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Notiziario - 8 giugno 2006

Ue: ecco i risultati della sorveglianza fra gli uccelli selvatici

La Commissione europea e il laboratorio di riferimento per l’influenza aviaria di Weybridge hanno pubblicato i risultati della sorveglianza per l’influenza aviaria condotta fra gli uccelli selvatici all’interno dell’Ue negli ultimi 10 mesi.

I numerosi dati epidemiologici sono stati presentati alla conferenza internazionale sull’influenza aviaria e gli uccelli selvatici organizzata a Roma dalla Fao/Oie. Nonostante i grafici relativi al periodo febbraio-marzo 2006 debbano ancora essere ultimati, si stima che in quel periodo siano stati circa 60 mila gli uccelli selvatici testati per l’influenza aviaria nell’Ue.

Dato che tra luglio 2005 e gennaio 2006 ne sono stati testati 39 mila, sono in totale 100 mila le analisi condotte negli ultimi 10 mesi in uccelli selvatici per determinare la presenza del virus H5N1.

Dal febbraio 2006, più di 700 uccelli selvatici sono risultati infettati dal ceppo “asiatico” del virus H5N1 dell’influenza aviaria in 13 Stati membri. Tuttavia, durante le ultime settimane si è osservato un andamento in calo in tutta Europa.

Secondo Markos Kyprianou, commissario per la salute e la tutela dei consumatori, «l’intensa sorveglianza per la presenza dell’influenza aviaria fra gli uccelli selvatici e il pollame è stata uno degli elementi chiave usati dall’Ue per contrastare la diffusione del virus negli ultimi mesi. Si tratta di una componente fondamentale per ridurre al minimo l’introduzione e la diffusione della malattia, che costituisce una seria minaccia sia per gli animali sia per la salute pubblica. La Commissione e gli Stati membri continuano a lavorare per rafforzare le misure preventive già in atto contro l’influenza aviaria. Non dobbiamo abbassare la guardia, perché questa malattia rimane una minaccia per l’Europa e il resto del mondo anche per i mesi a venire».

Tra il febbraio 2006 e il 21 maggio 2006, sono stati diagnosticati 741 casi di influenza aviaria ad alta patogenicità fra gli uccelli selvatici (la maggior parte dei quali confermati come casi da H5N1) in 13 Stati membri: Grecia, Italia, Slovenia, Ungheria, Austria, Germania, Francia, Slovacchia, Svezia, Polonia, Danimarca, Repubblica Ceca e Regno Unito.

All’interno dell’Ue ci sono state soltanto 4 epidemie di influenza aviaria fra il pollame, tutte eradicate immediatamente una volta individuate. Nessun caso di infezione umana da parte del virus H5N1 è stato diagnosticato nell’Ue.

Il numero di casi di influenza aviaria ad alta patogenicità fra gli uccelli selvatici varia notevolmente, da 326 in Germania a 1 soltanto nel Regno Unito. In termini di numero di casi, il picco fra gli uccelli selvatici è stato raggiunto a marzo con 362 casi (contro i 200 di febbraio), con un andamento in calo nei mesi successivi: 162 ad aprile e 17 fino al 21 maggio.

Gli uccelli selvatici più colpiti sono risultati i cigni (62,8% del totale), seguiti dalle anatre (16,3%), le oche (4,5%), i rapaci (3,9%) e altri (13%).

Seguendo la principale diffusione geografica del virus H5N1 dal Sudest asiatico nel 2005, l’Ue ha intensificato i propri programmi di sorveglianza e individuazione precoce dell’influenza aviaria, sia fra gli uccelli selvatici sia fra il pollame.

La Commissione ha messo a disposizione circa 2,9 milioni di euro per co-finanziare i programmi di sorveglianza degli Stati membri per il periodo dal luglio 2005 al dicembre 2006

Inoltre, il Comitato permanente per la catena alimentare e la salute animale ha preparat le linee guida sulla sorveglianza intensificata per l’influenza aviaria fra gli uccelli selvatici. La sorveglianza più intensa ha consentito alla Commissione e agli Stati membri di avere una visione più chiara della situazione nell’Ue e di individuare e rispondere tempestivamente alle emergenze.

 

La valutazione del rischio pandemia secondo l’Ecdc

In una nuova stima dei rischi pubblicata dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), si sottolinea la necessità che i governi aumentino il livello di allerta sulla possibilità di un’influenza pandemica. Anche se nella valutazione si afferma che l’aviaria nella sua forma attuale rappresenta solo un piccolo rischio per l’uomo, si esprime comunque preoccupazione per la diffusione dell’H5N1 tra i volatili in Asia e Africa. Gli sviluppi dei mesi recenti mostrano che un numero sempre maggiore di uomini sono stati esposti alla malattia, incrementando le possibilità per il virus di adattarsi o cambiare in un virus pandemico. Zsuzsanna Jakab, direttore dell’Ecdc, dice: «La diffusione dell’H5N1 in Africa e Asia sottolinea che un numero sempre maggiore di uomini sono attualmente esposti al virus. Non sappiamo di sicuro, ma stiamo verificando, se l’influenza aviaria sta cambiando in un virus pandemico umano. Tutto ciò sottolinea il bisogno che l’Europa si muova in tempo contro il rischio di una pandemia».
In maggio l’Ecdc, la Commissione europea e l’Oms Europa hanno organizzato un incontro con funzionari sanitari di tutta l’Europa per discutere su come prepararsi a questo possibile rischio.
La valutazione dell’Ecdc rileva che, a causa dell’occasionale manifestarsi dell’H5N1 tra gli uccelli selvatici, gli europei devono adattarsi al fatto che questo virus costituisca una zoonosi presente nel nostro continente. Comunque, al momento solo un’elevata esposizione al virus provoca l’infezione.
Coloro che vivono a stretto contatto con il pollame, devono essere informati sui rischi dell’H5N1 e su come proteggersi. Devono, inoltre, essere prese precauzioni per le persone che lavorano direttamente con il pollame, come i veterinari e gli allevatori. In Europa, il livello di rischio per l’influenza aviaria nella sua forma attuale è più basso che per altri tipi di infezioni che possono passare dagli animali all’uomo (per esempio la salmonella, il campylobacter e il ceppo zoonotico di Escherichia coli). Attualmente, nell’Unione europea, non sono stati registrati casi di H5N1 nell’uomo mentre ogni anno si riportano migliaia di casi di infezione da zoonosi.
La maggiore causa di preoccupazione riguardo l’influenza aviaria H5N1 è il potenziale cambiamento o adattamento del virus in un virus pandemico in grado di infettare gli uomini. Non c’è modo di sapere se e quando ciò avverrà. L’aumento dell’esposizione umana all’H5N1, che risulta dalla sua diffusione attraverso l’Africa e l’Asia, incrementa le possibilità che il virus muti.
Cresce l’importanza di prepararsi al rischio pandemia. Anche se questa eventualità non si verificasse, premunirsi è comunque utile per altri tipi di pandemie. Nel ventesimo secolo ci sono state tre influenze pandemiche: nel 1918-1920, nel 1957 e nel 1968. È possibile che ne scoppi un’altra nei prossimi anni.

Negative le infermiere coinvolte nel cluster in Indonesia

Negli ultimi quattro giorni le autorità sanitarie indonesiane e l’Oms hanno monitorato i casi di sindromi simil-influenzali in quattro infermiere che avevano curato i pazienti con infezione da H5N1 confermata. I test hanno confermato che nessuna di loro è stata infettato dal virus dell’influenza aviaria.

Due delle infermiere si sono prese cura di due fratelli, una bambina di 10 anni e suo fratello, di 18 anni, che erano stati ricoverati il 22 maggio a Bandung, nella parte occidentale di Giava, e che sono morti il giorno seguente. I test per la presenza di H5N1 sono risultati negativi per entrambe le infermiere. In un caso è stata rilevata un’infezione da parte del virus dell’influenza stagionale, di tipo A (H1N1), che attualmente sta circolando nel Paese asiatico. L’altra infermiera aveva invece mostrato soltanto sintomi lievi e transitori, ma è stata sottoposta ugualmente alle analisi in via precauzionale. Anche in questo caso, i risultati sono stati negativi per la presenza di H5N1.

Le altre due infermiere, che lavorano all’ospedale di Medan, a nord di Sumatra, hanno invece assistito i casi confermati di H5N1 fra i membri di una numerosa famiglia del villaggio di Kubu Simbelang, nel distretto di Karo. Una delle infermiere, di 34 anni, ha mostrato soltanto dei sintomi lievi ed è successivamente risultata negativa per la presenza di H5N1. l’altra infermiera, di 42 anni, ha sviluppato una sindrome simil-influenzale il 1 giugno. I test pervenuti sono comunque negativi per l’infezione da H5N1.

La velocità e l’accuratezza con cui sono state valutate le sindromi simil-influenzali in queste infermiere sono indicative di quanto le autorità sanitarie indonesiane siano in allerta. La negatività dei test in tutti e quattro i casi fornisce comunque forti evidenze di come, al momento, il virus non si stia diffondendo velocemente, né stabilmente nell’uomo.