest asiatico a metà 2003, è la più estesa e acuta mai registrata. Mai prima nella storia di questa malattia così tanti Paesi erano stati contemporaneamente colpiti con un così grande numero di uccelli morti.

L'agente patogeno, il virus H5N1, si è dimostrato particolarmente tenace. Nonostante la morte o distruzione di circa 150 milioni di uccelli, il virus è ora considerato endemico in molte parti dell’Indonesia, del Vietnam e in alcune regioni della Cambogia, Cina, Tailandia e probabilmente anche del Laos. Si ritiene che ci vorranno diversi anni per controllare la malattia nei polli.

Il virus H5N1 è particolarmente preoccupante anche per la salute umana, come spiegato più sotto.

Quali Paesi sono stati colpiti dall’epidemia dei polli?
Da metà dicembre 2003 fino all’inizio di febbraio 2004, epidemie di polli causate dal virus H5N1 sono state registrate in otto Paesi asiatici (elencati in ordine di tempo): Corea, Vietnam, Giappone, Tailandia, Cambogia, Laos, Indonesia e Cina. La maggior parte di questi Paesi non aveva mai avuto prima esperienza di influenza aviaria altamente patogenica nella propria storia. All’inizio di agosto 2004, la Malesia ha riportato la sua prima epidemia di H5N1 nel pollame, diventando la nona nazione asiatica colpita. La Russia ha notificato la prima epidemia di H5N1 nel pollame a fine luglio 2005, seguita da notifiche della malattia nella regione adiacente del Kazakistan a inizio agosto. La morte di uccelli selvatici colpiti da H5N1 è stata registrata anche in altri Paesi. Quasi contemporaneamente, in Mongolia si è appurata la presenza di H5N1 in uccelli migratori morti. A ottobre 2005, la presenza di H5N1 è stata confermata nei polli in Turchia e Romania. Allo stato attuale, si sta monitorando l’eventualità di epidemie tra gli uccelli selvatici e di allevamento in qualsiasi altra zona.
Il Giappone, la Corea e la Malesia hanno annunciato di essere riusciti a controllare le epidemie nei loro allevamenti e sono al momento considerate libere dalla malattia. Nelle altre zone colpite, le epidemie si susseguono con diversi gradi di intensità.

Quali sono le implicazioni per la salute umana?
La diffusa persistenza di H5N1 nelle popolazioni di pollame pone due rischi principali per la salute umana. Il primo è il rischio di infezione diretta quando il virus passa dal pollo all’uomo, risultando in una forma molto acuta di malattia. Dei pochi virus di influenza aviaria che hanno effettuato il salto di specie, H5N1 ha causato il più alto numero di casi acuti e di morti tra gli esseri umani. Diversamente dalla normale influenza stagionale, dove l’infezione causa solo moderati sintomi respiratori nella maggior parte della popolazione, la malattia causata da H5N1 segue un percorso clinico particolarmente aggressivo, con rapido deterioramento e alto tasso di mortalità.
Di solito si sviluppa una polmonite virale primaria e un collasso di diversi organi interni. Nell’attuale epidemia, più di metà delle persone infettate dal virus sono morte. La maggior parte dei casi si sono verificati in bambini e giovani adulti sani.
Un secondo rischio, che causa preoccupazione ancora maggiore, è che il virus - in condizioni adeguate - muti in una forma altamente infettiva per l’uomo e che si diffonda con facilità da persona a persona. Questo cambiamento potrebbe segnare l’inizio di una epidemia globale (pandemia).

Dove si sono verificati casi umani?
Nell’attuale epidemia, sono stati registrati casi umani confermati da analisi di laboratorio in quattro paesi: Cambogia, Indonesia, Tailandia e Vietnam. Hong Kong ha già avuto esperienza di due epidemie in passato. Nel 1997, la prima volta in cui si è registrata una infezione umana con il virus H5N1, il virus infettò 18 persone e ne uccise 6. All’inizio del 2003, il virus infettò due persone, con un morto, in una famiglia di Hong Kong che aveva da poco viaggiato nel sud della Cina.

Come si infettano gli esseri umani?
Il contatto diretto con pollame infetto o con superfici e oggetti contaminati dalle feci del pollame sono attualmente considerate le due vie principali di infezione per l’uomo. Ad oggi, la maggior parte dei casi umani si sono verificati nelle zone rurali o nelle periferie urbane dove molte abitazioni ospitano piccoli pollai, spesso con polli ruspanti, che talvolta entrano nelle case o condividono le zone esterne dove giocano i bambini. Siccome gli uccelli infetti diffondono grandi quantità di virus attraverso le feci, le occasioni di contatto con feci infette o con ambienti contaminati da esse sono piuttosto comuni in simili condizioni.
Inoltre, siccome molte famiglie asiatiche dipendono dal pollame sia sul piano economico che della propria alimentazione, molte famiglie vendono o uccidono e mangiano i polli quando i sintomi della malattia compaiono nel pollaio o nell’allevamento, e si è visto che è difficile modificare questa pratica. L’esposizione avviene molto più probabilmente durante l’uccisione del pollo, la fase di spiumamento, macellazione e preparazione del pollame per la cottura. Non ci sono evidenze che carne di pollo o uova cucinate correttamente possano essere fonte di infezione.

Il virus passa facilmente dagli uccelli agli esseri umani?
No. Anche se più di 100 casi umani sono stati registrati nella presente epidemia, si tratta comunque di un piccolo numero al confronto con l’enorme numero di uccelli colpiti e le frequenti possibilità di esposizione per l’uomo, specialmente nelle zone dove la presenza di polli nel cortile vicino casa è molto diffusa. Al momento non si capisce perché alcune persone, e non altre, si siano infettate a causa di questo tipo di esposizione.

Cos’è il rischio pandemico?
Una pandemia può prendere il via quando si verificano tre condizioni: la comparsa di un nuovo sottotipo di virus influenzale; l’infezione di esseri umani, con conseguente malattia acuta; la diffusione rapida e sostenuta tra gli esseri umani. Il virus H5N1 soddisfa ampiamente le prime due condizioni: è un nuovo virus per gli esseri umani (gli H5N1 non hanno mai circolato tra le persone), e ha infettato più di 100 esseri umani, uccidendone la metà. Nel caso in cui dovesse comparire un virus del tipo H5N1 nessuno di noi sarebbe immune.
Tutti i prerequisiti per l’avvio della pandemia sono quindi soddisfatti tranne uno: il fatto che il virus si trasmetta in modo stabile ed efficiente da uomo a uomo. Il rischio che H5N1 acquisisca questa capacità rimarrà fintanto che ci saranno occasioni di infezione per l’uomo. Al tempo stesso, queste occasioni di contagio permarranno finché il virus continua a circolare tra i polli e gli uccelli, e questa situazione potrebbe durare anche per alcuni anni.

Quali cambiamenti devono avvenire perché H5N1 diventi un virus pandemico?
Questo virus può migliorare la propria capacità di trasmissione tra gli esseri umani attraverso due meccanismi principali. Il primo è un evento di “riassortimento”, nel quale c’è uno scambio di materiale genetico tra virus umano e virus aviario quando entrambi stanno infettando una persona o un maiale. Il riassortimento potrebbe risultare in un virus pandemico completamente trasmissibile, annunciato da un improvviso numero di casi con diffusione molto rapida.
Il secondo meccanismo è un processo più graduale di mutazione adattativa, dove la capacità del virus di attaccarsi a cellule umane aumenta nel corso di successive infezioni verso l’uomo. La mutazione adattativa, espressa inizialmente come un piccolo numero di casi umani con qualche evidenza di trasmissione da uomo a uomo, probabilmente concederebbe al mondo un po’ di tempo per mettere a punto le azioni difensive.

Qual è il significato di una limitata trasmissione da uomo a uomo?
Anche di rado, casi di limitata trasmissione da uomo a uomo del virus H5N1 e di altri virus aviari durante le epidemie di pollame si sono verificati e non dovrebbero generare alcun allarme. In nessun caso, il virus si è trasmesso oltre una prima generazione di contatti stretti o ha causato malattia nella comunità estesa. I dati relativi a questi casi suggeriscono come la trasmissione abbia richiesto un contatto molto stretto con la persona malata. Questi casi devono essere attentamente studiati ma, dati che le analisi hanno indicato che la trasmissione da persona a persona è molto limitata, non cambiano la valutazione generale dell’Oms in relazione al rischio pandemico. Ci sono stati un numero di casi di infezione aviaria tra membri di una stessa famiglia. Di solito è impossibile determinare se la trasmissione uomo a uomo si è verificata dato che i membri della stessa famiglia sono sia in contatto tra di loro che esposti alle stesse fonti ambientali e animali di infezione.

Quanto serio è l’attuale rischio pandemico?
Il rischio di una pandemia è serio. Dato che il virus H5N1 è ora stabilmente endemico in ampie regioni asiatiche, il rischio che si verifichino più casi umani c’è. Ogni caso umano in più darà al virus l’opportunità di migliorare la propria capacità di trasmettersi tra gli esseri umani, e quindi di diventare un virus pandemico. La recente diffusione del virus ai polli e agli uccelli selvatici in altri Paesi aumenta la probabilità di casi umani. Anche se non siamo in grado di prevedere né quando ci sarà la prossima pandemia né quanto sarà grave, la probabilità che si verifichi è aumentata.

Ci sono altri motivi di preoccupazione?
Si, molti.
Le anatre domestiche sono ora in grado di diffondere ingenti quantità di virus altamente patogenico senza mostrare alcun sintomo della malattia, e stanno quindi agendo come bacino “silente” del virus, perpetuando la trasmissione ad altri uccelli. Questo fatto aggiunge un ulteriore livello di complessità ai tentativi di controllare il virus ed elimina i segnali di allarme che portano le persone a evitare comportamenti a rischio.
L’iniezione in laboratorio su topi e furetti (utilizzati come modelli di mammiferi) del sottotipo H5N1 attualmente in circolo dimostra che, rispetto al ceppo isolato nel 1997 e all’inizio del 2004, oggi il virus è più letale e sopravvive più a lungo nell’ambiente.
H5N1 sembra aver ampliato la sua capacità di infettare ospiti diversi, arrivando ad attaccare e uccidere specie di mammiferi che precedentemente erano considerati resistenti all’infezione con virus aviari.
Il comportamento del virus nel suo bacino naturale di riserva, le anatre selvatiche, potrebbe essere in fase di cambiamento. La morte di più di 6000 uccelli migratori nella primavera del 2005, in una riserva naturale nella Cina centrale, causata da H5N1 altamente patogenico, è stata inusuale e probabilmente senza precedenti. In passato sono state registrate solo due consistenti morìe di uccelli migratori, provocate da virus altamente patogenici: in Sudafrica nel 1961 (H5N3) e a Hong Kong nell’inverno 2002-03 (H5N1).

Perché la pandemia terrorizza così tanto?
Le pandemie sono eventi gravi, che in teoria possono coinvolgere in breve tempo tutto il mondo. Una volta innescato il contagio, è praticamente impossibile arrestarlo: il virus si diffonde infatti con estrema facilità attraverso contatto diretto, colpi di tosse e starnuti. Ad aumentare il rischio c’è poi la possibilità di trasmissione della malattia da persone infette che, non avendo ancora sviluppato i sintomi dell’influenza, continuano a spostarsi e viaggiare.
La gravità e il tasso di mortalità della malattia sono variabili e, soprattutto, non possono essere stabiliti a priori, prima dello scoppio dell’emergenza. Nella migliore delle ipotesi, in caso di un’influenza leggera, si potrebbero avere da 2 a 7,4 milioni di morti in tutto il mondo (si tratta di una proiezione basata sui dati della pandemia del 1957). Nell’ipotesi di un’infezione grave, invece, i numeri stimati sarebbero molto più alti. L’eccezionale pandemia del 1918, per esempio, ha ucciso circa 40 milioni di persone. Negli Stati Uniti, il tasso di mortalità era intorno al 2,5%.
La pandemia può provocare anche un’ondata di richieste di cure mediche e di ricoveri, che possono, sia pur temporaneamente, sovraccaricare e mandare in tilt i servizi sanitari. Alti livelli di assenteismo dal lavoro possono interrompere anche altri servizi essenziali, come i trasporti, le comunicazioni o il sistema giudiziario e di polizia.
Dal momento che tutta la popolazione è suscettibile all’H5N1 o a un virus simile, il tasso di morbilità potrebbe raggiungere piuttosto velocemente il picco: questo significa che i disagi sociali ed economici a livello locale potrebbero essere solo temporanei. Anche se potrebbero venire amplificati a causa dell’attuale facilità di scambi e commerci. Sulla base della passata esperienza, una seconda ondata epidemica dovrebbe verificarsi nel giro di un anno dall’inizio dell’infezione.
Dal momento che tutti i Paesi possono trovarsi a dover fronteggiare l’emergenza, le occasioni di assistenza e aiuto internazionale (tipiche in caso di disastri naturali) potrebbero essere ridotte al minimo a fronte di una pandemia: i singoli governi saranno infatti costretti a concentrarsi esclusivamente sulla protezione e la cura della propria comunità.

Quali sono i sintomi più preoccupanti del prossimo inizio di una pandemia?

I segnali più preoccupanti sono legati all’insorgenza di cluster di pazienti con i sintomi clinici dell’influenza, molto ravvicinati nel tempo e nello spazio. In questo caso, infatti, molto probabilmente sta prendendo piede la trasmissione diretta dell’infezione da uomo a uomo. E lo stesso può dirsi nel caso in cui vengano riscontrati casi di influenza tra gli operatori sanitari. Eventi simili dovrebbero essere seguiti immediatamente da indagini sul campo, con l’obiettivo di verificare tutti i contagi, identificare l’origine del focolaio e determinare la misura della trasmissione inter-umana del virus.

Studi di laboratorio sul virus, condotti da strutture specializzate di riferimento dell’Oms, possono integrare le indagini sul campo grazie al riconoscimento genetico e alle eventuali mutazioni capaci di rendere più aggressivo il virus. È per questo che l’Oms continua a chiedere ai Paesi colpiti da influenza aviaria di condividere i risultati degli studi sul virus con tutta la comunità scientifica internazionale.

A che punto è lo sviluppo e la produzione di un vaccino?

Un vaccino efficace contro un virus pandemico non è ancora disponibile. Il vaccino viene prodotto ogni anno per la prevenzione dell’influenza di stagione. Questo vaccino, però, non protegge contro un’eventuale pandemia.

Nonostante un vaccino per l’H5N1 sia in via di sviluppo in diversi Paesi, al momento nessun prodotto è pronto per essere messo in commercio. In ogni caso il vaccino non potrà essere disponibile anche dopo alcuni mesi dall’inizio della pandemia.

Sono in corso trial clinici per mettere alla prova l’efficacia di vaccini sperimentali e per determinare se formule differenti possano far risparmiare sulla quantità di antigeni richiesti e quindi incrementare le capacità produttive. Una produzione su larga scala non partirà comunque prima dell’identificazione del nuovo virus e della dichiarazione ufficiale di pandemia da parte dell’Oms. L’attuale capacità di produzione globale è molto lontana dalla domanda richiesta in caso di pandemia.

 

Quali farmaci sono ora disponibili per la cura?

Due farmaci appartenenti alla classe degli inibitori della neuroaminidasi (oseltamivir e zanamivir) possono ridurre la gravità e la durata della “normale” influenza di stagione. La loro efficacia dipende però in modo cruciale dai tempi di somministrazione, entro 48 ore dall’esordio dei sintomi. Per i casi di infezione umana da virus aviario H5N1, questi principi attivi possono aumentare le possibilità di sopravvivenza solo se somministrati molto presto. I dati clinici sono però ancora pochi. Il virus H5N1 dovrebbe essere sensibile agli inibitori della neuroaminidasi.

Una classe più vecchia di antivirali, gli inibitori M2 dell’amantadina e della rimantadina, potrebbe essere utilizzata contro l’influenza pandemica. La resistenza a questi farmaci può però svilupparsi rapidamente, limitando in modo significativo la loro efficacia. Alcuni ceppi di H5N1 attualmente in circolazione sono già completamente resistenti a questi M2 inibitori. Se invece dovesse emergere un nuovo virus a causa di un riassorbimento genico, gli M2 inibitori potrebbero di nuovo tornare utili.

Per gli inibitori della neuroaminidasi, i problemi più importanti riguardano le limitate capacità di produzione e i costi, proibitivi per molti Paesi. Con le attuali capacità produttive, che sono recentemente quadruplicate, ci vogliono dieci anni per produrre una quantità di oseltamivir sufficiente per curare il 20% della popolazione mondiale. Il processo di produzione, oltre a essere infatti molto complesso e dispendioso in termini di tempo, non è trasferibile con facilità in nuove strutture.

Finora non è stato possibile curare con antibiotici la maggior parte delle polmoniti fatali osservate in seguito a infezione da H5N1. Ciononostante, poiché la sindrome influenzale è spesso complicata da infezione batterica secondaria dei polmoni, gli antibiotici sono comunque da considerare come farmaci salvavita. L’Oms raccomanda quindi a tutti i Paesi di assicurarsi preventivamente scorte adeguate di antibiotici.

È possibile prevenire una pandemia?

Nessuno lo sa con certezza. Il modo più sicuro per prevenire una pandemia sarebbe eliminare il virus negli uccelli, ma si tratta di un obiettivo difficilmente raggiungibile nel prossimo futuro. In seguito a una donazione dell’industria farmaceutica, l’Oms ha ora a disposizione una scorta di farmaci antivirali sufficienti per 3 milioni di cicli di cura, a partire dall’inizio del 2006. Recenti studi, basati su modelli matematici e simulazioni, indicano che questi farmaci potrebbero essere utilizzati in via profilattica all’inizio della pandemia. L’obiettivo sarebbe ridurre il rischio che possa emergere un virus facilmente trasmissibile da uomo a uomo o, almeno, ridimensionare la diffusione internazionale, guadagnando così tempo utile per aumentare le scorte di vaccino.

Il successo di questa strategia, che non è mai stata testata, dipende però da diverse ipotesi sul comportamento iniziale di un virus pandemico, che in realtà non può essere totalmente previsto in anticipo. Un successo che dipende anche dall’eccellenza della sorveglianza e dalle capacità logistiche delle aree colpite, combinate con una capacità di rafforzare le misure di restrizione degli spostamenti e di quarantena. La sorveglianza deve quindi essere incrementata, soprattutto per quanto riguarda la capacità di rilevamento di cluster o di casi di influenza molto ravvicinati nel tempo e nello spazio.

 

Quali sono le azioni strategiche raccomandate dall’Oms?

Nell’agosto del 2005 l’Oms ha inviato a tutti i Paesi un documento che mette in evidenza quali sono i provvedimenti strategici da adottare per rispondere alla minaccia di una pandemia da virus aviario. Si tratta di azioni mirate a rafforzare le capacità di risposta nazionali, ridurre le occasioni nelle quali un virus pandemico possa emergere, migliorare il sistema di sorveglianza e accelerare lo sviluppo di un vaccino.

 

Al momento il mondo è adeguatamente preparato?
No. Nonostante i continui avvertimenti che si ripetono da quasi due anni, il mondo è poco preparato ad affrontare una pandemia. L’Oms ha sollecitato tutti i Paesi a predisporre con la massima urgenza un piano di preparazione, ma solo circa 40 Stati lo hanno già fatto. L’Oms ha anche sollecitato l’approvvigionamento di farmaci antivirali, da usare all’inizio della pandemia. Circa 30 Paesi ne stanno comprando grandi quantità, ma la filiera produttiva non può soddisfare questi ordini in modo immediato e nel breve periodo. Al momento, la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo non potrà avere accesso ai vaccini, né ai farmaci antivirali, per tutta la durata di un’eventuale pandemia.


[1] Pubblicato in inglese dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2005 con il titolo "Avian influenza frequently asked questions". EpiCentro, editore di questa versione in lingua italiana, è responsabile dell'accuratezza della traduzione. Copyright EpiCentro (2005)
Issued in English by the World Health Organization in 2005 under the title "Avian influenza frequently asked questions". EpiCentro, publisher of this Italian version, is responsible for the accuracy of the translation. Copyright World Health Organization (2005)

[2] I virus dell’influenza sono raggruppati in tre gruppi, definiti A, B e C. I gruppi A e B sono quelli preoccupanti per la salute umana. Solo i virus di tipo A possono causare pandemie.

[3] I sottotipi H sono epidemiologicamente i più importanti, perché controllano la capacità del virus di attaccare le cellule, dove il virus si moltiplica. I sottotipi N controllano il rilascio dei virus neo-formati dalle cellule.