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Istituto Superiore di Sanità
EpiCentro - L'epidemiologia per la sanità pubblica
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Notiziario - 22 febbraio 2007

Ungheria: due focolai di A/H5N1 in una fattoria di oche
Il 21 gennaio 2007 le autorità veterinarie ungheresi hanno segnalato l’incremento della mortalità di oche in una fattoria vicino al villaggio di Lapistó (contea Csongrád, Ungheria meridionale). L’allevamento era costituito da 3.355 volatili. Due uccelli sono morti il 19 gennaio, otto il 20 e diciotto il 21 gennaio. Durante l’indagine dell’epidemia, effettuata il 21 gennaio, sono stati identificati più di 30 volatili con sintomi neurologici. La mattina del 22 gennaio, sono stati registrati 29 decessi e altri 33 il giorno successivo. Per circoscrivere il focolaio epidemico sono state intraprese le seguenti misure:
  • il 22 gennaio, cinque oche morte sono state inviate al laboratorio nazionale di riferimento per ulteriori analisi
  • il 23 gennaio, tutti i 3.265 uccelli della fattoria sono stati abbattuti (90 sono morti per l’epidemia) e la fattoria è stata sottoposta a disinfezione
  • attorno alla fattoria è stata creata una zona di protezione per un raggio di 3 chilometri e una di sorveglianza di 10 chilometri. Nell’arco di un chilometro non esistono villaggi. All’interno dell’area di 3 chilometri sono presenti 57 famiglie con pollame da cortile (1.743 volatili), mentre all’interno della zona di sorveglianza di 10 chilometri sono presenti 1.253 nuclei familiari con allevamenti domestici (29.590 uccelli) e 8 grandi fattorie con attorno 47.000 volatili
  • sono stati esaminati tutti gli uccelli domestici all’interno delle due zone
  • la Commissione europea è stata informata del focolaio sospetto di influenza aviaria.
Il 24 gennaio, il laboratorio nazionale di riferimento ha annunciato che i campioni raccolti dalle oche morte alla fattoria di Lapistó erano risultati positivi per la ricerca del virus A/H5N1 ad alta patogenicità. Il risultato è stato poi confermato anche dal laboratorio di riferimento dell’Unione europea (Weybridge, Regno Unito). Il 23 e 24 gennaio, le autorità regionali di salute pubblica hanno preso in considerazione il possibile rischio legato all’esposizione di coloro che lavorano nel settore del pollame. Infatti, un soggetto entrato in stretto contatto con gli uccelli senza indossare la tuta protettiva è stato sottoposto a chemioprofilassi secondaria, con il suo consenso. Dopo l’isolamento del virus, altre 11 persone coinvolte nell’abbattimento dei volatili sono state sottoposte a sorveglianza attiva, non potendo escludere l’esposizione al virus in quanto, nonostante fosse stato loro fornito tutto l’equipaggiamento protettivo (tute Tyvec con copricapo, stivali di gomma, guanti da lavoro di gomma pesante, e un dispositivo per la respirazione munito di filtro Ffp3), non hanno rispettato tutte le raccomandazioni igienico sanitarie. Non sono stati comunque riportati casi di malattia in persone potenzialmente esposte.
Il 25 gennaio, le autorità veterinarie hanno riferito un altro possibile focolaio epidemico in una fattoria di oche a Derekegyháza, a 9 km di distanza dal luogo in cui si è verificato il primo focolaio. L’allevamento era composto da 6.000 oche di quattro settimane e 3.386 di otto settimane. Il 23 gennaio, 6 oche sono morte, il giorno seguente 24, il 25 gennaio sono morte 21 oche, e 289 il 26 gennaio. Il 27 gennaio il numero di oche morte complessivamente per il focolaio epidemico era di 2.596, mentre le restanti 6.790 sono state abbattute. Inoltre, per controllare il focolaio, sono stati uccisi altri 367 volatili trovati in quattro nuclei familiari che risiedevano in un’area situata ad 1 chilometro di distanza dal focolaio epidemico. Il 30 gennaio il laboratorio nazionale ungherese di riferimento ha confermato che il focolaio della fattoria di Derekegyháza è stato provocato dal virus A/H5N1 ad alta patogenicità. Come conseguenza dello scoppio del secondo focolaio, la zona a rischio è stata modificata in modo da includere due aree di 3 e 10 chilometri attorno ai due focolai epidemici. In questa stessa zona dal 29 gennaio sono state fatte analisi cliniche sul pollame ed effettuati test di laboratorio sui campioni. In un campione prelevato è stata accertata la presenza di anticorpi diretti contro il virus A/H5N1. Anche se nessuna delle 4.500 oche della fattoria in cui è stato identificato questo campione ha mostrato sintomi, il 7 febbraio è stato abbattuto l’intero allevamento. Tre persone che lavoravano con il pollame e che erano impiegate alla fattoria di Derekegyháza sono state sottoposte a terapia chemioprofilattica, con il loro consenso. Mentre, alle 21 persone chiamate come supporto durante la fase di abbattimento degli uccelli, non è stata offerta la terapia chemioprofilattica visto che avevano usato correttamente l’equipaggiamento di protezione e quindi la probabilità di infezione era da escludersi. Sono comunque stati monitorati e fino a oggi non è stato segnalato alcun caso di malattia. Ci sarà inoltre un follow-up sierologico di tutti coloro che potrebbero essersi esposti al virus in questi due focolai.


Focolai in Ungheria e Regno Unito: quali implicazioni per la salute pubblica?
I recenti focolai epidemici di influenza aviaria, provocati dal virus A/H5N1 ad alta patogenicità, verificatisi prima in Ungheria e poi nel Regno Unito, hanno causato molta preoccupazione nel campo dell’industria agricola e destato interesse tra i media. I campioni di A/H5N1 prelevati dagli uccelli infettati in Ungheria e nel Regno Unito sono stati inviati al laboratorio di riferimento della Comunità europea per effettuare test di sequenziamento genetico: la similitudine del genoma dei due virus identificati nei due Paesi è risultata pari al 99,96% L’eventuale collegamento tra i due focolai è al momento oggetto di studio da parte delle autorità veterinaria inglesi, ungheresi ed europee. L’obiettivo è determinare se, come e in quale direzione si sia verificato un passaggio del virus.
Leggi l’articolo di Eurosurveillance (in italiano).

Oms, risultati promettenti e qualche criticità sui vaccini per l’aviaria
Il 15 e il 16 febbraio 2007 si è svolto a Ginevra, all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il meeting sui progressi nello sviluppo del vaccino per l’influenza pandemica. Sedici produttori in dieci Paesi diversi stanno sviluppando prototipi di vaccino contro il virus A/H5N1 dell’influenza aviaria. Cinque di questi stanno sviluppando vaccini per proteggere la popolazione contro altri virus aviari (H9N2, H5N2 e H5N3). Al momento attuale sono stati completati, o sono ancora in corso, più di 40 trial clinici. La maggior parte coinvolgono adulti sani. Alcune aziende, dopo aver completato gli studi di biosicurezza negli adulti, hanno iniziato trial clinici in anziani e bambini. Tutti i vaccini si sono dimostrati sicuri e ben tollerati in ogni tipologia di persone sottoposte ai test. Per la prima volta, i risultati presentati al meeting hanno dimostrato in maniera convincente che la vaccinazione con i nuovi vaccini contro l’influenza aviaria può stimolare una risposta immunitaria potenzialmente efficace contro i virus A/H5N1 identificati in diverse aree geografiche. Alcuni dei vaccini hanno mostrato efficacia anche a basse dosi di antigene, il che implica che possono essere disponibili molte più dosi di vaccino in caso di pandemia. L’incontro di Ginevra è stato il terzo meeting in soli due anni, e gli obiettivi erano esaminare i progressi nello sviluppo di possibili vaccini diretti contro i virus dell’influenza pandemica e di arrivare a un consenso sulle attività future prioritarie. Più di 100 specialisti di vaccini antinfluenzali (del mondo dell’università, delle istituzioni nazionali e regionali di sanità pubblica, dell’industria farmaceutica e dagli enti regolatori di tutto il modo) hanno partecipato al meeting organizzato dall’Iniziativa dell'Oms per la ricerca sui vaccini e dal Programma globale dell’Oms sull’influenza. Sono state presentate e discusse relazioni su più di 20 progetti. La maggior parte dei produttori stanno utilizzando ceppi vaccinali di riferimento, sulla base dei virus A/H5N1 forniti dai Centri collaboratori dell’Oms. Malgrado i progressi incoraggianti evidenziati al meeting, l’Oms ha sottolineato la carenza della capacità produttiva da parte dell’industria nel rispondere alla domanda di vaccino in caso di influenza pandemica globale: la capacità attuale stimata è infatti inferiore a 400 milioni di dosi all’anno per il vaccino trivalente contro l’influenza stagionale. Per far fronte a questa sfida, l’Oms ha lanciato nel 2006 il Piano d’azione globale per l’influenza pandemica per aumentare le forniture di vaccino: uno sforzo da 10 miliardi di dollari per i prossimi dieci anni. Uno degli obiettivi è permettere ai Paesi in via di sviluppo di avere strutture autonome per produrre vaccini antinfluenzali, attraverso il trasferimento di tecnologie e fornendo loro i mezzi più affidabili e sostenibili per rispondere alla minaccia di influenza pandemica. L’Oms sta lavorando attualmente con diversi produttori di vaccino, principalmente in Paesi in via di sviluppo colpiti dal virus A/H5N1, per facilitare l’istituzione di un sistema di produzione del vaccino antinfluenzale autonomo, interno a ogni Paese.

 

Fao: in Nigeria rafforzare le misure di vigilanza

La Fao esorta la Nigeria a rafforzare le misure di controllo negli allevamenti e nei mercati avicoli, per evitare la diffusione dell’influenza aviaria e ridurre il rischio di ulteriori casi umani. L’agenzia delle Nazioni Unite ha reso noto che nel Paese africano il virus è tuttora in circolazione tra il pollame, e negli ultimi mesi focolai sono stati riscontrati in almeno 10 Stati. Il virus si è diffuso con tutta probabilità lungo le principali rotte commerciali interne della Nigeria. Questo mette a rischio i Paesi vicini, per via dei trasporti non controllati di volatili oltreconfine. Una maggiore vigilanza potrebbe garantire l’individuazione immediata della malattia. “Il primo caso confermato di contagio umano in Nigeria dimostra che c’è un pericolo persistente di esposizione dell’uomo al virus a causa di pratiche ad alto rischio, come il contatto con pollame malato o morto, e soprattutto la macellazione del pollame in casa o nei mercati, in condizioni comunque non sicure”, ha dichiarato Joseph Domenech, dirigente veterinario della Fao. Casi di contagio umano si sono verificati in tutti i Paesi con un’incidenza simile della malattia nel pollame. “Il primo caso umano non risulta quindi inatteso e non significa necessariamente che vi sia un rischio maggiore per gli esseri umani. Tuttavia evidenzia la necessità di rafforzare i controlli per l’A/H5N1 nel pollame”, ha aggiunto Domenech.
Il pollame giunge nei mercati di Lagos da tutto il Paese, compresi gli stati dove si sono verificati focolai di A/H5N1. Lagos, con i suoi circa nove milioni di abitanti, è la città più grande della Nigeria. Non stupisce quindi che chi acquista pollame nei mercati e lo macella in casa possa essere esposto al contagio. Persino quando la macellazione avviene nei mercati, le condizioni igieniche sono molto scarse.
La Fao sostiene il governo nigeriano affinché si incrementi la ricerca attiva della malattia, così da comprenderne meglio la diffusione e l’incidenza e individuare le zone ad alto rischio. Capire come avviene la propagazione del virus è fondamentale per mettere in atto piani di controllo efficaci. L’agenzia ha anche sottolineato la necessità di ridurre il rischio di contagio umano introducendo misure di controllo nei mercati, come ispezioni veterinarie, maggiore igiene e un’opera di dissuasione volta a scoraggiare la macellazione in casa, fenomeno molto comune in Nigeria come in molti altri Paesi africani. Il consumo di pollame non presenta rischi se questo non proviene da zone in cui si sono verificati focolai e se è cotto in modo appropriato. Per la macellazione o la preparazione si dovrebbero adottare misure igieniche di base, come lavare le mani, i coltelli e le superfici utilizzate.
Per evitare che il virus si introduca nei pollai, gli allevatori dovrebbero mettere in atto procedure rigorose, come la disinfezione di tutto il materiale e delle attrezzature. Bisognerebbe anche evitare il contatto tra i volatili domestici e quelli selvatici. Il pollame destinato all’allevamento dovrebbe sempre provenire da aree certificate immuni. La Nigeria viene esortata a prendere in seria considerazione la vaccinazione mirata del pollame, laddove lo si ritenga opportuno, utilizzando vaccini di qualità e adottando rigorose procedure di monitoraggio. Un maggiore controllo della malattia in Nigeria richiede una stretta cooperazione tra i servizi veterinari pubblici e le imprese private. La Fao sta rafforzando l’assistenza tecnica al Paese mediante l’invio di esperti, materiale e attrezzature per aiutare a tenere il virus sotto controllo, un compito che non sarà facile. L’agenzia ha inoltre avviato un programma, finanziato dall’Unione europea, per la sorveglianza attiva sul virus. Nel 2005 la produzione nigeriana di pollame vivo è stata di circa 150 milioni di unità. Il 60% viene tenuto in allevamenti da cortile. Il settore commerciale rappresenta il 25% della produzione e quello semi-commerciale il 15%. A causa del virus A/H5N1, sono morti circa 300.000 volatili domestici, e altri 400.000 sono stati soppressi nell’ambito delle misure di controllo. Tra le specie colpite ci sono polli, struzzi, anatre, piccioni, tacchini e oche.

 

(revisione a cura di Caterina Rizzo, reparto Malattie infettive – Cnesps, Iss)